di Fabrizio Poggi
Non che qualcuno ne dubitasse, o avvertisse il bisogno di conferme, della posizione che avrebbero assunto i liberal-democristiani del PD sul tentativo di golpe in Venezuela. L'esperienza, a proposito delle loro sortite “democratiche”, è stata sempre, interamente, a senso unico: Iraq, Libia, Siria, Ucraina, per non andare tanto indietro nel tempo – tipo, ex Jugoslavia.
Ma loro vogliono ugualmente farsi notare per quei “democratici” che sono. E allora ecco che citano nomi, cognomi e indirizzi di arcangeli e giardini dell'eden liberale d'Europa e d'America, schierati “a difesa della democrazia” e di “libere elezioni” e ammoniscono, chi ancora tarda ad adeguarsi, che “le Cancellerie dei grandi Paesi europei si muovono, all’unisono”: Madrid, Parigi, Berlino, marciano a braccetto nella nuova santa alleanza europeista per “l'ultimatum a Nicolas Maduro”. Il quale, come “capo del regime di Caracas”, non esita a lanciare “l'ennesima provocazione” e “apre a nuove elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento”: una provocazione così sciagurata che presuppone addirittura “il voto popolare”, invece di assecondare i voleri di Washington, Bruxelles o del “gruppo di Lima”. E, sfida nella sfida, lo annuncia nientepopodimeno che “in un'intervista a Sputnik”, come se l'intero “mondo libero” non sapesse quale veicolo di propaganda dittatoriale sia l'emittente “al soldo del Cremlino”!
Così che a loro, fedeli osservanti del “volere popolare”, non resta che additare al pubblico ludibrio i mefistofili orientali o mediorientali dal piede caprino, che “assoggettano” i popoli della selvaggia eurasia e danzano sabba maligni attorno al “dittatore Maduro”. La qual cosa, a loro dire, dovrebbe avallare la stretta osservanza ai “principi della democrazia” da parte delle “Cancellerie dei grandi Paesi” che lanciano “ultimatum”, di contro all'infernale ghigno “dittatoriale” di quelli che invece si ostinano a sostenere quel “capo del regime” chavista.
Tra gli uni e gli altri, in mezzo, ovviamente, il “popolo”: oppresso, affamato - “il regime di Nicolas Maduro, che ha affamato un intero popolo e abbattuto qualsiasi standard democratico in Venezuela”, si disperano le prefiche del PD - ridotto in schiavitù dai satanassi che requisiscono, statalizzano, collettivizzano tutti i beni del paese; un “popolo” chiamato alla riscossa della “democrazia”, della “libertà del mercato”, delle “libere elezioni” dagli arcangeli dei parlamenti “liberamente eletti”. E, naturalmente: il terrore, le repressioni, la “crisi” - mai satanica parola, adattabile a qualunque situazione, fu evocata con maggior tremore di labbra - gli assassinii degli “innocui” manifestanti: tutta opera della terribile polizia del “regime”; mentre le “pacifiche” guarimbas, in cui il “popolo” dà amorevolmente fuoco ai sostenitori del demone baffuto, o impicca misericordiosamente agli alberi gli adepti della “dittatura”, non sono altro che atti di scongiuro contro il satanico socialismo. Un socialismo che, nel caso concreto, è costretto a cercare fragili equilibri tra dittatura del proletariato e dittatura della borghesia, con misure che appena in parte prevedono pianificazioni, nazionalizzazioni, monopolio di commercio estero, e che perciò è costantemente alla mercé di pericolosi putsch fascisti.
Ma loro, i democorifei della borghesia mondiale, invocano il “popolo”: il “popolo”, dicono costoro, dato che per loro le classi e la lotta di classe vanno inibite con l'acquasanta, mentre esorcizzano il famigerato “populismo” degli altri. Il “popolo” vuole la “libertà”, lamentano; e allora ecco che il “democratico” PD urla al demone baffuto: “Vattene”, così come cristo ingiungeva a Pietro di starsene al suo posto con quel “vade retro me Satana”, che oggi dovrebbe significare: “vai coi tuoi amici demoni: Putin, Assad, Xi”, perché “le cose che offri sono cattive, bevi tu stesso i veleni” e lascia che il “popolo” si disseti alle limpide acque della “democrazia”.
Ovviamente, è fatica sprecata tentare una qualsiasi argomentazione coi “democratici” del PD. Non è certo ai socialfascisti di oggi che vanno queste considerazioni. Ancora una volta, di fronte a così tante invocazioni di “democrazia” per il “popolo”; di nuovo, di fronte a così perduranti spergiuri contro l'odiosa “dittatura” sul “popolo”, tocca ricordare, così, di sfuggita: democrazia per chi? dittatura per chi? democrazia per quale classe? dittatura su quale classe? dittatura – se davvero vuolsi definire “dittatura” un governo eletto con quasi il 70% dei consensi, costretto a fare i conti con “pizzi e merletti” di una “democrazia” disegnata a nord dei Caraibi – dittatura contro chi e cosa e per difendere le conquiste sociali realizzate a favore di quale classe? e qual è la classe che tenta con ogni mezzo di strappare alle masse quelle conquiste e intascarsi i proventi di tutte le più ricche risorse (primo posto mondiale per riserve petrolifere) del paese?
Anche ad alcuni spiriti “puri” di certa “sinistra”, che gridano di “democrazia in generale”, “democrazia pura” o “dittatura”, senza nessun'altra specificazione, tocca ricordare l'abc del leninismo: “La democrazia è una delle forme dello stato borghese, difesa da tutti i traditori dell'autentico socialismo”; “la democrazia è anch'essa una forma di stato”, “è anch'essa il dominio di “una parte della popolazione sull'altra”, è anch'essa uno stato”. Tocca ricordare che in “nessun paese capitalistico esiste la “democrazia in generale”, ma esiste soltanto la democrazia borghese”; tocca rammentare, con Lenin, quanto già espresso da Marx e Engels, per cui “la repubblica borghese più democratica non è altro che una macchina per la repressione della classe operaia da parte della borghesia, della massa dei lavoratori da parte di una manciata di capitalisti”. Tocca ricordare, infine, a quanti pensano di destreggiarsi o intavolare mediazioni tra “interventi stranieri” e un “regime dittatoriale”, che la “lotta contro l'imperialismo, se non è strettamente collegata alla lotta contro l'opportunismo, è una frase vuota o un inganno”.
Per quanto riguarda i reazionari del PD, invece, pare il caso di ricordare come, all'inizio degli anni '30, venissero definiti “socialfascisti” i partiti socialisti che pensavano di operare a favore dei lavoratori, ma la cui politica, ne fossero più o meno consapevoli, favoriva gli interessi della borghesia e del fascismo in ascesa. Sarebbe un “onore”, oggi, qualificare con un termine simile i vertici del PD: quei lontani socialisti erano forse convinti, bene o male, di stare davvero dalla parte dei lavoratori e, in ogni caso, godevano ancora dell'appoggio di settori operai. I liberal-democristiani di oggi operano scientemente, consapevolmente, conseguentemente, nell'interesse di finanza e capitale e direttamente, intenzionalmente, rigorosamente contro gli interessi dei lavoratori, all'interno; deliberatamente e scrupolosamente a favore dell'imperialismo, all'esterno.
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