Di Maio a Kiev completa la giravolta fondamental-atlantista

“Immaginate se l’Ucraina diventasse membro della NATO. I missili saranno posizionati da qualche parte vicino a Kharkov - il tempo di volo sarà già di 7-10 minuti (ora ci vogliono 15 minuti affinché i missili dalla Polonia giungano a Mosca - ndr). Questa è una linea rossa per noi o no? Prendete quello che sarebbe inaccettabile per gli Stati Uniti: il dispiegamento di missili a Cuba. Tempo di volo: 15 minuti. E per ridurre il tempo di volo a 7-10 minuti, sarebbe necessario posizionare i missili al confine meridionale del Canada o al confine settentrionale del Messico. Questa è una linea rossa per gli Stati Uniti? Come dobbiamo reagire a ciò che viene proposto e discusso”.

Con rara precisione, nella sua ultima intervista, il presidente della Federazione russa Vladimir Putin ha chiarito che cosa accadrebbe in caso ingresso dell’Ucraina nella Nato. Che sia una “zona rossa” dagli scenari potenzialmente apocalittici è noto a Washington e nelle cancellerie europee. Desta quindi scalpore per tutti gli amanti della pace la dichiarazione rilasciata oggi dal ministro degli esteri italiano Luigi Di Maio in visita ufficiale a Kiev sul futuro rapporto dell’Ucraina non solo con l’Unione Europea ma anche, appunto, con la Nato.

Le conseguenze sono state chiarite da Putin. E allora: per quale motivo l’Italia deve unirsi alla crociata contro la Russia? Senza una direzione sovrana, la politica estera italiana è un continuo oscillare nelle mani dei vari guerrafondai che siedono a Washington e Bruxelles. Una scelta davvero scellerata che va contro gli interessi del popolo italiano. Il fatto che la NATO si stia spingendo a ridosso della Russia - rompendo tutti i patti siglati con Mosca al momento dell’implosione dell’Unione Sovietica e del blocco socialista nell’Europa orientale – è il principale pericolo oggi per la pace internazionale. Per tali motivazioni l’espansione ad Est dell’alleanza atlantica trova oppositori, insospettabili, anche negli Stati Uniti stessi. George Kennan, il grande teorico della dottrina del contenimento, scriveva già nel 1997, dopo l’allargamento proposto da Bill Clinton, che «espandere la Nato è il più grave errore della politica estera americana dell’era post-Guerra fredda».

Ma l’Italia attuale riesce ad essere più realista del Re.

Per ironia della sorte poi la presa di posizione di Di Maio arriva nel giorno in cui l’Ucraina viene clamorosamente sconfessata dalla FIFA riguardo allo slogan nazista sulle divise della nazionale di calcio. L’ente che governa il calcio internazionale ha infatti obbligato la squadra nazionale ucraina a rimuoverlo. Le uniformi di gioco mostrano anche un'immagine sfocata che delinea i confini dell'Ucraina, con l’inclusione dei territori del Donbass e la Crimea russa. "Questo specifico slogan all'interno della maglia deve quindi essere rimosso per l'uso nelle partite delle competizioni UEFA, in conformità con l'articolo 5 del Regolamento attrezzature UEFA”, si legge nel comunicato.

Il regime di Kiev applica ormai politiche comparabili ai peggiori regimi fascisti, come l’aberrante legge sulle nazionalità indigena dell’Ucraina, la glorificazione dei Quisling nazionali senza dimenticare di citare i crimini del battaglione nazista Azov in Donbass. Tra i responsabili principali di tutte queste derive che ricordano passati drammatici della storia europea vi è il ministro degli interni Arsen Avakov con cui Di Maio, invece di pretendere risposte sulla morte del giornalista Rocchelli come richiesto dalla famiglia, ha incredibilmente siglato un accordo di collaborazione tra polizie. Nella vana attesa di commenti indignati di “antifascisti” solo laddove il fascismo non esiste per davvero, vi riportiamo quanto scriveva Sara Reginella su l’AntiDiplomatico presentando il personaggio a margine di un incontro avuto in Italia con Lamorgese.

“Arsen Avakov, l’uomo ricevuto dalla Ministra italiana, prima di essere eletto Ministro degli Interni fu alleato dell’ex Primo Ministro Yuliya Timoshenko che ricordiamo, tra l’altro, per la rivoluzione arancione, artatamente costruita a tavolino secondo il copione delle rivoluzioni colorate: un mix di tecniche mediatiche di propaganda, finanziamenti a gruppi di opposizione e ingerenze straniere volte a rovesciare i governi non in linea con i diktat dei poteri occidentali. Nel 2012, ritroviamo il futuro Ministro Avakov nella Casa Circondariale di Frosinone, a seguito di un mandato internazionale emesso dalle autorità ucraine per abuso di ufficio e appropriazione indebita di terreni.

Nello stesso anno, lo stesso rientrerà in Ucraina grazie all’immunità ottenuta attraverso l’elezione in Parlamento. Con il golpe e la presidenza Turcinov, Avakov verrà nominato Ministro degli Interni: con questa carica, a ottobre 2014 autorizzerà, legittimandole, unità paramilitari come l’Azov ad affiancare l’esercito della Guardia Nazionale Ucraina sulla linea del fronte, durante gli scontri armati contro le milizie delle Repubbliche Popolari del Donbass. Crea sgomento la foto in cui Avakov, Ministro di uno stato che aspira all’ingresso nell’Unione Europea, è ritratto al fianco di Andriy Biletsky, leader del Partito del Corpo Nazionale e Comandante dell’Azov.

Ricordo l’orrore di uomini e donne, personalmente incontrati in Donbass, nel ricordare la ferocia dei battaglioni punitivi di stampo nazista come l’Azov, il cui simbolo, val la pena esplicitare, è la runa Wolfsangel, emblema di alcune unità della divisione SS. Tale simbolo è lo stesso che costituiva il logo del Partito Nazional Sociale Ucraino di Andriy Parubiy, Presidente della Rada ucraina che, nel 2017, veniva anche ricevuto dall’allora Presidente della Camera Laura Boldrini. Tre dita stilizzate, a sostituzione della runa, andranno poi a costituire il logo del nuovo partito Svoboda, in ucraino “libertà”, trasformazione politically correct di quel Partito Nazionale Sociale direttamente ispirato al Partito Nazional Socialista di Hitler. Dunque, una buona compagnia: da Arsen Avakov ad Andriy Parubiy, esponenti e sostenitori del neonazismo ucraino sono accolti in una logica di cooperazione tra stati, finalizzata ad una paradossale “guerra alla criminalità e al terrorismo”, condotta a braccetto con l’ultranazionalismo. In quest’ottica assurda, lo stesso Avakov, circa un anno fa, definiva “eroe di guerra” il sergente ucraino Vitaly Markiv, condannato per l’omicidio del reporter italiano Andy Rocchelli, ucciso in Donbass il 24 maggio 2014.”

Quella giravolta che ha portato il fu Movimento 5 Stelle ad assumere le stesse posizioni in politica estera dei fondamentalisti atlantici alla Molinari, direttore di Repubblica, si è conclusa oggi.

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