Nel suo blog Russeurope
Jacques Sapir riporta la lunga intervista concessa al quotidiano argentino PAGINA-12 . Di particolare interesse soprattutto l'ultima parte in cui l'economista francese mostra come le performances economiche dei paesi dell'Unione europea sono molto diversi tra loro:
certi hanno buoni indicatori, come la Gran Bretagna e la Svezia, che, “sorpresa", non sono parti della zona euro.
Al contrario Grecia, Portogallo ed anche l'Italia sono in recessione: la divergenza dei risultati è impressionante, sottolinea Sapir, ma è chiaro che l'euro ha pesato in modo diverso a seconda dei paesi.
Nel caso della
Grecia l'origine della crisi ha riguardato un crollo delle entrate fiscali a causa della caduta delle esportazioni per un apprezzamento eccessivo rispetto al dollaro; in
Spagna ed Irlanda, grazie ad i tassi d'interesse molto bassi si è sviluppata invece una bolla immobiliare legata ad un rapido aumento del deficit commerciale. L'
Italia ha, invece, sofferto d'una crescita molto lenta per l'effetto freno che l'euro ha avuto ed ha sulla sua economia e questo freno sarebbe stato anche peggiore se il governo non avesse avuto dal 2009 una politica fiscale parzialmente espansiva.
L'euro ha avuto i suoi effetti perversi differenti sulle modalità di sviluppo dei paesi membri.
La crisi dell'euro dimostra secondo Sapir come non si possa pensare di realizzare un'Unione monetaria sempre, ma debbano esistere condizioni convergenti delle economie dei paesi che vogliono aderire - cosa che chiaramente nel caso europeo manca - e un budget federale che assicuri trasferimenti tra i paesi membri. L'idea che l'euro è un'unione monetaria, in generale possa portare ad un aumento dei flussi commerciali, come ha scritto ad esempio Andrew K. Rose utilizzando il modello gravitazionale di economia internazionale – effetto Rose – e l'idea che le monete nazionali siano un ostacolo al commercio sono stati ampiamente smentiti dalla letteratura economica recente.
Il funzionamento di una zona monetaria unica implica poi la costruzione di un ampio budget al fine di poter effettuare i trasferimenti necessari per compensare l'eterogeneità tra i paesi della zona euro. Non devono essere rilevanti però queste differenze: nel caso della zona euro, è chiaro come
l'ampiezza del budget necessario per assicurare il trasferimento è ad un livello non sostenibile per i paesi che dovrebbero farlo. La Germania semplicemente non può fornire lo sforzo necessario senza compromettere il suo modello economico e si può chiedere a Berlino di prendere questa decisione. Se la costruzione di una zona monetaria non è resa correttamente in serio, avrà delle conseguenze disastrose per i paesi in questione, ma inoltre avrà anche gli effetti negativi sugli altri paesi. Nel caso della zona euro, resta fare un bilancio degli effetti negativi, la sua esistenza e gestione sull'economia mondiale.
Nella parte finale dell'intervista Sapir affronta la questione più generale della globalizzazione, sostenendo come sia ormai pacifico in letteratura che la libera circolazione dei capitali ha effetti negativi superiori a quelli positivi. La globalizzazione delle merci è più accettabile, ma a condizione che si adatti ad uno smantellamento progressivo dei vantaggi sociali e che non impedisca lo sviluppo dei paesi emrgenti. Per farlo, bisogna pensare a dei sistemi di diritti di dogana che considerino le situazioni sociali ed ecologiche, ma proteggano anche le industrie nascenti. Le istituzioni attuali, in particolare l'Omc, con la priorità data al libero scambio, non sono più adattabili. Non è affatto certo che nel lungo periodo il libero scambio conduca ad uno sviluppo equilibrato del commercio mondiale.
Una situazione di protezione moderata potrebbe essere molto utile. Sulla globalizzazione finanziaria, bisogna, conclude Sapir, al contrario regolamentare o interdire una parte delle operazioni e limitare strettamente la circolazione dei capitali trane quelli concernenti gli investimenti diretti. Queste prospettive sono realiste se un gruppo di paesi, decisi ad imporli arrivano a costituirsi e, da questo punto di vista,
un'alleanza potrebbe essere possibile tra alcuni paesi europei – Francia ed Italia con i paesi dell'America Latina, Africa ed Asia.
Si consiglia la lettura dell'Intervista completa