Autonomia differenziata, fine della Repubblica indivisibile. Ma difendere la Carta è possibile

La triste giornata del 19 giugno 2024 si è conclusa con l’approvazione di una legge ordinaria sulle autonomie differenziate e con una prima approvazione del disegno di legge costituzionale sul cosiddetto “premierato”: la prima caratterizzata dal principio della “divisione” del “popolo e del territorio italiani” in tanti “popoli e territori regionali” (piccoli staterelli), il secondo ispirato al principio inconfessabile della trasformazione della nostra democrazia in uno “Stato autocratico”.

Nel tripudio delle persone meno consapevoli e degli inveterati egoisti che amano solo se stessi e nulla sanno di patria, di solidarietà e di tutti i supremi valori consacrati in Costituzione, preferisco non parlare delle assurdità costituzionali e logico-giuridiche di questo scellerato evento, ma sottolineare soltanto che esso si concretizza mentre l’Ocse ci annuncia che i poveri assoluti hanno raggiunto i dieci milioni e quelli in povertà relativa non sono distanti dai quattro milioni, mentre sempre maggiore è il numero delle famiglie che non arriva a fine mese – e mentre, d’altro canto, l’Europa ci sottopone a un ennesimo procedimento di infrazione per eccesso di debito.

Occorrerebbe un’azione di governo unitaria, che raccogliesse tutte le forze economiche del Paese per realizzare un vero programma di sviluppo economico sull’intero territorio italiano, facendo nascere forti unioni di piccole imprese agricole e industriali, capaci di resistere all’invadenza concorrenziale delle multinazionali, e intervenendo direttamente con investimenti pubblici. Ma tutto questo è diventato estremamente problematico, sia perché non disponiamo più delle nostre validissime “aziende pubbliche” (che non dovevano fare profitti, ma solo coprire i costi, e non potevano fallire, e che peraltro costituivano il 70% delle fonti di produzione di ricchezza nazionale, una grande ricchezza che i nostri governi di destra e di sinistra hanno illogicamente e contro i più elementari canoni economici del tutto “privatizzato”); sia perché l’approvazione della legge sulle “autonomie differenziate” condizionerà fortemente le decisioni del governo in campo economico; sia, infine, perché l’eventuale approvazione del “premierato” concentrerà i poteri nel capo dell’esecutivo, il quale, dovendo, per la sua stessa esistenza, osservare i principi neoliberisti, certamente non sarà in grado di programmare un intervento dello Stato nell’economia.

E’ legge di natura, tuttavia, che ad ogni azione corrisponde una reazione eguale e contraria. E alcuni segni di reazione si sono cominciati ad avvertire con il voto per l’Europa e con le manifestazioni unitarie dei partiti della sinistra. E’ certamente un buon segno, ma occorre darsi molto da fare per difendere il fondamento della nostra democrazia, e cioè la nostra Costituzione repubblicana, che impone l’”eguaglianza economica e sociale”, l’“intervento dello Stato nell’economia”, la “salvaguardia dei posti di lavoro”, la tutela della “proprietà pubblica demaniale”, una “equa retribuzione dei lavoratori”, tutti elementi necessari per una effettiva ripresa economica. E difendere la Costituzione, prima che venga totalmente distrutta, è ancora possibile.

Infatti, mentre le Regioni danneggiate dall’approvazione della legge sulle “autonomie differenziate” possono ricorrere in via diretta alla Corte costituzionale, noi cittadini abbiamo la possibilità di far sentire la nostra voce nel probabile referendum costituzionale contro la modifica costituzionale sul “premierato”, far ricorso al referendum abrogativo contro la legge sulle “autonomie differenziate” e rimettere queste insulse leggi nelle mani della Corte costituzionale mediante ricorsi incidentali sollevati nei processi civili e amministrativi, che potremo promuovere non appena si verificheranno gli enormi danni economici e ambientali che queste due sciagurate leggi produrranno.

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