100 anni e non sentirli: gli Arditi del popolo
di Valerio Gentili*
Rimasti ai margini del dibattito politico per oltre ottant’anni ma è un eufemismo più che altro: diciamo proprio espunti dalla storiografia di varia estrazione senza se e senza ma. Gli Arditi del popolo sono tornati a fare, timidamente, capolino con i seminali e magistrali lavori di Marco Rossi ed Eros Francescangeli. Il lavoro di Ivan Fuschini, datato addirittura 1994, non voglio prenderlo in considerazione troppo preso alla forzatura storica di trasformare gli Arditi, brutti, vestiti di nero, pugnale in bocca, e bomba nella mano, nei rassicuranti partigiani edificatori di questo nostro bello Stato democratico.
Circa un decennio più tardi, con nuove monografie (non ho intenzione di fare pubblicità ai miei libri) gli Arditi sono tornati alla ribalta politica, una Sinistra sempre più a pezzi, priva di riferimenti, succube dell’offensiva propagandistica “culturale” del nemico, ha finito per attaccarsi a tutto, anche a questa strana razza di partigiani ante litteram
Qui comincia il nostro primo ordine di problemi, se i vecchi partiti di Sinistra fossero rimasti saldi al loro posto, di Arditi non avremmo certo più sentito parlare. Detto, fatto: sul Psi pesava l’idiosincrasia fra una retorica massimalista ed ultrarivoluzionaria cui nei fatti non seguiva alcuna preparazione militare, sul Pci (o meglio Pcd’I) aleggiava il demone del settarismo, entrambi quindi, ben disposti a chiudere con la poco edificante storia del primo dopoguerra. Una bella linea grigia su un passato poco edificante e via con una nuova bella verginità: “popolare”, “patriottica”, attenta ai bisogni dei ceti medi e ai militari. Con l’adesione alla Nato, poi, e successivamente con la ratifica dei trattati Cee, i comunisti perdono ogni indugio, i socialisti paralizzati nel guado dalle mille correnti, il Pci di Togliatti, invece, tutto schierato a difesa dell’indipendenza nazionale, non c’è manifesto che non paventi il cedimento della Patria, all’alleanza militare o al trattato economico voluto dai grandi trusts contro la classe operaia.
uanta di acqua ne era passata sotto i ponti da quando Bordiga tuonava che un “Ardito” non poteva essere del “popolo”. Una figura militare per giunta abbinata all’abusata categoria del “popolo” che per Bordiga, al confronto di “proletario” valeva probabilmente come un due di briscola. Ci saremmo tenuti gli Adp di Parma (troppa era stata la perizia militare di Picelli e soci contro le migliaia di squadristi Balbo per rimuovere), ma li avremmo ricordati come fenomeno locale guidati dall’ufficiale Picelli, gli Arditi di Parma insomma, nel 2020 c’è ancora chi pensa che sia così chiedetelo al filmmaker Borghi se non mi credete.
Ma poi i partiti sparirono, la gabbia storico-ideologia sulla ricerca storiografica saltò in aria con lei e nel bene e male vennero alla luce i “i non detti”. Non c’era più nessuna “congregazione del sant’uffizio laica” a rilasciare imprimatur.
Tornando ai libri di Rossi e Francescangeli, non possiamo che definirli testi ampliamente meritori, ci hanno ridato un fenomeno ma senza ingigantirlo per fini politici contingenti: una meteora incandescente nell’orizzonte crepuscolare del dopoguerra italiano, ecco cosa sono stati gli Adp. Nessuno ci ha indotto a credere a mirabolanti riscosse proletarie, nessuno ha trasformato gli Arditi in super-uomini nitchiani capaci di trasformare il possibile in impossibile. Sappiamo, purtroppo, quanto, nonostante la grossa adesione anche dell’elemento militare (una cosa che alla Destra brucia ancora tantissimo ma carta canta e le biografie non ce le siamo certo inventate noi...vero Primato Nazionale?), la cose buttassero molto male fin dall’inizio: repressione immediata del “socialista” Bonomi, divisioni intestine tra combattenti puri (Secondari) e rappresentanti dei partiti tradizionali (Mingrino per i socialisti, nonostante il peccato originale dell’interventismo) e Baldazzi (per i repubblicani).
Gli Adp nacquero alla fine della primavera del ’21, la situazione non era ancora di certo compromessa verso l’irreversibile ma bastarono due semplici mosse della Sinistra a chiudere definitivamente la partita: il patto di pacificazione ad agosto con cui i socialisti sconfessarono gli Arditi nel momento in cui ne avevano maggiore bisogno e il rifiuto comunista all’alleanza militare con un corpo ritenuto troppo “spurio”, i comunisti italiani avevano capito le tattiche leniniane come i tolemaici che la terra gira attorno al sole.
Arrivarono poi il congresso di fondazione dei fasci di combattimento in partito (PNF) nel novembre ’21, un apparente vittoria della Roma proletaria grazie all’impareggiabile azione degli Arditi e poi il de profundis con lo sciopero legalitario e il pasticcio dell’Alleanza del lavoro.
Mentre i due libri sopra citati ci ridanno tutti questi avvenimenti in modo equilibrato, circostanziato, serio, pacato e soprattutto storicamente documentato, negli ultimi anni tra blog, scritture d’accatto, rimasticamenti per sentito dire, lo scarto tra ciò che si desidera e quello che effettivamente è, abbiamo assistito alla trasformazione degli Arditi in supereroi invincibili, ahimè, la spiegazione appartiene più alla psicopatologia che alla politica. Abbiamo (o meglio qualcuno lo ha fatto per noi) trovato questi eroi, peraltro esteticamente così appaganti, trasformiamoli, quindi, nel simbolo della nostra riscossa ex post. Ma le cose non stanno così, è tempo che gli Adp tornino negli spazi che maggiormente gli competono quelli della storia e che i loro epigoni si trovino qualche altro giocattolo con cui passare il tempo.
Due grandi convegni si terranno in primavera per rendere onore al primo grande esercito della classe lavoratrice, a Roma e Civitavecchia.
A Civitavecchia, presumibilmente nella sala conferenze della Compagnia portuale, a fine maggio data di compleanno del posto.
A Roma, con sede da destinarsi ma con tavola rotonda di tutti gli storici e storiografi che hanno trattato l’argomento.
Da ottobre, inoltre, saranno disponibili i calendari per il 100ario degli Arditi del Popolo, con foto inedite e intera cronistoria giornaliera dell’organizzazione. Un documento unico –in tiratura limitata- che intende ridare a Cesare quel che è di Cesare. Imprescindibile per reinquadrare nella giusta misura, l’azione eroica ma “sfortunata” (e qui ci sarebbe da aprire interi tomi per meglio capire che la “sfortuna” può avere uno o più nomi), lontano dalle iperboli di internet e da qualche “storico” improvvisato di Facebook.
Oltre al calendario degli Arditi sarà disponibile quello della Volante Rossa.
Per contatti, iniziative, curiosità
dr.valeriogentili@gmail.com
Per acquisto calendari (che conterranno foto inedite e cronologie complete degli avvenimenti) al prezzo di 9€ disponibili da fine Ottobre.
archivioantifa@gmail.com
*È un esperto di storia della Resistenza e del combattentismo di sinistra, soprattutto a Roma. Ha pubblicato 'La legione romana degli Arditi del popolo' (Purple Press 2009), 'Roma combattente' (Castelvecchi 2010), 'Bastardi senza storia' (Castelvecchi 2011), 'Dal nulla sorgemmo' (Red Press 2012). 'Volevamo tutto. La guerra del capitale all'antifascismo. Una storia della Resistenza tradita'. (Red Star Press 2016).