1 AGOSTO. L'insurrezione di Varsavia del 1944 e vecchie fake news storiche che tornano di moda (SECONDA PARTE)

1 AGOSTO. L'insurrezione di Varsavia del 1944 e vecchie fake news storiche che tornano di moda  (SECONDA PARTE)

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di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

In concomitanza con l’ottantesimo anniversario dell’insurrezione antihitleriana di Varsavia dell’agosto-settembre 1944, tornano alla ribalta – sullo sfondo, da un lato della russofobia che accomuna il mai cessato odio di classe per il passato sovietico e, dall’atro, dell’odierno confronto armato in terra ucraina tra potenze planetarie in lotta per la supremazia – le giaculatorie liberal-dottrinarie sulla “perfidia di Mosca” e la “malvagità di Stalin” che, dicono, avrebbe “deliberatamente abbandonato” gli insorti polacchi al loro destino e al sicuro massacro da parte dei nazisti.

Crediamo che i lettori di questo e altri giornali, nelle linee essenziali, siano sufficientemente preparati per rispondere a tono a tali omelie anticomuniste, antisovietiche e antistoriche, il cui sottofondo è squisitamente politico ed è purtroppo fatto proprio anche da frange della “sinistra liberale, il cui orizzonte progressivo non va al di là dell'ordine sociale borghese.

Sperando comunque di fare cosa utile, presentiamo una sintesi (tradotta dalla versione russa del 1989) dello studio dello storico polacco Riszard Nazarewicz “Aspetti politici dell’insurrezione di Varsavia del 1944” (Z Problematyki Politycznej Powstania Warszawskiego 1944) con cui contiamo di mettere qualche punto fermo sulla questione.


LEGGI LA PRIMA PARTE QUI


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Seconda parte

 

Dunque, l'obiettivo primario del governo in esilio era quello della presa del potere a qualunque costo; il 17 e 18 luglio i comandi di Armia Krajowa dei distretti di L'vov e Bjalistok ammettevano la possibilità dell'insurrezione.

Komorowski constatava il rallentamento dell'avanzata dell’Esercito Rosso, dovuto «con ogni probabilità non al rafforzamento della difesa tedesca, quanto alla temporanea stanchezza delle truppe sovietiche». Egli temeva però che, dopo la pausa, l’Esercito Rosso avrebbe ripreso una veloce avanzata, per raggiungere presto la Vistola e superarla. Così, fu presa la decisione preliminare di prepararsi all'intervento armato di AK a Varsavia, motivandola con la necessità di «soffocare sul nascere i tentativi sovietici di spingere parte della popolazione a non sottomettersi al governo». Non si escludeva la possibilità di «scontro aperto coi Sovieti».

Il 25 luglio fu deciso di sollevare l'insurrezione nella sola Varsavia, mentre in periferia AK doveva continuare con “Burza”.

Sosnkowski raccomandava al comando di AK di evitare l'insurrezione e rimanere in clandestinità. Avevano in mente uno scandalo che provocasse l'intervento alleato: far arrestare dalle forze sovietiche lo SM di AK installato nella fabbrica Kamler, che avrebbe proclamato la “extraterritorialità” del luogo. Da lì, attraverso una potente stazione radio, si sarebbe lanciato un SOS a Londra e organizzato la resistenza armata. 

Si preparava cioè una trappola all’ER, provocando uno scontro armato tra AK e ER. Si puntava all’insurrezione per anticipare la presa del potere da parte del Polski Komitet Wyzwolenia Narodowego, mettendo l’Esercito Rosso di fronte al fatto compiuto del potere in mano alla Kraiowa Rada Ministrov.

Il 20 agosto l'organo degli insorti pubblicava una serie di documenti retrodatati per “dimostrare” che a Varsavia esisteva già un “potere legittimo” ancora prima della formazione del PKWN. Ma, fino al 6 agosto, agli stessi simpatizzanti del governo fu taciuto che già il 29 luglio i comandi inglesi avevano rifiutato qualsiasi aiuto in caso di insurrezione.

Lo storico emigrato polacco J. Ciechanowski scrive che «Gli inglesi non dissuasero i polacchi dall'insurrezione nella capitale, ma rifiutarono il loro aiuto, sottolineando che ciò era impossibile nella zona di operazioni sovietica e in sostanza cercarono di tirarsene fuori». Gli inglesi però, pur al corrente del fatto che si stesse preparando la rivolta, non fecero nulla per mettere in contatto gli insorti coi comandi sovietici. E nemmeno i comandi di AK fecero qualcosa per cercare contatti con le forze di Konstantin Rokossovskij, che comandava il 1° Fronte bielorusso dell'operazione “Bagration”; questo perché, dicono gli stessi storici favorevoli al governo emigrato, «la battaglia per Varsavia doveva prendere alla sprovvista i russi. Primo obiettivo dell'insurrezione era quello di occupare Varsavia e il secondo era quello di mettere l'URSS di fronte al fatto compiuto».

Dunque, il fatto di non aver concordato i tempi dell'insurrezione coi comandi sovietici aveva un fondamento politico e non, come invece tentarono poi di giustificarsi gli emigrati di Londra, per l'assenza di rapporti diplomatici con Mosca.

Mikolajcik, che si incontrò il 31 luglio a Mosca con Molotov, non fece parola dell’insurrezione. Chiese però a Stalin di aiutarlo a raggiungere Varsavia e all'osservazione di Stalin che là c’erano i tedeschi, Mikolajcik rispose che «a giorni Varsavia sarà liberata».

Dopo molti anni, il ministro della difesa del governo emigrato, Marion Kukel, storico e fautore dell'insurrezione, scriveva: «Indiscutibilmente, la lotta di AK per Varsavia costituiva una dimostrazione, il cui scopo era quello di prendere alla sprovvista sia i tedeschi che i russi. Se “Bur”-Komorowski (da “Burza” - “Tempesta”) avesse avuto intenzione di battersi coi tedeschi, avrebbe dovuto accordarsi coi russi per conoscere piani e possibilità. Ma, dal momento che “Bur”-Komorowski voleva opporre resistenza ai russi a Varsavia, sarebbe stato meglio non sollevare l'insurrezione, che ebbe conseguenze catastrofiche».

Il 31 luglio l'alto comando di AK constatava che l'azione era prematura. Il 1 agosto il comando della 9° Armata tedesca rilevava che «l'attesa rivolta dei polacchi (AK) è iniziata alle ore 17». Già il 30 luglio gli esploratori di AK avevano confermato l'arrivo di potenti rinforzi tedeschi concentrati a est per la controffensiva, ma era tardi per annullare la sollevazione.

“Bur”: «voglia dio che conquistiamo Varsavia prima dell'arrivo delle truppe sovietiche». Erano giunte false notizie, basate solo su voci, della presenza di forze sovietiche nel rione Praga della capitale, a est della Vistola. Invece, già dal 26 luglio avevano cominciato ad affluire su Varsavia divisioni tedesche ritirate da Romania, Olanda, Italia. A dimostrazione dei veri intenti del governo in esilio, gli obiettivi di AK non erano ponti, ferrovie, aeroporti, bensì edifici governativi per installarvi il governo; mentre invece sarebbe stato facile impossessarsi dei ponti sulla Vistola, difesi solo da deboli riserve tedesche. Così, quando il 3 settembre i tedeschi li fecero saltare, tagliando ogni possibile collegamento tra insorti e ER, il destino dell'insurrezione fu segnato.

Il 7 agosto i comandi dell'aviazione britannica affermavano che i polacchi «cercano di rovesciare su di noi la responsabilità per gli insuccessi di AK, che invece avvengono per il loro prematuro inizio della lotta».

Una settimana dopo, il Foreign Office, in risposta alle ripetute richieste di sostegno all'insurrezione, affermava in una nota ufficiale che la decisione sull'insurrezione a Varsavia «è stata presa senza preventivi contatti con il governo di SM Reale che, perciò, non è in grado di mettere a punto per tempo i piani di collaborazione» e anche «senza accordo col governo sovietico».

Il 15 agosto, il PKWN emana il decreto sulla mobilitazione: Komorowski ordina a tutti i comandi di AK di opporvisi e il 22 agosto AK informa Londra della decisione di sabotare la mobilitazione. Molti reparti di AK si oppongono però all'ordine di Komorowski: si stavano cioè rafforzando gli umori pro-sovietici e di insoddisfazione nei confronti dei vertici di AK.

In sostanza: a fini propagandistici, si accusa l’Esercito Rosso di non aver attaccato Varsavia frontalmente, quantunque Stalingrado e Kiev avessero dimostrato come l'ER, di fronte alle gradi città, evitasse attacchi frontali e ricorresse invece a manovre avvolgenti. Nei rapporti confidenziali, la realtà viene però valutata più realisticamente. Il 5 settembre, Komorowski scrive «Ritengo che non ci si debba fare illusioni sul fatto che i reparti sovietici possano occupare Varsavia nei prossimi giorni. I tedeschi sono abbastanza forti per fermare l'avanzata sovietica. I reparti russi sono notevolmente staccati dalle retrovie e si sono fermati... la Vistola difende i tedeschi dai russi». E ancora: «la verità è che il 4-5 agosto i Sovieti hanno perso la battaglia per Varsavia».

In ogni caso, quando il 20 agosto Roosevelt e Churchill chiedono a Mosca di lanciare armi su Varsavia, Stalin risponde che non si sarebbero risparmiati sforzi per aiutare i polacchi e liberare Varsavia. Al tempo stesso, dice: «Prima o poi diverrà nota a tutti la verità su un pugno di criminali che hanno inscenato l'avventura di Varsavia per impossessarsi del potere. Queste persone hanno utilizzato la fiducia dei varsaviani, gettando uomini pressoché disarmati contro cannoni tedeschi, aviazione e tank».

E, però, dato che la stampa britannica simpatizzava con l’ER, il 23 agosto Churchill ordina al Ministero per l'informazione di passare alle redazioni una pubblicazione su una presunta contrarietà sovietica ad aiutare Varsavia.

Dopo la guerra, Stalin disse a De Gaulle: «se fosse stato chiesto ai comandi sovietici se fossero in grado di portare aiuto all'insurrezione, avrebbero risposto che non erano pronti. Il fatto è che l’Esercito Rosso in quel momento aveva combattuto per 600 km, da Minsk a Varsavia. Mentre l’ER si avvicinava a Varsavia, artiglierie e munizionamento erano indietro di 400 km».

In sostanza, affermano gli storici appena un po’ più obiettivi, solo con motivi politici può spiegarsi l'assenza di ogni tentativo di AK di impossessarsi di almeno uno dei ponti sulla Vistola, che lasciò al proprio destino gli insorti del rione Praga e più tardi portò alla perdita di ogni accesso alla Vistola. Scelta che risulta incomprensibile anche allo storico tedesco-occidentale H. Krannals, il quale nota come la guarnigione tedesca lungo la Vistola fosse incredibilmente debole e poco armata. Dopo la caduta del rione Staroe Mjasto, erano rimasti solo alcuni reparti tedeschi poco numerosi e ridotti male. Se davvero gli insorti avessero contato sull'aiuto sovietico, che poteva venire solo dalla Vistola, perché non fecero nulla per tenere le posizioni avanzate e sostenere i tentativi di guado da est? La tattica dei comandi di AK, la sua passività nei confronti dei reparti polacchi attestati sulle rive della Vistola, non solo favorirono il fallimento di questa operazione, che aveva lo scopo di venire in aiuto agli insorti, ma causò un grosso danno all'insurrezione stessa.

Era infatti evidente che i comandi tedeschi, dopo aver eliminato le teste di ponte, potevano  gettare le forze contro quei deboli focolai di rivolta che ancora resistevano nei rioni di Mokotòw (sud), Zoliborz (nord) e Sredmesto (centro). Ma, nel periodo degli scontri più aspri, AK non fece nulla per sbloccare anche parzialmente l'assedio, non tentò di portare azioni di disturbo alle retrovie tedesche che stavano liquidando le teste di ponte.

A metà settembre, mentre fingeva disponibilità a coordinarsi con l’ER, AK ordinava segretamente ai reparti insorti, in caso di liberazione di Varsavia, di «impossessarsi immediatamente della città... eliminare le barricate dalle arterie principali, rinterrare le trincee... Barricate e piazzeforti attorno ai rioni controllati da AK non dovevano esser rimosse fino al pieno chiarimento dei rapporti sovieto-polacchi». Si ordinava di concentrare i reparti AK, il Comando e la Delegatura Sil Zbrojnych nel centro della città, circondati da sbarramenti e filo spinato e dar vita qui a una zona chiusa all'accesso di ER e PKWN.

Alla fine, i tedeschi riuscirono a isolare definitivamente i focolai di insurrezione dalla Vistola e a creare una potente linea di difesa sulla riva. In due mesi di lotta nella capitale, e anche negli scontri per occupare gli accessi a essa che decisero il destino di Varsavia, i comandi di AK non fecero nulla per ostacolare l'afflusso di mezzi e armamenti tedeschi. Come mai le numerose e ben armate forze di AK dislocate nei dintorni di Varsavia e alle periferie, non ricevettero ordini per azioni diversive che impedissero o almeno contrastassero gli spostamenti tedeschi sulle strade che conducevano a Varsavia da ovest, nord e sud?

Era questo uno strascico della precedente direttiva di AK, che proibiva di attaccare i treni tedeschi che andavano verso il fronte orientale, ma consentiva di attaccare quelli che facevano ritorno verso ovest. Così, i tedeschi non subirono alcun disturbo nell'invio di forze fresche destinate a contrastare l'avanzata sovietica negli accessi orientali a Varsavia e a soffocare la rivolta.

Per quanto riguarda gli aiuti agli insorti, nei calcoli dei comandi di AK di Varsavia non destinati alla pubblicazione si diceva che al 30 settembre 1944 erano state ricevute 150 tonnellate di armi e munizioni da lanci sovietici, 86 t. inglesi e 17 t. americane. Nelle pubblicazioni ufficiali si scriveva invece di 55 t. sovietiche e 104 t. occidentali.

Complessivamente, tra armi leggere, fucili anticarro, munizionamento, mortai, ecc., gli Alleati lanciarono su Varsavia 104 tonnellate di aiuti, contro le 268 t. dei lanci sovietici. Furono 22 le tonnellate di generi alimentari lanciate dagli Alleati e 120 quelle sovietiche. Dopo il 18 settembre non furono più effettuati lanci occidentali; quelli sovietici proseguirono fino al 30 settembre. Il 3 ottobre ci fu la capitolazione definitiva degli insorti. Secondo dati ufficiali polacchi, rimasero uccisi tra i 16 e i 18.000 combattenti di AK e tra 150 e 180.000 civili.

 

 

 

In conclusione, sarebbe antistorico e inumano negare l'eroismo con cui i semplici combattenti di Armia Krajowa, al di là degli intenti dei loro comandi, resistettero per oltre sessanta giorni alla ferocia nazista. È però un fatto che, quanto a intenti politici a lungo termine, fossero stati proprio gli uomini di quella stessa “Sanacja”, poi a capo di AK, a sottoscrivere tra il 1934 e il 1936 patti di alleanza e di collaborazione militare antisovietica con la Germania hitleriana. E questo, ben prima di quel trattato di non aggressione cui oggi i liberal-reazionari fanno addirittura risalire lo scoppio della guerra e che, per meglio specificare i propri intenti politico-revanscisti, qualificano come “patto Hitler-Stalin”.

Non erano forse stati gli stessi uomini della “Sanacja”, a capo di una Polonia semi-nazista, antisovietica e russofoba, a spartirsi con la Germania nazista i resti di una Cecoslovacchia smembrata dal patto di Monaco? Non era stata proprio la Polonia di Jozef Pilsudski e soci, nella prima metà degli anni ’30, a rappresentare la Germania hitleriana alla Lega delle Nazioni, anteprima del patto Hitler-Pilsudski del 1934?

E, fino al 1939, Varsavia non aveva mai fatto mistero di ambire a uno «smembramento della Russia», mirando «all’Ucraina sovietica e a uno sbocco sul mar Nero, da raggiungere insieme al Reich e alla Romania». Erano stati gli uomini della “Sanacja”, ancora nella primavera del 1939, d'accordo con Berlino, a mettere a punto il piano “Orientale”, per «attacchi congiunti tedesco-polacchi contro Minsk, Gomel, Žitomir e Kiev».

Che le omelie sull'insurrezione di Varsavia “tradita” dalla “perfidia di Stalin” abbiano poco a vedere con la realtà storica, quanto invece con i sermoni europeisti per la «condanna internazionale dei crimini dei regimi totalitari comunisti», crediamo non sia necessario ripeterlo, così come i gesuitici piagnistei delle prefiche di Strasburgo sui «crimini contro l'umanità e le massicce violazioni dei diritti umani commesse da tutti i regimi comunisti totalitari e autoritari».

Tanto per ricordare, il 15 novembre 1944, in un incontro con la delegazione polacca, Stalin aveva spiegato le ragioni per cui la mancanza di accordi preliminari e il coordinamento tra insorti e Esercito Rosso avessero portato a così tragici risultati. Tra l'altro, aveva detto Stalin, «Non ci è stato chiesto alcunché ... non si sono consultati con noi. Se ce lo avessero domandato, non avremmo consigliato l'insurrezione. L'Esercito Rosso che, nel corso della sua offensiva, aveva conquistato più di una grande città, non aveva mai attaccato grandi città come Varsavia con un colpo frontale ... Varsavia non poteva essere presa con un colpo diretto, anche perché si trova sull'alta riva sinistra della Vistola. Prendere Varsavia con un assalto diretto significava distruggere la città con le artiglierie e infliggerle perdite inutili. Là si era creata una situazione simile a quella di Kiev ... Non avevamo preso Kiev con un attacco diretto. L'avevamo aggirata. Così, intendevamo prendere anche Varsavia con una manovra di aggiramento, ma, per tale operazione, avevamo bisogno di una seria preparazione. Era necessario portare avanti almeno 40 divisioni, molto munizionamento e provviste ...Occorreva tempo». (da Nina Vasil'eva, L'insurrezione di Varsavia del 1944. Nauka.Obshchestvo.Oborona)

Non è un caso, che le più inqualificabili “risoluzioni” europeiste, del 2009, 2019, ecc, abbiano avuto tra i fautori più invasati proprio gli eredi degli uomini della “Sanacja”, insieme ovviamente ad altri elementi della stessa “ispirazione”. Che gli obiettivi antisovietici e anticomunisti abbiano sempre rappresentato una costante nella visione delle alte sfere di Varsavia – salvo una formale parentesi “popolare” - lo aveva testimoniato nel 2016 l'allora Ministro della difesa polacco, Antoni Macierewicz, che aveva attribuito alla Polonia «il merito di aver respinto il tentativo della Russia bolscevica di conquistare l’Europa» nel 1920.

Ora, sia che si decreti “per legge” l'allegoria banderista su un “Holodomor” - ca va sans dire voluto da Stalin – sia che si metta al bando un intero popolo, accusato, con “prove” fissate a tavolino, della vicenda di Srebrenitsa, sia che si miri a “istituzionalizzare” la predica sulla pari responsabilità di Germania nazista e URSS nello scatenamento della guerra e su un fantomatico «retaggio europeo comune dei crimini commessi dalla dittatura comunista, nazista e di altro tipo», sia infine che si mettano alla gogna Esercito Rosso e Unione Sovietica per i cruenti risultati di un'avventura voluta per puri obiettivi di potere, come appunto, il dissennato scatenamento dell'insurrezione di Varsavia, l'obiettivo finale è sempre lo stesso: decretare per legge il bando del comunismo e dei comunisti, e fare in modo che la coscienza “di massa” lo accolga come un “atto dovuto”.

 

Fine

 

 

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