I rapporti Mosca-Washington sullo sfondo ucraino

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I rapporti Mosca-Washington sullo sfondo ucraino

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di Fabrizio Poggi
 

E così, Trump ha annullato l'incontro con Putin previsto per il 1 dicembre al G20 in Argentina: si può immaginare che sulla decisione di Trump (fino a un'ora prima della partenza per Buenos Aires aveva confermato l'incontro) abbiano pesato molto più gli equilibri politici interni, che non i battelli ucraini sequestrati da Mosca.


“Ci dispiace per la decisione dell'amministrazione statunitense” ha dichiarato il portavoce presidenziale Dmitrij Peskov; vorrà dire che Putin “potrà disporre di un paio d'ore in più per altri incontri” ha commentato Peskov, Così, la provocazione nazigolpista di Kerch, almeno qualche conseguenza formale sembra averla avuta, nonostante nessuno, da cinque anni a questa parte, nutra mai alcun dubbio sull'identità dei manovratori d'oltreoceano di qualunque mossa ucraina. Una mossa che, come nota l'osservatore militare rumeno Valentin Vasilescu su Voltairenet, nei piani originali avrebbe dovuto comportare un dantesco “grande scempio che fece l'Azov colorato in rosso” di sangue ucraino.


Dunque, al momento, ci sono due aspetti principali degli avvenimenti del 25 novembre: interni e esterni.


Ciò che sembra angosciare gli ucraini in conseguenza dell'introduzione della legge marziale, più che un possibile scontro diretto con la Russia, è il sequestro di proprietà private motivato con “le necessità militari”. Nonostante il vice capo di Stato maggiore Rodion Tishenko abbia dichiarato solennemente che la legge marziale “non prevede il sequestro di proprietà private” e che se “qualcuno in mimetica si presenterà a casa vostra per requisire l'auto o la mucca, dovrete chiamare la polizia”, di fatto la legge marziale, tra gli altri punti, prevede proprio anche la possibilità di requisizione di beni privati “per necessità militari”. In alcune provincie delle 10 regioni interessate alla legge marziale, è stata già notata un'insolita frenesia delle vendite di auto fuoristrada da parte di privati, che ne temono il sequestro. Alberghi e altri edifici turistici lungo i 40 km della striscia di Arabat (la lingua di terra in territorio ucraino separata dalla Crimea dalle acque salate del lago Sevaš) di proprietà di persone sospettate come “filo-russe” rischiano di venir sequestrati “per le necessità militari”.


Meno “venalmente”, nella regione di Cernigov, ad esempio, sono in corso azioni di protesta contro la legge marziale che, secondo i manifestanti, è stata introdotta perché il regime teme un'insurrezione. Questa farsa della legge marziale” affermano, “è nata per il fatto che la gente ha dimostrato di non esser disposta a sopportare ulteriormente questo genocidio, questo sconvolgimento nel paese. Tutto ciò che dopo majdan avrebbe dovuto arrivare alla gente, è finito nelle tasche degli oligarchi e dei mascalzoni al potere. Essi non hanno avuto paura per la collisione in mare, hanno avuto paura soprattutto della rivolta della gente contro il prezzo del gas, le tariffe dei servizi pubblici, la politica fiscale. Proprio contro tutto ciò ci sono proteste anche in altre regioni del paese”.


Nella Volinia – la regione tragicamente nota per le stragi della minoranza polacca compiute negli anni '40 dai filonazisti di OUN-UPA – i familiari stanno bloccando gli autobus che dovrebbero condurre le reclute, ricercate per renitenza, alla regione militare di Kiev. Il governo è stato costretto a prorogare al 31 dicembre la chiamata alle armi autunnale, che rimane comunque in forse, dato che in tutte le regioni i giovani, per ammissione degli stessi distretti militari, fanno di tutto per nascondersi o fuggire. Per adempiere al piano di reclutamento, è ormai pratica corrente che il personale dei distretti, insieme alla polizia, catturi i giovani tra i 18 e i 27 anni per strada, in metropolitana, nelle discoteche o sul posto di lavoro.


Altra conseguenza della legge marziale, la Guardia nazionale, nelle cui file sono stati “legalizzati” molti ex appartenenti ai battaglioni neonazisti e che è alle dipendenze del Ministro degli interni, passa ora parzialmente agli ordini diretti del Presidente. Nelle 10 regioni interessate alla legge marziale, instaurata (per ora) fino al 26 dicembre, la Commissione elettorale centrale ha già annullato 45 primi turni, 7 secondi turni e 19 elezioni locali di medio termine, fissate per il 23 dicembre. Ultima trovata: Kiev ha proibito l'ingresso in Ucraina a tutti i maschi russi di età da 16 a 60 anni.


Sul piano internazionale, in Russia i riflettori sono puntati soprattutto sulle dichiarazioni di Kiev per l'eventuale apertura di una base militare USA in Ucraina, nelle vicinanze della frontiera con la Crimea.


Le Izvestija citano un'anonima fonte diplomatica ucraina, che dice: “vediamo che la Polonia sta conducendo attive consultazioni per la dislocazione di una base americana a causa della minaccia di Mosca. L'estensione delle nostre frontiere con la Russia è di molto superiore, riteniamo perciò che anche da noi debba comparire una base militare USA”. E il deputato del “Blocco Poroshenko”, Ivan Vinnik ha confermato che “la base, naturalmente, è necessaria: questo è fuor di dubbio. A livello politico, è in corso il dialogo con gli americani”.


D'altra parte, il politologo dell'Istituto Hudson, Richard Weitz, sostiene che "ci sono ragioni militari e diplomatiche, per le quali gli Stati Uniti attualmente non considerano verosimile l'apertura di una base militare permanente in questo paese". Militarmente, ha dichiarato, “qualsiasi base sarebbe estremamente vulnerabile a una potenziale risposta russa. E' perciò più sicuro mantenere truppe e armamenti in un altro posto dove possano essere meglio protetti". Il portavoce del Pentagono Eric Pahon ha dichiarato alla TASS che Washington non sta conducendo colloqui con Kiev per una base. A parole e in risposta alla richiesta di Petro di inviare navi nel mar Nero, la portavoce della NATO, Oana Lungescu, ha detto che “la presenza NATO è già così abbastanza massiccia” in quel bacino e l'Alleanza “sta continuando a valutare la necessità della presenza per il futuro”. Lungescu ha ricordato che nel 2017 i vascelli NATO sono stati presenti nel mar Nero per oltre 80 giorni e 120 nel 2018, mentre l'aviazione atlantica sorvola regolarmente l'area.


Anna Sedova, su Svobodnaja Pressa, ricorda come il 28 novembre Poroshenko si sia vantato che il Segretario di stato USA, Mike Pompeo, avrebbe promesso di fornire a Kiev "pieno sostegno, anche militare", per "difendere la sovranità dell'Ucraina dall'aggressione russa". Forse questo include una base militare yankee, si chiede Sedova? A parere però del giurista Aleksandr Domrin, gli USA hanno bisogno di una zona cuscinetto tra loro e la Russia e quindi non sono interessati a una base alle immediate frontiere russe. D'altra parte, il politologo Aleksandr Satilov ricorda quanto valessero le “promesse fatte a Gorbaciov sul non allargamento a est della NATO”. E, d'altronde “dispongono già di laboratori chimici militari in Ucraina, Georgia, Armenia: possono benissimo aprire una base militare; tanto più che l'attuale “geopolitica passiva” di Mosca potrebbe spingere Washington a passi ancora più decisi”.


Nel merito dell'incidente del 25 novembre, Ruslan Khubiev ricorda come già lo scorso settembre navi ucraine fossero transitate sotto il ponte di Kerch, rispettando la procedura, con i previsti preavvisi e la salita a bordo del pilota russo. Il 25 novembre, invece, i battelli di Kiev hanno tentato di attraversare il corridoio che Kiev non riconosce quale bacino territoriale russo.


Kiev ha detto di basarsi sull'all'articolo 37 (“diritto di passaggio in transito”) della Convenzione ONU del 1982 sul diritto del mare. Il fatto è che, nota Khubiev, tale diritto si applica solo agli stretti in mare aperto, cioè le acque aperte a tutti e al di fuori della zona costiera dello stato adiacente. Ma lo status giuridico del mar d'Azov e dello Stretto di Kerch è determinato dall'Accordo di “cooperazione e sfruttamento condiviso” tra Ucraina e Russia, che lo rende un mare interno, cui non si applica l'art. 37. Per quanto riguarda il mar Nero, dove si è verificato lo sconfinamento, il suo status è in effetti regolato dal diritto internazionale del mare e la ragione sarebbe stata dalla parte di Kiev, se solo le navi ucraine non avessero attraversato le acque russe. Così non è stato. I vascelli ucraini hanno violato gli articoli 19 e 21 della suddetta Convenzione, che stabiliscono il diritto dello stato costiero a garantire la sicurezza nel proprio spazio marittimo. Entrati indebitamente nel bacino temporaneamente chiuso del mare territoriale russo, hanno violato il confine tracciato dopo il 2014, violando poi anche quello riconosciuto da tutto il mondo - il confine marittimo del 1991, che era zona interna russa ancor prima dell'unione della Crimea. In base all'art.21 e sulla scorta dei continui proclami golpisti di voler distruggere il ponte sullo stretto, Mosca aveva pieno diritto di adottare misure volte a scongiurare tale minaccia. Da notare, in aggiunta a quanto sostiene dKhubiev, che l'Accordo russo-ucraino per i mari Nero e d'Azov era direttamente collegato al Trattato di amicizia firmato dai due paesi nel 1997, da cui però l'Ucraina si è ritirata lo scorso settembre, ( in ottobre, poi, Poroshenko ha firmato una serie di decreti che stabiliscono i nuovi confini ucraini nei mari Nero e d'Azov) nonostante molti giuristi avessero avvertito che il ritiro dal trattato avrebbe pregiudicato la posizione ucraina in caso di controversie sui confini.


Dopo l'incidente, Mosca ha chiesto la convocazione del Consiglio di sicurezza ONU, credendo, come scrive l'ex vice Ministro delle finanze USA, Paul Craig Roberts, che “in occidente regni la sovranità della legge: in questo modo la Russia si sta scavando la fossa, permettendo a Washington e agli ucronazisti di uccidere la popolazione russa nel Donbass. Dal momento che Washington controlla l'interpretazione del diritto internazionale, la salvaguardia dell'egemonia di Washington continua a rappresentare una sfida all'esistenza della Russia”. Non molto dissimile il commento dell'ex deputato alla Rada ucraina Oleg Tsarev, che ha detto che l'errore principale di Mosca è stato quello, a suo tempo, di non intervenire in appoggio a Janukovic, di riconoscere quindi l'attuale governo ucraino e il presidente Poroshenko e di non aver permesso alle milizie del Donbass di arrivare fino a Kharkov e Mariupol: “il risultato è la situazione odierna”, ha detto.

 

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