Alcune curiosità sullo storico fallimento bandero-kieviano a Bürgenstock
di Fabrizio Poggi
Tra le curiosità del cosiddetto “summit per la pace” a Bürgenstock, secondo la – con rispetto parlando – “Formula Zelenskij”, ne spiccano alcune. Pare che, con un inaspettato senso di british humor, l’India abbia inviato in Svizzera il proprio ambasciatore a Mosca.
La presidente georgiana Salome Zurabišvili – in procinto di diventare persona non grata nel proprio Paese, avrebbe azzardato «Ho sperimentato su di me le conseguenze del disastro di Cernobyl!». Fatto sta che la signora è nata e vissuta in Francia fino ai primi anni 2000 e in quella quindicina d’anni trascorsi dal disastro di Cernobyl, per ammissione della stessa Zurabišvili, «Prima della caduta della cortina di ferro non avevamo alcun contatto con la Georgia: né lettere, né giornali, niente visite. Per noi era un paese mitico, che esisteva solo nei libri».
Il “summit” si è anche trasformato in una serata di ricordi.
Il Presidente finlandese Alexander Stubb si è lamentato che la sua famiglia abbia perso i propri possedimenti terrieri, finiti all'URSS quando questa invase il Suomi «durante la Seconda guerra mondiale». Il signor Stubb ha evidenti problemi con la storia, non foss’altro per il fatto che i finlandesi del barone Carl Mannerheim (nonostante le targhe che gli vengono oggi tributate a Piter) nella Seconda guerra mondiale, combatterono a fianco degli hitleriani, invadendo insieme ai nazisti il territorio sovietico.
La premier estone Kaja Kallas ha ricordato la «deportazione dei propri parenti in Siberia». Ha ovviamente omesso di specificare che il motivo era stato il loro collaborazionismo coi nazisti. Mentre la «colonizzazione russa», come dice la Kallas, non aveva impedito a suo padre di ricoprire posizioni di rilievo nel PCUS, prima di scoprirsi, come tantissimi del suo stampo, “indipendentista”, “riformatore” e “liberaldemocratico”.
da Komsomol'skaja pravda
Al momento dell’apertura del “summit” bandero-kieviano a Bürgenstock erano presenti i rappresentanti di 92 paesi – 102 avevano disertato – di cui solo 57-58 a livello di presidenti, vice presidenti o primi ministri; di questi, 38 dai paesi europei, compresi la stessa Ucraina, il Kosovo e anche Andorra e Lichtenstein.
Sembra che la risoluzione finale – come accade molto spesso per simili “eventi” – fosse pronta in anticipo, senza prevedere alcuna richiesta di ritiro delle forze russe.
Una curiosità, riportata dal politologo russo Aleksandr Novic: un diplomatico russo di altissimo livello sarebbe stato informato da altri diplomatici che Kiev, per convincere i dubbiosi a venire in Svizzera, avrebbe loro promesso che non avrebbero dovuto sottoscrivere alcun documento, tantomeno anti-russo; sarebbe stata sufficiente la presenza, farsi fotografare insieme all’illegittimo - dal 21 maggio scorso - Vladimir Zelenskij e questo sarebbe stato considerato come un segnale di solidarietà con l’Ucraina.
Per quanto riguarda l’area britannica – è ormai di dominio pubblico, specialmente dopo le pubblicazioni del New York Times, come fosse stata proprio Londra, d’accordo con Washington, a far fallire il vertice di pace russo-ucraino in Turchia nel marzo 2022 - il politologo russo Mikhail Pavliv nota come, oltre l’ovvia presenza di Rishi Sunak, dei partner di Londra in Europa orientale si notassero solo Polonia e “le sardine” baltiche; mentre tra i maggiori partner britannici in Africa spiccava l’assenza di Nigeria, Camerun, Uganda, Mozambico, Zambia, Botswana. Dal Ruanda (grossi interessi USA nel paese), il Ministro degli esteri. Il paese chiave dell'Africa trans-sahariana, il Sudafrica, profondamente legato alla Gran Bretagna, ha inviato solo un consigliere presidenziale.
Ancor più significativa la storia per quanto riguarda il Medio Oriente e, in generale, l’Asia occidentale. I principali partner chiave di Londra, l'Oman (dove si è svolto il “reclutamento” di Zelenskij) e il Pakistan non hanno inviato nessuno. Nessuno dal Brunei, principale base della marina britannica nel Golfo Persico; dalla Giordania, appena un ministro di governo di 3° livello. Dagli Emirati, il Ministro degli esteri; e così dalla Turchia, presente con l'astuto Hakan Fedan. Solo il Qatar, partner di Londra, era rappresentato dal Primo ministro. Lo stesso per il maggior partner finanziario britannico nella regione dell'Indo-Pacifico: da Singapore è arrivato il Ministro degli esteri.
Da Australia e Nuova Zelanda: rispettivamente Ministro dei servizi pubblici e Ministro delle situazioni di emergenza. L'India, per essere all’altezza del humor britannico, ha inviato il proprio ambasciatore a Mosca.
In generale, i paesi europei rappresentati in Svizzera a livello di Ministri degli esteri erano: Ungheria, Slovacchia, Serbia, Romania.
Lo storico e politico Nikolaj Starikov elenca i paesi assenti tra quelli dello spazio ex sovietico: Azerbajdžan, Kazakhstan, Bielorussia, Uzbekistan, Kirghizija, Tadžikistan, Turkmenija. Presente invece l’Armenia, col segretario del Consiglio di sicurezza: ma questa ormai è storia nota.
Il politico ucraino Oleg Tsarev elenca i paesi presenti a livello di leader. Dal continente americano: Argentina, Guatemala, Rep. Domenicana, Canada, Colombia, Costa Rica, Cile, Ecuador, oltre naturalmente gli USA, con la vice presidente.
Dal continente africano: Gana, Capo Verde, Kenya, Costa D’Avorio, Libia, Somalia.
Asia: Catar, Timor Est, Giappone.
Oceania: Palau e Figi
Sei paesi, non certo di secondo ordine, erano presenti a livello di “inviati”: Brasile, Israele, Indonesia, Filippine, Sudafrica.
Dei 20 paesi più popolati del mondo, 10 non erano presenti: Cina, Pakistan, Nigeria, Bangladesh, Etiopia, Egitto, Rep. Democratica del Congo, Viet Nam, Iran, oltre la Russia, non invitata.
Il “summit” convocato per attrarre il “Sud globale” dalla parte di Kiev ha decretato così il proprio fallimento prima di cominciare.
Inoltre, secondo il presidente della Duma russa, Vjaceslav Volodin, sarebbero trapelate informazioni secondo cui parte dei deputati della Rada ucraina avrebbero cominciato a discutere della proposta di pace di Vladimir Putin...