Andrea Zhok - Gli scricchiolii dell'ultima grande narrazione
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Con qualche semplificazione, ciò che sta emergendo nella stampa internazionale è che la Russia sta vincendo la guerra economica che le è stata dichiarata.
Ora, la ragione per cui questo sta avvenendo è interessante.
La Russia in termini di PIL oscilla tra il 2 e il 3% del PIL mondiale.
Il blocco che le si oppone (USA + UE + Oceania e Israele) rappresenta il 50% del PIL mondiale. Se fosse una guerra reale, sembrerebbe senza storia.
Tuttavia da questo quadro emerge un pregiudizio teorico fondamentale che accomuna l'intero Occidente in una macroscopica illusione ottica. Noi, la parte del mondo dove il capitalismo è nato ed è cresciuto per primo, abbiamo oramai introiettato l'idea che il potere stia nell'economia e che l'economia sia il denaro: dunque chi possiede più denaro possiede più potere, punto.
Questo è quasi sempre vero sul piano delle esistenze individuali all'interno dei nostri stati ed è anche spesso vero per tutti i singoli stati che giocano con le carte con cui abbiamo scelto di giocare e far giocare. Però questo funzionamento generale delle nostre economie per così dire rimuove sistematicamente Marx per impalmare Milton Friedman, rimuove sistematicamente la realtà dei beni e dei servizi per sostituirla con la capacità ipotetica di comprarli, dunque con la disponibilità di denaro, di capitale.
Il nostro intero mondo occidentale è integralmente gravitante intorno ad una concezione del potere esemplificato dal grande potere finanziario.
Ed è vero, finché giochiamo con queste carte, quello è IL potere e noi tutti siamo sudditi da esso dipendenti.
Tuttavia sul piano geopolitico quel che si manifesta in questo momento è un duro ritorno alla realtà: il denaro vale finché ci sono beni da comprare e nella misura in cui ci sono; quando i beni scarseggiano il denaro tende a trasformarsi nella convenzione che è (inflazione).
Il trucco capitalista sta di norma nel nascondere questa realtà attraverso gli atti di proprietà con cui dispone di risorse naturali, di fonti primarie, di esseri umani (forza lavoro): tutto incatenato da contratti e da pezzi di carta con cui il pianeta tutto è avvolto e coperto e soffocato.
Possediamo interi paesi del terzo mondo perché ci sono debitori.
E siamo a nostra volta posseduti da altri creditori inapparenti, opachi e remoti.
Ma nel caso russo ci siamo trovati di fronte ad un nano economico che però è economicamente un fornitore di beni primari, quelli da cui a cascata acquisiscono valore tutti gli altri.
E inoltre (cosa assai fastidiosa, che di solito non succede) questi beni primari sono assai ben difesi militarmente, e quindi non possiamo fare come al solito, cioè appropriarcene con qualche scusa flamboyant (qualche tinteggiata di nobili intenti, di missioni civilizzatrici, di diritti umani invocati dai media e zaac, ci intaschiamo le risorse altrui e facciamo anche bella figura a casa.)
No, qui quello che sta succedendo è che la narrazione del capitale - quella narrazione dove non ci chiediamo mai come fosse possibile che nel 2007 le capitalizzazioni finanziarie fossero 14 volte il PIL mondiale - sta scoppiando come una bolla finanziaria qualunque.
C'è chi aveva detto che le grandi narrazioni erano defunte nell'epoca postmoderna. Ma in effetti esse erano state sostituite da un'ultima narrazione, così onnicomprensiva da non sembrare tale, da sembrare la pura e semplice realtà. E così, dopo esserci inebriati di virtualità, di iperconnessione, di transumanesimo fighetto e di mercatismo finanziario, scopriamo che tutto questo esiste e vale se e finché ci sono schiere di Morlock, di Nibelunghi ingobbiti che lavorano per noi nelle viscere della terra, se e finché ci sono ferro e legno e terra che "magicamente" si trasformano in prodotti sugli scaffali dei supermercati (magari anche con il bollino "ecosostenibile").
Tutto questo sogno virtuale dei "padroni del PIL" si rivela per quello che è: un incubo per la maggior parte dell'umanità che avviene fuori dalla vista delle telecamere, ed un'illusione destinata a esplodere in faccia a tutti quanti noi più rapidamente di quanto chiunque si fosse aspettato.