Andrea Zhok - La Sudditanza Culturale, la causa principale della crisi permanente italiana

4865
Andrea Zhok - La Sudditanza Culturale, la causa principale della crisi permanente italiana

 

di Andrea Zhok*

 

La situazione di crisi perdurante e priva di apparenti sbocchi in cui si muove l’Europa tutta e l’Italia in modo particolare è un problema che va molto al di là della perdita di status internazionale, della perdita di benessere, della perdita di competitività, dell’aumento della povertà e della disoccupazione (tutte cose, naturalmente, parecchio gravi).

Il problema di fondo è che esistere per lunghi periodi in una condizione di crisi permanente, percezione di declino e mancanza di prospettive produce un graduale ma sistematico abbattimento della stessa voglia di vivere, della “vitalità primaria” di chi è avvolto in questo sudario storico. 

Le cause di questa condizione sono molteplici e possono (e devono) essere analizzate in grande dettaglio sul piano empirico, storico, economico. 

Possiamo prenderla larga e far partire l’analisi dalla sconfitta nella seconda guerra mondiale, con susseguente condizione di paese occupato. 

Possiamo concentrarci su apparenti “errori” più recenti, come il suicidio industriale decretato dal riorientamento dei rifornimenti energetici dalle fonti prossimali (Libia, Russia) a quelle del maggior competitore diretto (USA).

Possiamo condannare la struttura oligarchica e tecnocratica dell’Unione Europea, drammaticamente fallimentare nell’unica cosa che ufficialmente ne giustificava l’esistenza, ovvero far valere il peso economico dell’Europa come leva per ottenere uno status internazionale di maggior rilievo, con accresciuta capacità di difendere l’interesse dei popoli europei, ecc..

In questo contesto, spiace dirlo, ma le classi dirigenti italiane sono da tempo le peggiori, quelle più manifestamente succubi di pressioni e condizionamenti estranei agli interessi del popolo italiano. Le classi dirigenti italiane, da Monti a Draghi, da Renzi a Meloni, sono sempre le prime e più sollecite a volersi mostrare ossequienti ad interessi allotri, opachi, inconfessabili e rigorosamente estranei a qualunque cosa possa giovare al paese. 

Per rimanere agli ultimi giorni, basta vedere la rapidità fulminea e unica sul panorama internazionale con cui il “garante per la privacy” ha bloccato l’accessibilità di DeepSeek sugli app store di Apple e Google in Italia. È evidente a tutto il mondo come qualunque potentato politico o economico estero possa ottenere in Italia udienza immediata, esercitando le giuste pressioni su una classe dirigente inconsistente e dedita alla sola coltivazione del proprio interesse privato di breve periodo.

Queste e molte altre analisi sono legittime e possibili, ma a mio avviso, per evitare la dispersione e identificare il nucleo essenziale del dramma contemporaneo, ci sono due punti che dovrebbero rimanere al centro dell’attenzione nel lungo periodo.

Il primo è una cautela metodologica.  Tutte le persone di buona volontà (a quaquaraqua e vendipatria è inutile rivolgersi) devono prendere definitivamente le distanze dal principale gioco che paralizza ogni ricambio politico e di potere, cioè il gioco della contrapposizione fittizia tra Destra-Sinistra. Sembra incredibile, ma decenni di integrale intercambiabilità in tutte le politiche strutturali non hanno ancora convinto tutti del fatto che il “Gioco dell’Alternanza Bipolare” è solo un sistema per garantire l’irriformabilità assoluta, la stagnazione terminale del sistema. Ancora oggi c’è un sacco di gente che pensa in buona fede che sia importante “Abbattere la Destra al governo” (magari nel nome dell’antifascismo), o “Abbattere la Sinistra al Governo” (magari nel nome dell’anticomunismo). Il fatto che questo gioco continui a funzionare in teste apparentemente abili è uno dei misteri più sconcertanti, qualcosa che spinge al più radicale pessimismo antropologico. Il fatto che ci sia gente, tanta gente, che si dedica anima e corpo all’identificazione quotidiana di dettagli estetici aborriti, di destra o di sinistra a seconda della bisogna, deprime le speranze di cambiamento.

Il secondo punto è un elemento di sostanza politica e culturale (radicalmente culturale e perciò politica). La cornice di fondo che permette l’autoperpetuarsi senza apparenti vie d’uscita della nostra condizione di scacco è determinata da un profondo e radicato ASSOGGETTAMENTO DELL’ANIMA. Se è vero che di venduti e corrotti ce n’è a mazzi, sarebbe tuttavia sbagliato pensare che il problema italiano (ed europeo) stia primariamente nella presenza di questi personaggi a libro paga di stati esteri o multinazionali. Ci sono, come ci sono dappertutto, ma il problema è più radicale. Esso sta nel fatto che nel profondo delle convinzioni di gran parte degli intellettuali, degli accademici, dei giornalisti, dei politici di questo paese si è imposta da tempo, senza remore, l’adesione inconsapevole ad un paradigma “americanista”. Cosa intendo qui per “americanismo”? Intendo una formulazione ideologica virulenta quanto sprovveduta, che aderisce senza resti all’IMMAGINE PUBBLICITARIA che gli USA hanno proiettato di sé, dal dopoguerra ad oggi. In buona parte quest’immagine afferisce all’autointerpretazione liberale. Ma essa non è stata accolta sulla base di pensose riflessioni sulle virtù del libero mercato, sulle dinamiche dello stato di diritto, sul costituzionalismo liberaldemocratico, o simili; no, essa è stata accolta per osmosi mediatica e cinematografica. Semplicemente, Nando Mericoni si è riprodotto e i suoi figli e nipoti hanno fatto carriera; e diversamente dal capostipite di “Un Americano a Roma”, non hanno più la falsa coscienza di chi è ancora con un piede in un altro mondo, ma vivono interamente in quella bolla culturale. Vi vivono dentro in maniera talmente integrale da credersi talvolta ancora tutt’altro, da credersi eredi di comunisti o fascisti o democristiani, mentre sono copie di proiezioni pubblicitarie altrui. In verità non c’è stupidaggine, non c’è degrado, non c’è paranoia nata al di là dell’Atlantico che non si sia aperta un varco trionfale nelle menti delle classi dirigenti italiane, dagli anni ’80 ad oggi. 

L’“internazionalizzazione” culturale è diventata sinonimo di “fai come gli americani, che fai bene”. Dai modelli privatistici dei servizi pubblici alla venerazione di facciata del competitivismo, dai “figli dei fiori” ai “rapper, dall’importazione dell’eroina a quella del woke, non c’è cattivo esempio che non sia stato diligentemente seguito. La tempesta di penosi inglesismi da parvenu che imperversa nelle produzioni della burocrazia pubblica è il segno più diretto di questa sconfitta.

Ciò che è essenziale comprendere è che questo “americanismo”, non è qualcosa di cui l’America sia vittima. Per gli USA si tratta di ciò che sono, e, come tale, può essere messo liberamente e pragmaticamente in discussione (è successo più volte, in qualche misura sta accadendo anche oggi). 

Per noi invece no, è un’ideologia, una tacita visione del mondo e del bene, stereotipata, ottusa quanto solo un’ideologia assorbita passivamente può essere. Questo fatto, culturalmente tragico, è ciò che rende la posizione odierna dell’Italia (e dell’Europa) particolarmente triste e particolarmente pericolosa. 
È su questo sfondo che si comprende come l’Europa si mostri comicamente disposta a sfidare la Russia (o la Cina), continui a segnalare pubblicamente tutto il proprio disprezzo culturale nei confronti dei “barbari orientali”, bruciando tutti i ponti di dialogo, insista nel proseguire politiche non solo stupide, non solo ingiustificabili, non solo controproducenti, ma anche operativamente insostenibili. 

Tutto il mondo sa che l’Europa, nano politico e militare, priva di risorse naturali e con una demografia in collasso verticale, non potrebbe permettersi di affrontare da sola la Russia neppure se convertisse metà del PIL a spesa militare. Si tratta di un delirio inaccettabile per la stragrande maggioranza della sua popolazione ad ogni livello. Ma non per classi dirigenti che hanno fatto dell’autonarrazione pubblcitaria di Hollywood la propria visione del mondo.

Ecco perché, tra tutti i compiti politici odierni, forse il più fondamentale non è qualcosa di tipicamente “politico”. Si tratta di impegnarsi in un faticoso lavoro di ricostruzione. Si tratta di ricostruire con dedizione, in un processo che non può che essere pluridecennale, un retroterra di autonomia culturale, in parte dissotterrando un passato glorioso, in parte assumendosi l’onere di innovarlo (laddove “innovare”, finalmente, non sarà più sinonimo di “copiare dagli USA”).

 

* Post Facebook del 2 febbraio 2025

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

L'attacco della Cina e' a Wall Street (e alle sue bolle) di Giuseppe Masala L'attacco della Cina e' a Wall Street (e alle sue bolle)

L'attacco della Cina e' a Wall Street (e alle sue bolle)

Francesco Erspamer - C'era una volta i conservatori che conservano... di Francesco Erspamer  Francesco Erspamer - C'era una volta i conservatori che conservano...

Francesco Erspamer - C'era una volta i conservatori che conservano...

Cecilia Sala, Abedini e le formiche internazionali di Paolo Desogus Cecilia Sala, Abedini e le formiche internazionali

Cecilia Sala, Abedini e le formiche internazionali

Venezuela, il calendario dei popoli e l'agenda di chi li opprime di Geraldina Colotti Venezuela, il calendario dei popoli e l'agenda di chi li opprime

Venezuela, il calendario dei popoli e l'agenda di chi li opprime

Israele, la nuova frontiera del terrorismo di Clara Statello Israele, la nuova frontiera del terrorismo

Israele, la nuova frontiera del terrorismo

La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo di Leonardo Sinigaglia La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo

La retorica "no border" e Salvini: due facce dello stesso imperialismo

Il Peyote insieme a Gesù nella Chiesa Nativa Americana di Raffaella Milandri Il Peyote insieme a Gesù nella Chiesa Nativa Americana

Il Peyote insieme a Gesù nella Chiesa Nativa Americana

Auschwitz, Zelenskij e il "Giorno della Vergogna" per l'Europa di Marinella Mondaini Auschwitz, Zelenskij e il "Giorno della Vergogna" per l'Europa

Auschwitz, Zelenskij e il "Giorno della Vergogna" per l'Europa

Democrack di Giuseppe Giannini Democrack

Democrack

72 ore di bipensiero oltre Orwell di Antonio Di Siena 72 ore di bipensiero oltre Orwell

72 ore di bipensiero oltre Orwell

Una strega, due spergiuri e il Segreto di Stato su Al Masri  di Michelangelo Severgnini Una strega, due spergiuri e il Segreto di Stato su Al Masri

Una strega, due spergiuri e il Segreto di Stato su Al Masri

La California verso la secessione dagli Stati Uniti? di Paolo Arigotti La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

La foglia di Fico di  Leo Essen La foglia di Fico

La foglia di Fico

Guerre E Conflitti. Oggi prevalgono sentimenti pacifisti di Michele Blanco Guerre E Conflitti. Oggi prevalgono sentimenti pacifisti

Guerre E Conflitti. Oggi prevalgono sentimenti pacifisti

Il 2025 sarà l’anno della povertà di Giorgio Cremaschi Il 2025 sarà l’anno della povertà

Il 2025 sarà l’anno della povertà

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti