Anno 2025, La grande vergogna italiana
di Michele Blanco
Siamo primi in disuguaglianza dei redditi in Europa con 10 miliardi sottratti al fisco che volano nei paradisi fiscali.
L’analisi della Cgia basata su uno studio del World Inequality Lab dimostra inequivocabilmente che l’Italia è il quarto Paese in Europa con la distribuzione più disuguale dei redditi. Inoltre nel nostro paese il 10% più ricco, in termini di redditi, intaschi il 37,1% del reddito mentre il 50% percepisca solo il 16,6% del reddito complessivo. Ad alimentare le disuguaglianze tra fasce più ricche e fasce più povere contribuisce l’alto livello di elusione ed evasione fiscale che da sempre contraddistingue il nostro Paese. Sempre secondo i dati World inequality Lab, citati nel suo rapporto annuale dalla Cgia di Mestre, tra i primi paradisi fiscali al mondo sono il principato di Monaco, il granducato del Lussemburgo, il Liechtenstein e le Channel Islands nel canale della manica. Tutti Paesi all’interno o nei pressi dei confini europei. Quindi i primi quattro paradisi fiscali al mondo si trovano nella Ue e sottraggono al fisco italiano almeno 10 miliardi di euro.
Sono circa ottomila, tutti compresi tra grandi imprenditori, sportivi e celebrità dello spettacolo italiani che hanno trasferito la residenza nel Principato di Monaco per non pagare le tasse sul reddito e sugli immobili. Ma anche in Lussemburgo ci sono 6 banche, una cinquantina di fondi d'investimento, alcuni istituti assicurativi e molte multinazionali italiane e straniere che operano facendo enormi guadagni nel nostro territorio. Così ogni anno, sottolineo ogni anno, sono sottratti all'erario italiano circa 10 miliardi di euro e il paese conseguentemente impoverisce.
Tutte le multinazionali che operano in Italia usufruiscono delle nostre infrastrutture materiali (porti, aeroporti, strade, ferrovie), ricorrono a quelle sociali (giustizia, sanità, scuola, università), sfruttano quelle immateriali (reti informatiche), senza però contribuire con le tasse, tutte le citate infrastrutture sono state costruite con soldi pubblici, soldi di tutti gli italiano onesti che pagano le tasse.
Inoltre per insediarsi in Italia le holding usufruiscono di agevolazioni, come incentivi pubblici e quando sono in difficoltà e devono affrontare situazioni di riorganizzazione aziendale ricorrono a piene mani alle indennità erogate dall'Inps.
Se tutti pagassero il dovuto lo Stato italiano incasserebbe molto di più e la maggior parte dei cittadini, che pagano onestamente le tasse, pagherebbe, di conseguenza, infinitamente di meno. L'Area Studi di Mediobanca mette in evidenza che nel 2022 le società controllate dalle prime 25 multinazionali del web presenti in Italia hanno fatturato 9,3 miliardi, ma hanno pagato all'erario una cifra ridicola di solo 206 milioni di euro di imposte.
Secondo l'Istat sono 18.434 le multinazionali estere presenti in Italia attraverso delle società controllate. Per contrastare quei paesi che applicano alle big company politiche fiscali compiacenti, dal 2024 è entrata in vigore la Global minimum tax. Ma il gettito previsto dalla sola applicazione dell'aliquota del 15% sulle multinazionali sarà comunque molto contenuto. Si stima che nel 2025 il nostro erario incasserà 381,3 milioni di euro, nel 2026 427,9 e nel 2027 raggiungerà i 432,5. Nel 2033, ultimo anno in cui nel documento si stimano le entrate, le stesse dovrebbero sfiorare i 500 milioni.
Di fronte di oltre 17,6 milioni di lavoratori presenti in Italia, gli occupati nelle multinazionali, sia estere o italiane) sono 3,5 milioni (il 20% del totale).
In questo contesto non ci dobbiamo meravigliare che con il nuovo anno gli italiani sembrano decisamente poco ottimisti sulle prospettive del nostro Paese. Come dargli torto, in particolare quelli appartenenti ai ceti popolari, due su tre degli italiani (il 61%, che sale all’80% nel ceto popolare) non si pensano a un possibile miglioramento della situazione complessiva dell’Italia, nella stessa direzione sono le aspettative di segno negativo sull’evoluzione dello scenario economico: 4 italiani su 10 (il 42%, che sale al 59% nel ceto popolare) prevedono una fase di recessione ed il 34% comunque di stagnazione; 6 su 10 (il 63%, che sale al 70% nel ceto popolare) si aspettano un aumento del costo della vita, molto probabile visto il recente blocco del passaggio del gas Russo. Di segno molto negativo anche le aspettative per alcuni aspetti di fondo del contesto generale con, al primo posto, l’86% di chi pensa che si confermino o addirittura peggiorino i tassi di violenza nella società, seguito dall’84% che indica le guerre in corso, dall’82% con i cambiamenti climatici e dall’81% con le gravi disuguaglianze sociali. Queste sono le principali evidenze che emergono dal report FragilItalia “Uno sguardo al futuro”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un sondaggio su un campione rappresentativo della popolazione, per testarne le opinioni sul tema.