Armi all'Ucraina: le parole del Papa e la loro manipolazione

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Armi all'Ucraina: le parole del Papa e la loro manipolazione

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“Papa Francesco afferma che armare l’Ucraina può essere ‘moralmente accettabile'”. Questo il titolo di un articolo del New York Times che riporta quanto dichiarato dal Papa in una conferenza stampa di ritorno dalla visita apostolica in Kazakistan.

LEGGI L’URLO


Le parole di Papa Francesco

Abbiamo scelto un titolo a caso di un autorevole giornale dell’Impero in considerazione del fatto che i giornali mainstream locali quando si tratta di temi sensibili, come appunto la guerra ucraina, si limitano a riportare pedissequamente la narrazione d’Oltreoceano.

Anzi, normalmente, nello zelo di dimostrarsi soldatini obbedienti, vanno addirittura ultra petitutum, come nel caso in specie, dove quel “può essere” del Nyt è stato rafforzato in un placet incondizionato all’invio delle armi a Kiev. Così, ad esempio, la nostra (loro) Ansa titolava: “Papa Francesco: ‘Armi all’Ucraina? Difendersi è lecito'”.

In realtà, il Papa non ha fatto altro che ripetere quanto ha sempre sostenuto la Chiesa riguardo la legittima difesa di una nazione aggredita, ma sull’inviare armi all’Ucraina, questo il tema della domanda posta, ha fatto una specifica molto significativa, che i media mainstream hanno pensato bene di dilavare.

Così Francesco: “Questa è una decisione politica, che può essere morale, moralmente accettata, se si fa secondo le condizioni di moralità, che sono tante e poi possiamo parlarne. Ma può essere immorale se si fa con l’intenzione di provocare più guerra o di vendere le armi o di scartare quelle armi che a me non servono più. La motivazione è quella che in gran parte qualifica la moralità di questo atto. Difendersi è lecito, ma anche una espressione di amore alla Patria” etc (Vatican.news).

Insomma, alla domanda ha risposto che occorre appunto vedere se dare le armi serve a difendersi o ha il solo scopo di allungare la guerra per lucrare sugli armamenti, che è appunto quel che tanti – i cosiddetti filo-putiniani, secondo la nouvelle vague maccartista – sostengono che sta avvenendo in questa guerra per procura contro la Russia che la Nato sta sostenendo fino all’ultimo ucraino. E probabilmente non è un caso che le perplessità di Francesco siano le stesso di quelle esposte dai critici di tale decisione.

Solo dopo, Francesco ha puntualizzato che la difesa della patria è, ovviamente, atto dovuto, anzi atto d’amore, secondo la sua valutazione. Così nelle parole del Papa non c’è alcun placet incondizionato a quanto sta facendo l’America e la Ue in questo conflitto.

Riflessione e dialogo?

Allo stesso tempo, non vogliamo arruolare il Papa tra i cosiddetti asseriti filo-putiniani, solo puntualizzare che, se pure le sue dichiarazioni non sono una  sconfessione recisa della “decisione politica” della Nato, suonano comunque come un invito alla riflessione.

Invito che fa il paio con quanto ha affermato di seguito, cioè che con la Russia occorre comunque cercare un dialogo per trovare vie di uscita dal conflitto, iniziativa che sembra fuori dall’orizzonte della Politica d’Occidente.

Peraltro, un cenno del tutto obliterato del suo discorso è quello riguardo al conflitto tra Azerbaigian e Armenia, che “si è fermato un po’ perché la Russia è uscita come garante”.

In questo tempo di fondamentalismi, nel quale la Russia deve essere dipinta come il male assoluto, questo cenno positivo suona in netta controtendenza (anche se poi Francesco ha dovuto pur aggiungere “garante di pace qui e fa la guerra lì”).

Informazione e manipolazione

Non abbiamo steso questa nota per tirare Francesco “per la manica”, nel caso specifico per la talare, e schiacciarlo su una posizione, cosa che peraltro non aggiungerebbe nulla alle possibilità di pace dal momento che il Papa non ha alcun potere in merito,  potendo solo pregare e suggerire ai fedeli di pregare il Signore perché ponga fine Lui a questa immane tragedia.

Si vuole solo evidenziare quanto sia manipolata, e in maniera anche volgare, la narrazione relativa alla guerra ucraina. Se non viene rispettata neanche una dichiarazione pubblica e facilmente verificabile del Papa – non un quisling qualsiasi – si può immaginare come sono trattati altri temi meno facilmente verificabili o non verificabili affatto su fonti sicure, essendo la verità ormai coincidente con la narrazione ufficiale.

Va da sé che tale manipolazione mediatica, alla quale sono consegnati o costretti i giornalisti mainstream, non è conseguenza della propaganda di guerra. La guerra infinita, di cui quella ucraina è solo l’ultima manifestazione, sono strutturate sulla menzogna organizzata, come ha dimostrato il suo momento epifanico, cioè la guerra in Iraq, con le immaginifiche armi di distruzione di massa di Saddam.

Colin Powel all’assemblea generale dell’ONU con la celebre provetta di antrace

Sul punto riportiamo l’inizio di un articolo di Philip Giraldi pubblicato sul sito del Ron Pual Institute: “È stupefacente quanti osservatori della guerra ucraina, che avrebbero dovuto averne una maggiore comprensione, siano inclini a prendere alla lettera le affermazioni delle ‘fonti’ che provengono in maniera esplicita dai diversi governi coinvolti nel conflitto”.

“Quei leader ingaggiati nell’inesorabile marcia degli Stati Uniti e dei loro alleati per trasformare la crisi dell’Ucraina nella terza guerra mondiale hanno di certo imparato la lezione che gestire la narrazione di ciò che sta accadendo è l’arma più potente che i falchi della guerra abbiano nel loro arsenale.

“Si ricorda come dopo l’11 settembre e prima della guerra in Iraq, la Casa Bianca di George W. Bush e i neocon del Pentagono abbiano mentito su quasi tutto per convincere l’opinione pubblica che Saddam Hussein era un megalomane terrorista armato di armi di distruzione di massa, descrivendolo come una figura paragonabile ad Adolf Hitler”.

L’Iraq in un certo senso è stata un’esperienza formativa per quanti al governo e nei media hanno fatto il lavoro pesante, propalando l’inganno a un’opinione pubblica per lo più ignara dei fatti. Ciò che stiamo vedendo ora in relazione all’Ucraina e alla Russia, tuttavia, fa sembrare l’esperienza dell’Iraq un gioco da ragazzi come audacia riguardo le presunte informazioni che fanno o non fanno notizia”.

“Noto, in particolare, che il recente attentato terroristico con un’autobomba alla giornalista attivista russa Darya Dugina da parte di un assassino ucraino ha fatto notizia per circa quarantotto ore prima di scomparire, ma non prima che la menzogna secondo cui il presidente Vladimir Putin ne fosse responsabile fosse fermamente radicata in un certo numero di articoli dei media mainstream”. Articolo bello, da leggere (cliccare qui).

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