"Bonus psicologico": 7 domande all'Ordine degli psicologi
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di Agata Iacono
Sono 175.000 le richieste all’Inps per usufruire del "bonus psicologo", a soli due giorni dallo 'start' alla presentazione delle domande.
Ad oggi, quindi, potrebbero avere accesso al bonus al massimo poco più dell’11% dei richiedenti.
Un successone, insomma...
La misura bonus psicologico, infatti, prevede lo stanziamento di 10 milioni di euro: considerando che l’importo che può essere assegnato va dai 500 ai 1.500 euro, (per un massimo di 50 euro a seduta), a seconda dell’Isee, le persone che potranno ottenerlo sulla base dell’importo minimo sono 20.000, circa l’11,4% di quelli che l’hanno richiesto finora, si legge su Ansa.
Intervistato su Tg1, il presidente dell'ordine degli psicologi, David Lazzari, lamenta che lo stanziamento di una misura ormai strutturale si è ridotto, non è sufficiente, perché gli italiani dopo il covid (Sic) manifestano sempre più disagio e patologie psichiche.
Ma va'?
E dov'era l'ordine degli psicologi quando questo enorme trauma, individuale e sociale, veniva provocato?
Dov'erano quando migliaia di italiani, novelli Antigone, non avevano più modo di elaborare il lutto, perché era vietato salutare e seppellire i parenti morti?
Dov'era l'ordine degli psicologi quando i bambini non potevano giocare, non si potevano muovere dal banco, non potevano festeggiare un compleanno, non potevano leggere il labiale per imparare a parlare, leggere, scrivere correttamente?
Lo sanno che almeno il 50% dei bambini delle scuole materne ed elementari deve andare dal logopedista e dall'esperto di psicomotricità, naturalmente a pagamento?
Questi bambini vengono bollati come ritardati, per loro si apre un percorso scolastico ad hoc, con libri "semplificati", insegnanti di sostegno, stigma con tanto di certificazione, bullismo e discriminazione.
Per sempre.
E dov'erano quando gli ospedali pediatrici denunciavano un aumento drammatico dei tentativi di suicidio dei giovanissimi, privati anche della socialità con i pari, dello sport, dei primi amori?
E dov'erano, quando le donne denunciavano violenze domestiche, costrette a convivere in lockdown?
E quando gli italiani erano costretti a chiudere i negozi, le aziende, licenziati o falliti dall'oggi al domani?
Invece di gridare allo scandalo, invece di denunciare una situazione sociale che vede le persone sempre più fragili, in una società privata dei punti solidi di cui parlava Bauman, sempre più chiusi in una bolla digitale, senza prospettive future in un contesto di guerra, intelligenza artificiale e ricerca spasmodica di conformista consenso, l'ordine degli psicologi si propone come deus ex machina salvifico e costoso.
Il disagio sociale, che è drammaticamente imploso (non esploso) con l'accettazione di illogiche divisioni familiari, stigmi da paria, ha lasciato una ferita profonda, sanabile solo se "la cura" parte da un'analisi critica di ciò che è stato, una presa di coscienza, una catartica riconquista del pensiero critico. Non certo con un tot di sedute individuali dallo psicologo a 50 euro a botta.
Parlo da sociologa, che ha l'onore di aver vissuto insieme al Maestro Basaglia tutta l'elaborazione della 180, a partire dall'occupazione dell'ospedale psichiatrico di Trieste fino alla dirigenza in un DSM, perché il disagio sociale non fosse più una vergognosa colpa e una malattia.
Sto assistendo ad una pericolosa regressione. Avevo già denunciato come il bonus psicologico fosse di per sé un messaggio sbagliato e fuorviante, una autoassoluzione dello Stato, delle istituzioni.
Oggi la situazione è gravissima.
Se non rientriamo nei parametri a tappe di crediti sociali e psicopass, la "colpa" è nostra, soggettiva, individuale.
Così devono sentirsi i bambini fin dalla prima infanzia: vincenti o falliti. In questo modo, anche con queste modalità, apparentemente assistenziali, si mina alla base la capacità di sviluppare un pensiero critico, di analizzare le cause sociopolitiche, di socializzare il disagio, di organizzare, in sintesi, la lotta di classe.
L'omologazione standard diventa l'unico obiettivo.
Il disagio sociale, che è drammaticamente imploso (non esploso) con l'accettazione di illogiche divisioni familiari, stigmi da paria, ha lasciato una ferita profonda, sanabile solo se "la cura" parte da un'analisi critica di ciò che è stato, una presa di coscienza, una catartica riconquista del pensiero critico. Non certo con un tot di sedute individuali dallo psicologo a 50 euro a botta.
Parlo da sociologa, che ha l'onore di aver vissuto insieme al Maestro Basaglia tutta l'elaborazione della 180, a partire dall'occupazione dell'ospedale psichiatrico di Trieste fino alla dirigenza in un DSM, perché il disagio sociale non fosse più una vergognosa colpa e una malattia.
Sto assistendo ad una pericolosa regressione. Avevo già denunciato come il bonus psicologico fosse di per sé un messaggio sbagliato e fuorviante, una autoassoluzione dello Stato, delle istituzioni.
Oggi la situazione è gravissima.
Se non rientriamo nei parametri a tappe di crediti sociali e psicopass, la "colpa" è nostra, soggettiva, individuale.
Così devono sentirsi i bambini fin dalla prima infanzia: vincenti o falliti. In questo modo, anche con queste modalità, apparentemente assistenziali, si mina alla base la capacità di sviluppare un pensiero critico, di analizzare le cause sociopolitiche, di socializzare il disagio, di organizzare, in sintesi, la lotta di classe.
L'omologazione standard diventa l'unico obiettivo.