Breve storia del conflitto Russo Ucraino

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Breve storia del conflitto Russo Ucraino

 

di Sandrino Luigi Marra

Von Clausewitz affermava: “La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi.”. Spesso è la reazione a modalità politiche da cui non si riesce per vari motivi a porre una soluzione o a trovare un accordo che pone rimedi a situazioni inascoltate. Ma cosa è accaduto in Ucraina che ha portato al conflitto e come nella realtà la storia stessa del conflitto si è evoluta? Cerchiamo di comprendere come si sono svolti gli eventi i “reali” e non propagandistici.

Il 24 agosto 1991, il Parlamento dell’Ucraina sovietica, la Verkhovna Rada, dichiara l’Ucraina uno “Stato democratico indipendente”, poco dopo il tentato colpo di Stato a Mosca organizzato per rovesciare Gorba?ëv, indicendo un referendum nazionale. Ai cittadini venne chiesto di approvare o respingere la dichiarazione del Parlamento. Il 92 per cento degli elettori ucraini approvò la dichiarazione di indipendenza, anche nelle zone del Paese che sembravano più legate a Mosca (a Donetsk e a Luhansk il “sì” ottenne l’84 per cento; in Crimea il 54 per cento). Uno dei principi fondanti della sua costituzione era divenire una nazione in cui l’ucrainità è definita dal principio civico per cui il popolo ucraino è composto da cittadini dell’Ucraina appartenenti a tutte le nazionalità e a tutte le etnie.

Nei primi anni duemila il paese oltre ad essere indipendente desidera essere neutrale e condividere rapporti tra le due realtà che geograficamente sono ad esse vicina, l’Europa ad Ovest, la Russia ad Est.

Nel 2004 elegge un Primo Ministro neutralista Victor Janukovyc che viene poi rimosso con gli eventi di Maidan, il movimento di protesta sorto all'indomani delle elezioni presidenziali del 21 novembre 2004, parte del più ampio fenomeno delle rivoluzioni colorate.

I primi risultati vedevano il delfino dell'ex presidente Leonid Ku?ma, Viktor Janukovy? in vantaggio. Ma lo sfidante Viktor Juš?enko contestò i risultati denunciando brogli elettorali, e chiese ai suoi sostenitori di restare in piazza fino a che non fosse stata concessa la ripetizione della consultazione.

A seguito delle proteste, la Corte Suprema ucraina invalidò il risultato elettorale e fissò nuove elezioni per il 26 dicembre. Questa volta ad uscirne vincitore fu proprio Juš?enko, con il 52% dei voti contro il 44% del suo sfidante. Il nuovo Primo Ministro si insediò il 23 gennaio 2005.

Nel 2010 viene eletto Janukovyc quale Presidente nel 2013 vince anche le elezioni politiche, la volontà del paese resta ancora una volta la neutralità. Quell’anno da parte europea si propone un accordo commerciale da 3 miliardi di euro che è il primo passo per una apertura ed una possibile entrata nell’Unione Europea. Janukovic si dichiara interessato, e nello stesso periodo la Russia offre un accordo commerciale con una unione doganale con Russia, Bielorussia e Kazakistan da dieci miliardi di Euro. Viene congelato l’accordo con l’Europa il quale oltretutto è difficile da sostenere per il suo paese poiché le richieste di prestiti sovvenzionati dalla BCE e le clausole per un futuro ingresso nella comunità prevedono un aumento del 40% del costo del Gas, un ridimensionamento per le spese del walfare. La Russia offre invece un prestito di venti miliardi di Euro con un accettabile interesse sulla restituzione, ed una riduzione del prezzo del Gas del 35%. Si ripetono di nuovo le proteste del 2004 Janukovic accoglie il delegato europeo per l’accordo, ma l’Europa dichiara che vuole rigettarlo perché l’Ucraina vuole troppi denari, contemporaneamente la Russia dice che possono coesistere un rapporto dell’Ucraina con ambo le realtà vicine, ma le proteste cambiano di nuovo, divenendo richieste di allontanamento del Presidente. Ma le proteste vengono guidate ad un certo punto da fazioni diverse, con la presenza e le dichiarazioni di attori diversi che dichiarano l’interesse statunitense alla cacciata di Janukovic.

Le manifestazioni degenerano ad opera di elementi di destra e neonazisti che portano all’intervento della polizia antisommossa. Janukovic promette cambiamenti, la costituzione di un nuovo governo con la presenza dei leader delle opposizioni. Il 21 Febbraio 2014 Janukovic con la mediazione di Russia, Francia, Polonia e Germania raggiunge una intesa di riforma costituzionale: governo di unità nazionale, elezioni anticipate entro dicembre. Ma la protesta degenera con infine un centinaio di morti e oltre mille feriti. Un perito Ucraino-Canadese che si andrà ad occupare della strage affermerà che cecchini spararono sulla folla innescando la tragedia, e che questi fecero fuoco dai palazzi occupati dai manifestanti, si giunse  così a sospettare l’intento di rovesciare il governo innescando un Golpe in seguito alla strage. Intanto sui social compare una telefonata intercettata tra incaricati governativi statunitensi dove si prospetta la sostituzione di Janukovic con Jaceniuk, e il 23 Febbraio dopo la fuga in Russia di Janukovic, l’occupazione del parlamento ed il rovesciamento della maggioranza viene nominato Jaceniuk.

Questi forma un nuovo governo con quattro dei ministri che appartengono a formazioni politiche neonaziste, mentre l’altra parte dell’Ucraina ovvero quella del Sud e dell’Est gridano al colpo di Stato scende nelle piazze. Jaceniuk per tutta risposta invia l’esercito, ne nasce così una guerra civile. Molti soldati Ucraini rifiuteranno di far fuoco sui propri connazionali e qui giunge l’intervento delle milizie armate; Battaglione Azov, Aidar, Nipro 1 e 2, compagnia "Tornado" (che diverrà ampiamente nota per un caso penale aperto in relazione a numerosi crimini commessi durante la guerra nel Donbass) che reprimono la rivolta con la forza uccidendo politici di sinistra e sindacalisti. La Crimea a questi fatti si ribella istituendo un referendum per dichiarare l’indipendenza ed il 96% dei votanti chiede l’annessione alla Russia.

Le forze armata russe occupano la Crimea mentre l’occidente che ha appena avallato l’indipendenza del Kossovo non riconosce l’indipendenza della Crimea andando contro lo stesso diritto internazionale dell’autodeterminazione dei popoli. Il 2 Maggio ad Odessa migliaia di persone che protestano contro il Golpe di febbraio vengono assalite da neonazisti e 42 persone muoiono tra le fiamme della casa del sindacato dove si erano rifugiati per sfuggire agli scontri. Nessun colpevole per i tribunali Ucraini. 11 Maggio referendum nel Donbass per l’indipendenza delle regioni di Luhansk e Donetsk le elezioni portano alla vittoria del sì rispettivamente per il’79% e l’86% degli aventi diritto al voto. Il 25 Maggio  2014 le elezioni per il nuovo presidente portano alla vittoria di Porosenko. Porosenko per stabilizzare la situazione porta alla realizzazione del patto Minsk 1 che prevede l’autonomia del Donbass, allontanamento delle armi pesanti, area di sicurezza larga 50 km. Ma il tutto in breve non si realizza, le milizie fanno pressione sull’esercito e riprendono i bombardamenti e le azioni di guerriglia verso le aree della regione di fatto è guerra civile. A Minsk l'11 febbraio 2015, tra i capi di Stato di Ucraina, Russia, Francia e Germania viene siglato il Protocollo  Minsk II: Il testo del protocollo è composto da 13 punti:

Assicurare un cessate il fuoco bilaterale immediato dal 15 febbraio 2015.

  1. Ritiro di tutti gli armamenti pesanti allo scopo di creare una zona di sicurezza tra entrambe le parti, di 50 km per artiglierie (di calibro superiore a 100 mm), di 70 km per sistema lanciarazzi multiplie di 140 km per versioni di questi ultimi a lunga gittata. In tale processo è prevista la collaborazione dell'OSCE con l'assistenza del Gruppo di Contatto Trilaterale sull'Ucraina.
  2. Consentire all'OSCE l'effettiva osservazione e la verifica del regime del cessate il fuoco e del ritiro degli armamenti pesanti.
  3. Il primo giorno dopo il ritiro, iniziare la discussione sulle modalità di conduzione delle elezioni locali e sulla futura forma di governo di alcune aree delle regioni di Donetsk e Luhansk. Entro 30 giorni dalla firma del protocollo il parlamento ucraino deve deliberare quali sono le aree soggette alla futura forma di governo.
  4. Prevedere con legge la grazia e l'amnistia e la proibizione di inchieste penali e condanne per coloro coinvolti negli eventi avvenuti nelle aree autonome delle regioni di Donetsk e Luhansk.
  5. Effettuare la liberazione e lo scambio di tutti i prigionieri e di coloro che sono stati illegalmente arrestati.
  6. Garantire l'accesso sicuro, la consegna, lo stoccaggio e la distribuzione di aiuti umanitari.
  7. Stabilire le modalità per il pieno ripristino delle relazioni socio-economiche, inclusi inter alia il pagamento di sussidi e pensioni.
  8. Ripristino del pieno controllo da parte ucraina del confine di Stato lungo tutta la zona di conflitto che deve aversi dal primo giorno dalla conduzione delle elezioni locali.
  9. Ritiro di tutte le formazioni armate straniere, inclusi i mercenari, e dei veicoli militari. Disarmo di tutti i gruppi illegali.
  10. Effettuare la riforma costituzionale in Ucraina attraverso l'entrata in vigore, entro la fine del 2015, della nuova costituzione che preveda come elemento cardine la decentralizzazione e prevedere una legislazione permanente sullo status speciale delle aree autonome delle regioni di DonetskLuhanskche includa, inter alia, la non punibilità e la non imputabilità dei soggetti coinvolti negli eventi avvenuti nelle citate aree, il diritto all'autodeterminazione linguistica, la partecipazione dei locali organi di autogoverno nella nomina dei Capi delle procure e dei Presidenti dei tribunali delle citate aree autonome.
  11. Discutere e concordare le questioni relative alle elezioni locali con i rappresentanti delle aree autonome delle regioni di Donetsk e Luhansk nell'ambito del Gruppo di contatto trilaterale in base a quanto previsto dalla legge ucraina sulle modalità dell'autogoverno locale nelle aree autonome delle regioni di Donetsk e Luhansk. Le elezioni saranno condotte con l'osservanza degli standard OSCE e l'osservazione dell'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'OSCE.
  12. Intensificare l'attività del Gruppo di contatto trilaterale anche attraverso la creazione di gruppi di lavoro per l'attuazione dei vari aspetti degli accordi di Minsk.

 

Nel 2017 negli USA è eletto presidente Donald Trump il quale allontana tutti coloro che in qualche modo avevano partecipato alle questioni ucraine e fomentato attori ed istituzioni, questi passano al partito democratico.

2019 Porosenko fa approvare in costituzione una clausola che vuole l’Ucraina membro dell’Europa e l’entrata nella NATO. Alle elezioni presidenziali Porosenko è sconfitto e viene eletto Zelensky, è chiara la volontà popolare, non si vuole entrare nella NATO consci che ciò è una palese dichiarazione di guerra alla Russia. Zelensky russofono e di origini ebraiche promette la cessazione delle ostilità nel Donbass, la lotta alla corruzione e la neutralità del paese. Il suo partito si chiama “servitore del popolo” come lo era la sua fiction televisiva, ricordando che Zelensky è un attore comico; la rete televisiva che mandava in onda il suo spettacolo appartiene ad un tale Kolomojs'kyj oligarca dei metalli, fuggito in Israele dopo aver derubato i correntisti della sua banca privata per ben 5 miliardi di euro, finanziatore di una trentina di milizie di estrema destra. Zelensky tra le sue prime azioni politiche chiama Putin con l’intento di fermare la guerra civile, ma poi si rimangia tutto pressato dalla destra estremista del paese. Riprende così il conflitto in Donbass, Zelensky di fatto rovescia ciò che aveva promesso in campagna elettorale. Nel 2019 Macron propone a Putin una soluzione chiamata Staenmeier, dal nome del Presidente tedesco; la proposta è superare lo stallo costituzionale ucraino attraverso elezioni regionali e la definizione di statuto di autonomia di Donetsk e Luhansk. Putin è d’accordo, lo è Zelensky e Trump incoraggia il procedimento, ma 10.000 nazionalisti scendono in piazza a Maidan incoraggiati da Porosenko gridando al tradimento e volendo le dimissioni di Zelensky. Il conflitto riprende. A dicembre Macron ci riprova definendo che la NATO è cerebralmente morta, invita all’Eliseo Putin, Zelensky e la Merkel per rilanciare gli accordi di Minsk. Putin ne chiede il rispetto, Zelensky rifiuta. 2021 Biden vince le elezioni, a giugno incontra Putin dove questi chiede garanzie per il rispetto degli accordi e il non allargamento della NATO ad Est, ma la risposta di quest’ultima sono tre mega esercitazioni militari in 4 mesi in Ucraina. La risposta Russa alle esercitazioni è l’ammasso di truppe al confine.

L’Ucraina e gli USA firmano un patto di sicurezza l’1 Dicembre Zelensky parla nuovamente di accordi per porre fine al conflitto in Donbass, ma piazza Maidan si riempie ancora una volta di proteste guidate da Porosenko. 15 Dicembre Putin propone degli accordi agli USA ed alla NATO in nove punti tra cui l’impegno comune a non partecipare ad attività che incidano sulla sicurezza di uno e dell’altro, niente entrata della Ucraina nella NATO e dei paesi ex sovietici tra cui le tre repubbliche baltiche, nessuno schieramento di armi nucleari. Il giorno successivo Stoltenberg in compagnia di Zelensky dichiara che è la NATO che decide chi deve entrare nell’organizzazione e non Putin.

Si grida per settimane all’invasione e ai primi di Febbraio del 2022 Macron vola da Putin che gli dice che non vuole l’escalation e che non c’è sicurezza per l’Europa se non c’è sicurezza per la Russia. Poi si reca da Zelensky con la dichiarazione della volontà di Putin ad accettare nuovamente accordi sul Donbass per giungere alla pace. Blinken invece risponde con “porte aperte per l’Ucraina nella NATO”. 9 Febbraio, Zelensky cambia ancora idea e dopo aver promesso di rispettare Minsk, a Macron dice di non voler più mantenere la parola data, non accetterà gli accordi di Minsk; si accentuano gli attacchi in Donbass. La Russia aumenta le truppe al confine, e dice di non volere l’invasione ed il 14 Febbraio Lavrov dichiara che c’è ancora spazio per il dialogo ma che non c’è un tempo infinito. Scholz si reca a Mosca poi a Kiev chiedendo a Zelensky di rinunciare all’entrata nella NATO dichiarando oltretutto che ciò non è in agenda e Zelensky risponde che tale ingresso è un sogno remoto. Ma gli USA imperterriti continuano a dire che l’Ucraina deve entrare nella NATO.

18 Febbraio Kamala Harris dichiara che Putin ha già deciso per l’invasione.19 Febbraio Scholz ancora una volta prega Zelensky di non dare adito al conflitto e di rinunciare all’entrata nella NATO ma Zelensky rifiuta di dichiararlo. Macron prova ancora a mediare con una lunga telefonata a Putin il quale risponde che non c’è ancora chiusura ma  gli  attacchi nella regione del Donbass si incrementano e le popolazioni chiedono il 21 alla Russia di riconoscere la loro indipendenza. Putin che fino ad allora non l’ aveva fatto la riconosce. Il 22 Febbraio Donetsk e Luhansk chiedono alla Russia assistenza militare contro il l’intensificarsi degli attacchi, Usa, Gran Bretagna e Unione Europea annunciano sanzioni. Zelensky non crede ancora all’invasione e continua con le azioni militari, l’ambasciatore Russo all’ONU dice di non perseguire con l’atteggiamento e seguire la via diplomatica senza nuovi bagni di sangue in Donbass.

23 Febbraio Biden invita Francia e Germania ad interrompere ogni colloquio con Mosca annuncia ancora l’invasione che infine il 24 Febbraio avviene. Nel giro di poche settimane Zelensky con l’intermediazione della Turchia cerca una risoluzione al conflitto, la Russia si siede al tavolo negoziale e contemporaneamente ritira parte delle truppe di invasione in segno di buona volontà, ma il Britannico Boris Jhonson ad Aprile 2022 si reca ad Ankara e gli accordi ad un passo dalla sottoscrizione vengono annullati. Da quel momento è storia che conosciamo. Nel maggio del 2022 Petro Porošenko ha dichiarato in un'intervista al Financial Times che gli accordi di Minsk sono stati un successo in quanto avevano mantenuto i russi oltre i confini dell'Ucraina congelando il conflitto ma concedendo del tempo al paese per ripristinare l’economia e creare delle potenti forze armate.

Angela Merkel, in un'intervista alla rivista Die Zeit nel dicembre del 2022, ha dichiarato che gli accordi di Minsk non erano un tentativo di stabilire la pace nell’Ucraina dilaniata dalla guerra, ma che sono stati un tentativo "di dare tempo all'Ucraina" di ricostruire il suo esercito. Dunque infine ritornando al punto di partenza come scriveva Von Clausewitz “La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi.” una politica che chiedeva delle garanzie e delle autonomie, una politica inascoltata che si è risolta nel peggiore dei modi ovvero la guerra, con una serie di azioni e dichiarazioni che danno adito a pensare che dunque non c’è stata una sola strada decisionale a senso unico, ma che “forse” si è spinto all’azione del perseguire con altri mezzi richieste politiche restate inascoltate. E dunque sarà la storia che indicherà responsabili e corresponsabili oltre ad irresponsabili che giocando al risiko della politica altro non hanno fatto che guidare sulla strada del conflitto. Ai posteri la sentenza. 

 

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