Brevi considerazioni a freddo dopo la manifestazione pacifista del 5 aprile
di Vincenzo Brandi
La piena riuscita della grande manifestazione pacifista del 5 aprile a Roma dimostra la volontà di pace e di uscita dalla guerra espressa dalla maggioranza degli Italiani anche in numerosi sondaggi.
Le decine di migliaia di persone scese in piazza in un clima quasi festoso di grande partecipazione hanno rappresentato visivamente questa diffusa volontà di pace e di opposizione al riarmo.
Questa sensazione è stata confermata da quanto ho potuto vedere personalmente nel corso del corteo, in cui erano presenti anche vari striscioni e cartelli contro la russofobia e l’atteggiamento guerrafondaio della UE. Non sono mancati anche molti slogan a favore della liberazione della Palestina, nonostante la scarsità di bandiere palestinesi.
Vi sono state, prima e dopo la manifestazione, discussioni accese tra militanti ed organizzazioni della sinistra pacifista ed antimperialista sull’opportunità di partecipazione alla manifestazione indetta da 5 Stelle, viste le passate ambiguità di questa formazione che in passato aveva votato in favore dell’invio di armi a sostegno del governo nazi-fascista di Kiev e della continuazione della guerra.
Ritengo però sbagliata la scelta di alcune di quelle organizzazioni, pur antimperialiste, di non partecipare alla manifestazione dove era presente una grande massa di cittadini, pur molte volte non perfettamente definiti politicamente, ma comunque animati da sinceri sentimenti pacifisti e anti-UE.
Se è vero che le ultime scelte del movimento 5 Stelle e di Conte possono essere tacciate di opportunismo, non è da sottovalutare l’intelligenza (o, se si preferisce, la furbizia) di chi ha colto la direzione del vento e si comporta di conseguenza votando contro il riarmo al Parlamento Europeo. Non si può nemmeno criticare l’eccessiva presenza di esponenti, parlamentari e simpatizzanti di 5 Stelle. Se erano loro gli organizzatori, avrebbero dovuto nascondersi? A questo proposito appaiono invece patetiche le partecipazioni di una delegazione del PD e di “pacifinti”, come Flavio Lotti, reduci dalla manifestazione di segno opposto e guerrafondaia del 15 marzo a piazza del Popolo.
Penso siano quindi da condividere le considerazioni in merito già svolte da compagni e amici come Agata Iacono, Fulvio Grimaldi (o Maurizio, Pina, Vilma e i tanti di cui non faccio nomi e cognomi), e da non condividere in questo caso le critiche alla partecipazione alla manifestazione espresse da un filosofo, di cui in genere apprezzo le tesi intelligenti, come Andrea Zhok.
Particolarmente errato ritengo sia stato l’atteggiamento di qualche gruppo che si sente il solo depositario di eredità leniniste e ritiene di costituire un’avanguardia di tipo bolscevico. In questo caso si rimane prigionieri di un modo di operare che presuppone il compito di guidare masse, che però stanno da un’altra parte, condannandosi ad un perpetuo minoritarismo.
Mi riferisco non tanto alla contemporanea manifestazione di Milano cui hanno comunque partecipato compagni del Nord che avevano rinunciato al viaggio a Roma, ma piuttosto a ridotte manifestazioni avvenute nello stesso giorno a Roma, che -pur se fatte in buona fede e magari già programmate da tempo – hanno rischiato di apparire come boicottaggio della grande manifestazione di Piazza Vittorio conclusasi ai Fori Imperiali.