"Capitalismo green": la resistenza sarda non si ferma
di Angela Fais*
E’ di qualche ora fa la notizia dell’incendio, di cui si sospetta la natura dolosa, che stanotte è divampato in località ‘Su Paldu’, presso Selargius, Comune del cagliaritano, e che ha lasciato solo cenere del presidio fisso che cittadini e comitati avevano creato mesi fa per contrastare gli espropri coatti delle terre resi esecutivi per far posto al parco eolico di Terna.
Già questa estate infatti numerosi comitati, associazioni civiche, sindaci e moltissimi semplici cittadini hanno promosso una proposta per resistere a quella che si presenta come la speculazione più indegna e scandalosa di tutti i tempi. E’ stato dato il via a una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare cui è stato dato il nome di “Pratobello 24”, in memoria della gloriosa mobilitazione popolare antimilitarista avvenuta a Orgosolo tra il 1968 e il 1969 per evitare la realizzazione di un poligono fisso per esercitazioni militari. La raccolta firme ha avuto un successo clamoroso; sono state infatti raccolte più di 200mila firme, a fronte delle 10.000 necessarie e di una popolazione di aventi diritto di circa 1milione470000 mila abitanti.
Dal 2 ottobre 2024 si attende la sua discussione in seno al Consiglio Regionale della Sardegna ma quest’ultimo non l’ha neppure calendarizzata. La proposta si prefigge di regolamentare l’installazione degli impianti eolici e fotovoltaici al fine di proteggere il territorio da autorizzazioni sconsiderate. All’interno del testo vengono infatti delineate soluzioni strategiche innovative, tra cui l’isola dell’idrogeno – per puntare alla totale indipendenza energetica della Sardegna e, in via sperimentale, una apertura all' idrogeno verde e pubblico"– e la promozione di comunità energetiche comunali, provinciali e regionali. I comitati ci tengono a ribadire che non sono contro la transizione energetica tout court ma chiedono che questa non venga imposta da Roma e dalle multinazionali e che sia la Sardegna a individuare le cosiddette “aree idonee” agli impianti. Quello di “aree idonee” è un concetto critico, la cui definizione è fornita dal Decreto Draghi ma assai contestata.
Secondo il suddetto Decreto per rendere idonea un’area sarebbe sufficiente solo uno spazio aperto che consenta la realizzazione di impianti, in barba al rispetto del territorio e dell’ambiente. La proposta di legge Pratobello 24 si propone invece la tutela del territorio sardo. Questo è caratterizzato da molteplici specificità sia in termini storico-culturali, ricordiamo che la Sardegna ha un patrimonio archeologico unico al mondo, sia in termini di geomorfologia. La tutela di esso sarebbe attuata attraverso lo sfruttamento e la valorizzazione delle superfici di tetti, dei parcheggi, delle pertinenze ferroviarie e stradali sfruttando i bordi strada. Queste ultime soluzioni in particolare consentirebbero di evitare lo scasso per la posa in opera dei cavi e per le relative eventuali riparazioni, con una significativa riduzione dell’impatto ambientale che diversamente sarebbe devastante. Ed anche di raggiungere 3 GigaWatt di potenza installata nell’assoluto rispetto di ambiente e cultura. Il 4/12/2024 però il Consiglio Regionale della Sardegna ha approvato a maggioranza un altro provvedimento legislativo. Parliamo della legge Regionale N.20. In riferimento alla trasmissione di Salvo Sottile, FarWest, andata in onda su RaiTre il 17/1/2025, interviene la Dott.ssa Mariagrazia Demontis, responsabile del Comitato di Gallura: “ la legge n.20 non osteggia affatto la transizione energetica. Non è vero che confinerebbe gli impianti soltanto nell’ 1-2% del territorio sardo. Infatti non sono state rilasciate le mappe delle localizzazioni precise delle aree disponibili, per cui questo conteggio senza carte alla mano è impossibile da farsi e sembrerebbe un discorso alquanto propagandistico”.
La principale criticità di questa legge, incalza la Dott.ssa Demontis, è che “ha un impianto normativo che appare molto fragile a differenza di quello della Pratobello 24. La Legge N.20 avrebbe dovuto disciplinare il territorio prima prevedendo una norma urbanistica che definisse tutte le aree di vincolo. E solo successivamente si sarebbe potuto adempiere alla individuazione delle aree idonee negli spazi rimasti disponibili dopo l’applicazione dalla prima norma. Ma la Todde pur potendo sfruttare la competenza dello Statuto speciale che assegna alla Sardegna facoltà di poter governare il territorio dal punto di vista urbanistico, non ha proceduto in tal senso. Quindi pur rimandando al decreto Draghi lo disattende dal momento che in esso le ‘aree non idonee’ sarebbero quelle in cui semplicemente non è possibile rilasciare autorizzazione accelerata; non si prevedono aree dove sussiste ‘divieto’ di installazione come invece accade con la legge 20. Se questa legge venisse impugnata cadrebbe immediatamente. Con la Pratobello invece abbiamo cercato di costruire un impianto normativo diverso. Ma non siamo stati ascoltati”, conclude la Demontis. Il territorio sardo resta ancora una volta terra di conquista, in balia di autorizzazioni ministeriali derivanti da criteri molto discutibili. Inoltre la Legge reg. n. 20 non prevedere un tetto massimo di potenza da installare. Per cui se dovessero essere approvati tutti i progetti presentati sino a oggi, si rischierebbe di raggiungere una quantità enorme di energia (56 GW addirittura) per la quale non esistono neppure infrastrutture adeguate. La rete in Sardegna infatti è antiquata e non dimensionata alla quantità di energia che verrebbe prodotta, risulterebbe quindi sovraccarica andando incontro a disservizi apocalittici per i cittadini ma non per le multinazionali per le quali è previsto che ugualmente siano pagate. Gli incentivi per contratto sono infatti erogati in base alla potenza installata e non a quella prodotta.
Il Comune di Selargius, come abbiamo detto è al momento una delle zone più colpite e in cui appunto già i primi parchi eolici stanno per essere installati, rientrando in progetti approvati già prima delle attuali normative. Il Dott. Gianluca Melis , proprietario di un terreno di famiglia da più di un secolo, ricevuto in eredità dal padre e già proprietà del nonno, è stato vittima di un esproprio di natura coattiva. Melis ci racconta che il suo terreno, rientra in una più vasta area di 17 ettari destinata al parco eolico realizzato da Terna. “Le ruspe sono arrivate di notte e hanno raso al suolo tutto. Il terreno infatti, fortemente produttivo è stato letteralmente devastato. Con un atto di resistenza eroica abbiamo creato un presidio fisso, giorno e notte. Ma a nulla è servito perchè le ruspe hanno proceduto senza pietà. Si è cercato di mettere a dimora nuovamente altri alberi ma questi sono stati spazzati via da una seconda visita delle ruspe avvenuta 4 mesi dopo. Stavolta oltre a una decina di cittadini tra cui Melis stesso, insieme alle ruspe erano sul posto: Digos, Carabinieri, Forestali, Polizia di Stato e Vigili del fuoco, per un totale di circa 400 uomini che hanno transennato tutta l’area vietando così di accedere alle campagne, instaurando un presidio militare durato più di 3 settimane. “Ora Terna si prepara a espropriare l’area adiacente di oltre 20 ettari -riferisce il dott. Melis - Il territorio di Selargius, altamente produttivo grazie alla fertilità dei terreni intensamente coltivati a vigneti, uliveti frutteti e mandorleti nonchè produttori dei capperi igp, è impoverito e presto completamente improduttivo”. Per fare spazio a ecomostri dalla tecnologia obsoleta fatta passare per “green” che in realtà viene riversata al sud solo per favorire soggetti privati a spese dei cittadini. Persino i soldi degli indennizzi degli espropri provengono dal PNRR e non sono esborsati dalle multinazionali.
“Alla Sardegna - dichiara il dottor Pisci, responsabile del Comitato Sarcidano - sono stati sempre imposti modelli di sviluppo avulsi dalle vocazioni locali la cui applicazione è stata traumatica, dolorosa e gravida di problemi economici. Questa speculazione, la transizione energetica sarda, presenta tutte le forme e le implicazioni del colonialismo più brutale”, continua il Dottor Pisci, facendo notare che questa transizione “è stata ‘suggerita’ a Bruxelles, pensata a Roma dal governo Draghi, e infine imposta a Cagliari attraverso la complicità e le omissioni della classe politica locale”. E ci parla di quel “filo rosso della Resistenza che il grande archeologo e paleontologo Giovanni Lilliu definì ‘Costante Resistenziale Sarda’ ”, un filo mai spezzato, sopratutto nelle aree rurali dell’isola che storicamente sono anche le più combattive. Fa un proclama col cuore il dottor Pisci a nome dei comitati e delle associazioni radicate nel territorio: “Noi che qui siamo nati e che abbiamo deciso di restare, di investire, procreare, in questo suolo sacro e bello , rivendichiamo il diritto alla autodeterminazione e diciamo ‘NO’ a ogni forma di colonialismo e dominio che ha sempre sfruttato la nostra splendida terra. Ci rifiutiamo di diventare ospiti a casa nostra, vampirizzati da soggetti bramosi di facili profitti che anelano al possesso degli ampi spazi della Sardegna, e del suo sole e del suo vento”. E promette che resisteranno in questa battaglia perchè si tratta della sopravvivenza culturale e antropologica del popolo sardo.