Caracas contro il fascismo e per la Palestina
Da una parte l'oligarchia, dall'altra il popolo e i suoi rappresentanti. Da un lato – il lato dell'imperialismo e dei suoi complici – le menzogne che alimentano la realtà virtuale, dall'altra la verità dello scontro di classe, stampata nei volti insanguinati delle migliaia di bambini uccisi a Gaza. Immagini che i partecipanti alla conferenza internazionale in solidarietà con la Palestina hanno esposto per tutto il tempo dell'incontro, innalzando cartelli con i dati del genocidio (quasi 50.000 morti). Erano presenti delegati di 119 organizzazioni, provenienti da oltre 50 paesi, dall'Africa, all'Asia, all'Europa e all'America latina.
In prima fila, un militante di Hamas su una sedia rotelle, ridotto così da uno dei tanti bombardamenti del regime sionista, e che ha trovato rifugio in Venezuela. La presenza dei più alti dirigenti del processo bolivariano, a cominciare dal presidente, Nicolas Maduro, e quella delle numerose rappresentanze internazionali (dal libano, all'Iran, dalla Siria alla Russia e alla Cina), non ha lasciato dubbi sulla chiarezza con cui il Venezuela analizza e appoggia il nuovo mondo multicentrico e multipolare: nel segno della pace con giustizia sociale. Nel segno del rispetto di tutte le religioni che confluivano nella sala, insieme alle voci di chi, pur sentendosi orfano del grande Novecento e delle promesse rimaste incompiute, pensa di colmare quel voto rinnovando l'impegno comune.
I due giorni di conferenza si sono svolti il 29 novembre – giornata della terra – e il 30, quando i partecipanti si sono recati al Cuartel de la Montaña per un omaggio alla tomba del comandante Hugo Chávez. Per l'occasione, la ex guerrigliera del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, Leila Khaled, ha tenuto un emotivo discorso. Il giorno prima, la storica militante marxista, protagonista di varie azioni armate compiute negli anni '60 e '70, aveva invitato a non fidarsi “della banda di Tel Aviv”, e aveva ricordato l'impegno internazionalista di Chávez e poi di Maduro.
“La Palestina è la nostra patria, il Venezuela è la tua patria”, aveva ripreso il presidente, sottolineando come l'ottantenne militante palestinese avesse “parlato con la forza dell'esempio”, da opporre oggi alle tante chiacchiere e distinguo che non sanno fermare il genocidio. Poi, Maduro ha ripreso il ragionamento di Leila, e invitato a non fidarsi della “falsa diplomazia”, che vuole zavorrare o intralciare i processi rivoluzionari, e che non mantiene la parola.
E qui si è riferito alla doppia faccia dell'opposizione fascista che, con una mano ha fatto ripetutamente finta di negoziare nei diversi colloqui internazionali organizzati con il governo bolivariano, mentre con l'altra organizzava sottobanco nuovi attentati destabilizzanti. Per l'occasione, il presidente ha firmato simbolicamente davanti ai partecipanti della conferenza la Legge organica Libertador Simón Bolívar per la Difesa della Pace e la Sovranità, che mette importanti paletti contro i reiterati tentativi destabilizzanti compiuti negli anni dall'estrema destra, dentro e fuori il paese.
Argini giuridici per colpire gli interessi economici dell'estrema destra, che prevedono la confisca dei beni per quanti incorrano nel delitto di tradimento, chiedendo sanzioni e intervento armato contro il paese; carcere fino ai trent'anni (in Venezuela non esiste l'ergastolo) per chi attacca con armi e mercenari l'istituzione, e inabilitazione perpetua dai pubblici uffici.
L'estrema destra, intanto, prosegue la sua campagna internazionale, appoggiata dalle istituzioni europee, e dai partiti del suo stesso orientamento, che con Trump stanno ricevendo nuova linfa, come si vede dai tentativi striscianti di sovvertire le istituzioni in Brasile e in Colombia. Per il 10 gennaio, quando è prevista l'assunzione d'incarico di Maduro, la destra minaccia di imporre il proprio candidato, giunto secondo con largo distacco alle elezioni presidenziali del 28 luglio, ma dicharato vincitore dalla sua compagine e dai suoi padrini occidentali.
Per questo, tra minacce e pantomime, Maria Corina Machado sta cercando di complicare il Natale dei venezuelani in vista dell'annunciato ritorno di Edmundo gonzález Urrutia, candidato di facciata di Machado. Negli ambienti d'estrema destra, si rincorrono ipotesi fantasiose. Una di queste sostiene che Urrutia arriverà al confine scortato da portaerei nordamericane e si giuramenterà nella zona contesa dell'Essequibo, per poi ripartire.
Di certo qualcosa dovranno pur tirar fuori dal loro sordido cappello magico, considerando la mole di denaro che è in ballo, tra finanziamenti di stati, ong, think tank, fondazioni e donazioni; e considerando l'avidità di cui ha dato prova il loro gruppo di squali in perenne litigio, ma infine pronti a ricompattarsi per riportare indietro l'orologio della storia.
Per il 1° di dicembre, Machado ha lanciato una campagna in rosso, con tanto di labbra dipinte e di mani immerse nella pittura, che hanno reso ancora più grottesco l'aspetto di questi personaggi, burattini che giocano col sangue altrui. Durante le giornate dedicate all'Internazionale Antifascista, terminate con l'approvazione di una serie di punti organizzativi, lo psichiatra Jorge Rodriguez, presidente dell'Assemblea Nazionale, ha analizzato i comportamenti psicotici di questa incarognita oligarchia in prospettiva storica, mentre il vicepresidente del Psuv, Diosdado Cabello, li ha messi alla berlina nel suo programma settimanale, Con el Mazo Dando.
“Qui l'unico rosso che si impone, è quello dei cuori bolivariani”, ha detto Maduro durante il comizio conclusivo di una marcia e varie manifestazioni culturali che si sono svolte nella capitale. Per tutti, è apparso visibile il messaggio subliminale insito nella campagna dell'estrema destra, che richiama la tecnica delle rivoluzioni di colore, con il corredo di violenza dissimulato dalle mani alzate, in quel caso dipinte di bianco, qui rivolte verso la faccia, e insanguinate.
Il fascismo adotta vari camuffamenti, si è detto nelle due giornate che hanno riunito promotori e promotore dell'Internazionale antifascista. Il capitalismo se ne serve per tentare di risolvere la crisi strutturale in cui si dibatte il suo modello devastante. Il capitalismo delle piattaforme lo adatta ai tempi e alle mode giovanili, e lo diffonde mediante la guerra cognitiva che, come si è visto in Venezuela, prende di mira le personalità meno strutturate e le trascina nella violenza cieca.
Durante una articolata conferenza stampa, il procuratore generale del Venezuela, Tareck William Saab, ha smontato in dettaglio la campagna di menzogna che, a partire dalla Corte penale internazionale, tenta di accreditare come “politici” gli autori di atti criminali che, per esempio negli Usa, dove esiste la pena di morte anche per i giovanissimi, finirebbero alla sedia elettrica. Perché negli altri paesi chi commette delitti è un criminale da punire, mentre da noi dev'essere considerato “un prigioniero politico” da liberare?
Il dibattito sull'Internazionale Antifascista, aperto e concluso dal viceministro degli Esteri, Rander Peña, anche con il lavoro dell'Università internazionale della Comunicazione, diretta da Tania Diaz, presente all'incontro, ha fornito strumenti d'analisi per smascherare la propaganda del nemico. I partecipanti, si sono impegnati a costruire forza, organizzazione e unità, e spazi di lotta comuni, senza frontiere.