Caterpillar Jesi: lotta senza tregua

Caterpillar Jesi: lotta senza tregua

Riceviamo e pubblichiamo in anteprima dalla redazione di "Cumpanis"

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di Laura Baldelli, redazione di "Cumpanis"


Il 10 dicembre 2021 alla Caterpillar Hydraulics di Jesi c’era aria di festa: brindisi per compleanni e soddisfazione per le lodi ed i riconoscimenti per la produttività, l’efficienza, la sicurezza, le competenze organizzative delle maestranze, anzi c’erano addirittura aspettative per una convocazione RSU in direzione che lasciava presagire…assunzioni. Così ci racconta Davide Fiordelmondo, delegato RSU FIOM-CGIL, lavoratore della Caterpillar da 25 anni, da quando la multinazionale americana rilevò la Sima industrie. 

Infatti la sede di Jesi è un fiore all’occhiello del colosso multinazionale di 97000 dipendenti con 500 stabilimenti nel mondo, di cui 3 in Italia, una realtà ritenuta da tutti solida, con il suo fatturato da 42 miliardi e gli utili al 4,6; lo aveva già ribadito anche il nuovo direttore francese Jean Mathieu Chatain, che però il 10 dicembre era arrivato con 3 guardie del corpo a comunicare la decisione irrevocabile del gruppo,  datata 2 dicembre 2021: la chiusura a fine febbraio dello stabilimento di Jesi per ragioni di mercato. Parliamo di 200 lavoratori e lavoratrici a tempo indeterminato e 70 interinali, che, visti gli elogi e la convocazione, si aspettavano il regalo di Natale dell’assunzione. Ma non è andata così e Chatain è duvuto fuggire in auto protetto dai body-guard, dopo le reazioni delle maestranze. Oltre il danno anche la beffa, perché erano state anche distribuite dall’azienda le felpe che celebravano i 25 anni di successi e soprattutto si sono persino rubati anche il tempo: le festività porteranno via 25 giorni importanti per le azioni di trattativa e lotta sui 75 giorni previsti per legge.

Da subito è partita la mobilitazione: il 13 dicembre incontro alla Regione Marche con il Presidente Acquaroli e tutto il Consiglio che hanno espresso solidarietà e inviato una lettera al MISE per richiedere l’apertura di un tavolo per le trattative. I lavoratori/trici Caterpillar il 16 dicenbre erano anche a Roma per lo sciopero generale.

Nelle Marche in un solo mese hanno chiuso 492 aziende, che vanno ad aggiungersi alla desertificazione industriale del territorio di Fabriano e c’è seria preoccupazione tra tutte le forze politiche locali istituzionali di governo e di opposizione, ma entrambe hanno scelto il modello economico-sociale del neo-liberismo, per cui di che si stupiscono e si stracciano le vesti? Molti politici hanno partecipato alla manifestazione a Jesi del 23 dicembre con la città intera e dal territorio anche i sindaci hanno espresso vicinanza e solidarietà, compresa la Conferenza Episcopale Marchigiana, dichiarando che la Chiesa riconosce la giusta funzione del profitto, ma riconosce che non sempre il profitto è indice di servizio alla società; sottolineando, diremmo noi con le nostre parole, il comportamento predatorio ed antisindacale dell’azienda. Anche venerdì 7 gennaio i lavoratori erano in piazza, operai ed impiegate, sotto la Prefettura di Ancona, dove il Prefetto con umana disponibilità ha ricevuto i delegati, ringraziando anche il rispetto delle regole nelle manifestazioni di protesta e si è impegnato nel sollecitare il Ministero degli Interni, affinché l’artico 28 dello Statuto dei lavoratori sia rispettato e accolto in tempi utili nel ricorso per comportamento anti-sindacale depositato dai lavoratori presso il Tribunale di Ancona. 

E’ una corsa contro il tempo, rubato dalla Caterpillar. Fiordelmondo ci dice che tutto questo non basta: il mondo del lavoro non ha più una sponda politica, gli stessi lavoratori hanno perso la coscienza di classe: anche alla Caterpillar, la multinazionale “aveva lavorato” nel coinvolgimento dei lavoratori, nel farli sentire parte integrante e costruttiva dell’azienda, come un’appartenenza ad grande famiglia e a una elite che nulla doveva temere, tanto era il loro contributo alla solidità dell’azienda. Era difficile resistere alle lusinghe ed è penetrata la logica del neoliberismo della produttività e dello sviluppo infinito. Si poteva resistere solo con forti anticorpi quelli anticapitalistici e antimperialisti. 

Oggi, dice Davide, è il momento propizio per ricostruire la coscienza di classe, ora che è stato svelato l’inganno e le vite, divenute precarie, avvertono il dramma sociale ed economico.

Tutti i lavoratori sono in presidio permanente davanti allo stabilimento, è lì che ci si incoraggia, ci si fa forza, dove si è brindato il 31 dicembre, dove si decidono le strategie sindacali unitarie per la lotta, affinché sia ritirata la procedura di mobilità, dove si porta solidarietà e vicinanza, perché la loro lotta è la lotta di tutti noi, così come la vittoria o la sconfitta. “Procedura di mobilità” così oggi vengono chiamati “i licenziamenti”, ci hanno rubato pure le parole!
Alla Caterpillar i più anziani ricordano come la vecchia Sima, produttrice dei migliori cilindri oleodinamici d’Europa, grazie ad una forte tradizione sindacale, fu salvata dagli operai che dopo la decisione di chiusura continuarono a produrre, permettendo che l’azienda rimanesse sul mercato e fosse appetibile; infatti arrivò la Caterpillar e siamo a fine anni’70, quando Jesi era “la piccola Milano”, continuando la storica tradizione di città economicamente strategica fin dall’antichità con attività economiche importanti come gli allevamenti di bachi da seta, le oreficerie, le tipografie; testimonia la prosperità di un tempo, il bellissimo centro storico, ricco di palazzi e chiese di pregio artistico. Una comunità che si trasformò nel tempo in “metalmezzadri”, come veniva definita, a sottolineare l’integrazione tra agricoltura e settori industriali metalmeccanici.

Oggi la multinazionale, ritenendo il mercato europeo il più debole, continua il ridimensionamento iniziato nel 2016 con la chiusura dello stabilimento in Belgio ed il trasferimento a Grenoble in Francia, che fanno pensare ad un disimpegno in Europa; inoltre non ha chiesto soldi pubblici e non sembrano cause rilevanti la reperibilità e il costo dell’acciaio, perché l’azienda è sana e soprattutto lo è lo stabilimento di Jesi che non ha sbagliato alcuna programmazione, tutte decise con le RSU: lo dimostrano i tanti premi vinti dall’azienda nel mondo ed in Italia è tra le 5 migliori aziende, per l’equilibrio tra sostenibilità e produzione e soprattutto sicurezza sul lavoro. Ma ormai la multinazionale è una public company dove quasi il 70% è in mano ai fondi pensione e ai fondi istituzionali internazionali che decidono scelte manageriali assolutamente sbagliate su basi d’incompetenza industriale, che ignorano, ci dice Fiordelmondo, che è valutata tra le 100 aziende più sostenibili secondo anche il Wall Street Journal; valutazioni a cui un tempo l’azienda teneva moltissimo per costruirne un’immagine potente nel mondo. Forse c’è anche una volontà aziendale di chiudere in fretta per non lasciare tanta professionalità sul mercato concorrente. La vicenda Caterpillar si colloca tra le tante in Italia, seguendo lo stesso copione della nuova economia tutta in balia dei fondi d’investimento, che ragiona solo in termini di guadagno immediato e non d’investimenti sul futuro a beneficio anche della collettività; sembrano più spolpare aziende, che ricavarne profitto, non rispettano alcuna regola, nessun impegno preso e in un Paese come il nostro, dove giace dimenticata una legge che ostacoli le delocalizzazioni, specie se si è preso anche denaro pubblico, frutto del lavoro dei cittadini, le multinazionali si muovono in assoluta libertà e soprattutto legalità! Mi chiedo ancora una volta con che faccia i parlamentari marchigiani, specie del PD, possano dichiararsi sorpresi e solidali, partecipare alle manifestazioni e in Parlamento votare da decenni tutto contro i diritti dei lavoratori del nostro Paese. Come dice Davide Fiordelmondo occorre ri-costruire la coscienza di classe e aggiungo io: ragionare del conflitto capitale-lavoro, del quale parlano solo i comunisti e oggi, più che mai, c’è bisogno di unificare nelle lotte le forze comuniste, antimperialiste, anticapitaliste per salvare il Paese e i lavoratori, uomini e donne che fanno la ricchezza dell’Italia.

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