Cina-Africa, una relazione vincente nel mondo che cambia

Cina-Africa, una relazione vincente nel mondo che cambia

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di Fabio Massimo Parenti* - CRI.cn

 

Oggi si apre il vertice del Forum sulla Cooperazione Cina-Africa (FOCAC), in programma fino al 6 settembre a Pechino. Creata nel 2000, questa piattaforma multilaterale riunisce ogni tre anni i vertici di livello ministeriale della Cina, di 53 Paesi africani e dell'Unione Africana per coordinare, aggiornare e sviluppare i meccanismi di cooperazione tra le parti allo scopo di raggiungere cinque obiettivi: un'eguale consultazione, il miglioramento della comprensione reciproca, l'estensione del consenso, il rafforzamento dell'amicizia e la promozione della cooperazione.

Come illustrato lo scorso 23 agosto dal viceministro degli esteri Chen Xiaodong, il tema dell'evento sarà sintetizzato dal titolo “Unire le Forze per Promuovere la Modernizzazione e Costruire una Comunità Cina-Africa di Alto-Livello dal Futuro Condiviso”. Chen ha ricordato che il Summit del FOCAC sarà l'occasione per celebrare una nuova ‘grande riunione’ della “vasta famiglia Cina-Africa dopo i vertici generali di Pechino 2006, Johannesburg 2015 e Pechino 2018”. 

Ospite speciale dell'assise, come da consuetudine, è il segretario generale dell'ONU Antonio Guterres, presente virtualmente anche tre anni fa. Al di là della modalità ibrida del consesso, dai lavori nella capitale senegalese scaturì il Piano d'Azione di Dakar 2022-2024. Lo scorso anno, il commercio bilaterale sino-africano ha totalizzato un volume record pari ad oltre 282 miliardi di dollari (+1,5% sul 2022 e +11% sul 2021), con i beni intermedi nettamente al di sopra della media generale (+6,4%), confermando il Paese asiatico al primo posto tra i partner commerciali del Continente per il quindicesimo anno consecutivo. Secondo Sang Baichuan, direttore dell'Istituto di ricerca di Economia Internazionale presso l’University of International Business and Economics, questo interscambio è cresciuto rapidamente come risultato della cooperazione win-win e reciprocamente vantaggiosa: “Tutto ciò non solo dimostra i considerevoli progressi nello sviluppo di alta qualità della Cina, ma svolge anche un ruolo significativo nella promozione dello sviluppo sociale e nel miglioramento dei livelli di qualità della vita della popolazione locale”.

A Dakar la cooperazione Cina-Africa e il suo sviluppo futuro sono state collegate alla strategia cinese Vision 2035, all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite ed a quella 2063 dell’Unione Africana. La Cina e l’Africa hanno formulato una dichiarazione congiunta chiamata appunto “China-Africa Cooperation Vision 2035” al fine di determinare le direzioni e gli sviluppi per una cooperazione a medio e lungo termine col fine ultimo di promuovere “una comunità dal futuro condiviso tra Cina e Africa”.  

Secondo un recente rapporto elaborato dal “China-Africa Business Council”, “attraverso investimenti orientati al mercato, investimenti nelle infrastrutture e in nuovi settori, le imprese cinesi stanno migliorando il sistema industriale africano, promuovendo il progresso dell'industrializzazione africana e migliorandone la qualità”. Nello specifico, il rapporto afferma che gli investimenti cinesi nelle infrastrutture hanno rafforzato le basi per l’industrializzazione e lo sviluppo dell’Africa, mentre gli investimenti orientati al mercato hanno migliorato i sistemi di industrializzazione locali. Secondo Mwangi Wachira, ex economista della Banca Mondiale e consigliere del governo del Kenya, la Cina ha avuto un record stellare nel sostenere la creazione di nodi e collegamenti di un mercato africano integrato attraverso i vari porti, ferrovie e strade costruiti in Africa, così come i Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie e il quartier generale dell’Unione africana (UA), entrambi sostenuti dalla Cina e i suoi investimenti. Basti pensare che alla fine del 2023, gli investimenti diretti della Cina in Africa superavano i 40 miliardi di dollari, rendendola una delle principali fonti di investimenti esteri del continente, secondo il Ministero del Commercio.

Negli ultimi tre anni, le zone di cooperazione economica e commerciale in cui le aziende cinesi hanno investito e costruito in Africa, in settori quali l'agricoltura, la trasformazione e la produzione, la logistica e altre industrie, hanno attirato più di 1.000 aziende e contribuito ad aumentare le entrate fiscali dell’Africa e i guadagni in valuta estera derivanti dalle esportazioni – come riportato dall’assistente del ministro del Commercio Tang Wenhong; aggiungendo che le aziende cinesi hanno creato più di 1,1 milioni di posti di lavoro locali durante il periodo.

 

Storia e presente

Il rapporto tra la Cina e l'Africa nasce in tempi remoti, quando il Celeste Impero e il Continente nero erano, nella mente dei rispettivi popoli, davvero lontanissimi e praticamente inimmaginabili. Nell'VIII secolo d.C. Du Huan, ufficiale militare e viaggiatore durante la Dinastia Tang (618-907), dopo essere stato fatto prigioniero dagli Arabi, ebbe modo di visitare il Medio Oriente e parte dell'Africa Orientale, presumibilmente gli odierni territori del Sudan, dell'Etiopia e dell'Eritrea. I contatti commerciali dei secoli successivi coi regni del Corno d'Africa dimostrerebbero l'acquisizione di una conoscenza geografica ed antropica della regione piuttosto sviluppata, già a partire dalla Dinastia Song (960-1279). Toccò poi al celebre ammiraglio cinese Zheng He, di etnia Hui e fede musulmana, solcare le acque dell'Oceano Indiano per raggiungere, negli ultimi tre dei suoi sette viaggi, le coste dell'Africa Orientale e il Mar Rosso, e compiere anche un personale pellegrinaggio alla Mecca. Quella mastodontica flotta di oltre 300 navi e circa 28.000 uomini, tra marinai, funzionari imperiali, cartografi e mercanti, trasportava preziosi e manufatti di pregio in cerca di nuove rotte commerciali tanto che nella diplomazia cinese contemporanea simboleggia una radicata tradizione di dialogo e scambio con i popoli del Sud del mondo, dall'Asia Meridionale al Medio Oriente passando per l'Africa.

Proprio la Cooperazione Sud-Sud (SSC), riletta in chiave moderna ed istituzionalizzata dalle stesse Nazioni Unite, è un paradigma lungo il quale la Cina di Xi Jinping sta declinando una sua forte e decisa azione di politica estera, implementando un dialogo multilivello: bilaterale, con i singoli governi dei Paesi partner; multilaterale, con le organizzazioni che racchiudono i Paesi partner (es. ASEAN, Unione Africana, Consiglio di Cooperazione del Golfo ecc. ...); e globale, attraverso la cooperazione con reti, dipartimenti e uffici dell'ONU dedicati, come nel caso della piattaforma congiunta tra la Cina e l'Ufficio ONU per la Cooperazione Sud-Sud (UNOSSC), creata nel 1995.

Nel corso degli ultimi venti anni, la realizzazione, da parte dei colossi statali cinesi, di infrastrutture strategiche, come ad esempio le linee ferroviarie Mombasa-Nairobi e Addis Abeba-Gibuti, le dighe e le centrali elettriche di Mambilla (Nigeria), Bui Dam (Ghana), Saltinho (Guinea-Bissau), Merowe (Sudan), Poubara (Gabon) e numerose nuove arterie stradali, ha contributo alla crescita del commercio e dei flussi di investimenti esteri in Africa.

Ne è emersa una reputazione globalmente positiva per Pechino in tutto il Continente, dove l'opinione pubblica distingue sempre più nettamente l'approccio "win-win" della potenza asiatica da quello "cripto-predatorio" delle potenze occidentali, ancora legate ad una concezione neo-coloniale e paternalista, celata dietro la facciata di una retorica liberale europea che, dicendosi pronta ad accogliere ondate di immigrati dall'Africa, ha creduto per troppo tempo di poter nascondere ingerenze e intromissioni politiche e militari, sempre più mal sopportate dalle popolazioni locali, come ben evidenziato dalle ribellioni militari nel Sahel dello scorso anno.

Gran parte dell'opinione pubblica africana, complessivamente, mostra apprezzamento per la Cina, in particolare per il suo ruolo geopolitico di contenimento/bilanciamento rispetto all'egemonia occidentale. Il modus operandi di Pechino in Africa, come nel resto del mondo, è infatti essenzialmente incentrato sui cinque principi di coesistenza pacifica annunciati nel 1954 dall'ex primo ministro Zhou Enlai: rispetto della sovranità e integrità territoriale degli altri Stati, non-aggressione, non-interferenza negli affari interni, uguaglianza e beneficio reciproco, coesistenza pacifica. 

 

L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia.

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