Come parla il nemico: il lessico del neoliberismo

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Come parla il nemico: il lessico del neoliberismo

 

di Agata Iacono

"Lessico del neoliberismo. Le parole del nemico"* analizza la terminologia che il neoliberismo ha coniato o di cui si è appropriata con un'operazione di risemantizzazione. Cioè, manipolando il significato di ogni parola, per costruire una sovrastruttura da percepire come unica, data, non opinabile.

Il neoliberismo, attraverso questa operazione sociolinguistica, ha creato un substrato culturale, da percepire come trasversale a ogni classe sociale, universale e scevro dal pericolo di essere messo in discussione.
Attraverso questa operazione deve risultare impossibile, per l'uomo medio, anche solo concepire un'alternativa al sistema neoliberista e quindi poter solo immaginare un'opposizione. Questa grande manipolazione semantica astrae il termine etimologico dalla sua reale funzione operativa.

La pace diventa guerra, la democrazia è dittatura. Allo stesso modo il progresso è cosa buona, il suo significato di positiva evoluzione deve sembrare un assioma. Eppure sappiamo bene che storicamente non è così. Lo stesso concetto di "economia sociale di mercato" presuppone che l'obiettivo dovrebbe essere quello di soddisfare i bisogni di tutta la società.

Ed invece è proprio alla base delle differenze socioeconomiche, dello sfruttamento, della competitività avulsa da qualsiasi remora etica. Eppure, concorrenza significa correre insieme, non contiene in sé la funzione di conflitto.

Dovrebbe anzi escludere la competitività sfrenata sulla pelle del cittadino ridotto a mero consumatore da ingannare e a discapito delle produzioni più sane e meno aggressive.

È proprio la filosofia politica ed economica, che ha elaborato il liberismo, il positivismo, che esclude qualsiasi regolamentazione del mercato da parte dello Stato.

Il capitalismo non vuole ostacoli di sorta, in nome di un distorto concetto di "libertà", anche questo un termine funzionale alla narrazione neoliberista.

Il progresso deve essere illimitato, globale e globalizzato: è questo concetto che ha assorbito e deviato l'anelito all'internazionalismo, che invece indicava la solidarietà tra le classi sfruttate di tutto il mondo.

Due concetti del tutto in antitesi, conflittuali, uno negazione dell'altro, eppure su questa manipolazione semantica si è basata la stigmatizzazione dei movimenti no Global e si è trasformato il sovranismo in un termine negativo, associabile al nazionalismo di una destra razzista e xenofoba.

La dialettica sparisce dalla coesistenza della contraddizione, il dato diventa assoluto, non esiste possibile alternativa.

Una sola cosa è vera e assoluta: il sistema neoliberista.

Le persone devono essere convinte che è sempre stato così e sempre sarà.

Non sono ammessi dubbi né eresie: diventa una fede

Ed è così che la competitività, assunta ad assioma, diventa endogena al servizio pubblico. Aziende sono scuola e sanità, i loro obiettivi sono quelli imprenditoriali, attrarre clienti abbassando i livelli qualità. L'efficacia e l'efficienza non sono più valutati sui risultati ottenuti per gli utenti o addirittura sulla prevenzione, di cui è ostacolato il monitoraggio specifico. La valutazione riguarda il risparmio da una parte e la cronicizzazione del cliente utente dall'altra.

Il principio di concorrenza e competitività e l'ibridazione tra pubblico e privato non portano ad una gara al miglioramento qualitativo per tutti, ma solo all'ottimizzazione della frammentazione individualistica La trasparenza è un altro metodo subdolo di manipolazione. Attraverso internet e i social apparentemente sappiamo tutto, una vetrina che muta costantemente e offre un'esperienza mediata.

Cioè una non esperienza.

Apprendiamo attraverso la mediazione e non acquisiamo più strumenti esperienziali per riflettere, sviluppare senso critico. Tutto ci viene servito già cotto e mangiato. Questo impedisce di dedicare tempo ed energie per studiare, approfondire, cercare di indagare su cosa ci viene occultato. Questa dialettica autorità-libertà non permette il controllo. Ciascuno di noi si espone, si offre allo sguardo altrui: è una violenza che impedisce la discrezione, l'intimità, la privacy.

Bauman disse che facebook è la vetrina delle solitudini. Lui conosceva solo l'incipit di questo passaggio fondamentale tra la relazione diretta e quella virtuale, ma capì perfettamente il pericolo di una società liquida incapace di comunicare e socializzare il disagio. Attraverso l'esposizione di sé si afferma la propria esistenza, senza che questa debba necessariamente corrispondere alla realtà quotidiana.
Anzi, si crea e si nutre l'eterno doppio pirandelliano, come individuale e improduttiva autoterapia per alienare la paura di vivere e di ribellarsi ad una condizione di mero portatore di dati alle multinazionali.

Ci si annulla.

Un altro inganno riguarda il concetto di capitale umano. La scuola non forma più, produce competenze finalizzate non più al sapere, alla conoscenza, ma solo alla resilienza alle richieste del mercato del lavoro. Non alla collaborazione, ma alla competizione fine a se stessa, alla valutazione quantitativa rispetto a quanto profitto si possa produrre. Ed è così che le scuole offrono esperienze digitali e corsi di formazione all'intelligenza artificiale, piuttosto che filosofia, storia, latino

Dalla rivoluzione industriale il mercato viene presentato come una realtà indipendente, con le sue leggi, addirittura una scienza.

È questo che ti frega.

"È il mercato ....."

E sull'altare del mercato bisogna sacrificare l'antropologia sociale, "sarà il mercato stesso - ti dicono da due secoli - che automaticamente porterà al benessere collettivo.

Quindi ben venga la competitività se alla fine sopravvive il migliore o il più adattabile."

E con questa favoletta abbiamo sacrificato al dio mercato la nostra umanità

Anche i prezzi dovrebbero essere più accessibili grazie alla concorrenza e alle leggi del mercato.

Ma è così?

No.

La distribuzione del reddito non è mediata dal cosiddetto mercato sociale, che dovrebbe impedire cartelli tra imprenditori e garantire trasparenza  competitiva.

Un'altra componente è l'uso del debito per introdurre il credito sociale, l'affidabilità del debitore, che deve conformarsi all'ordine costituito se vuole essere valutato positivamente.

Ed ecco il patto di stabilità, il vincolo esterno, l'impossibilità di uno stato come di un individuo di sottrarsi alle catene del debito

Ricordiamo solo la Grecia o Berlusconi: il debito commisurato al Pil è un ricatto.

Mi viene da dire che oggi non si usa neppure più: basta dichiarare nulle le elezioni e incandidabile un riottoso...

Altro termine è la transizione ecologica, imposta dall'alto sempre come colpevolizzazione.

Auto elettriche in centro, naturalmente solo a favore dei ricchi Ztl alla Calenda.

Tattica di manipolazione, il greewashing, oggi un po' in crisi, visto che una sola bomba manda a quel paese anni di solerte differenziata o spesa a Km 0 . Altri due termini collegati sono frontiera e confine, termini assimilati nell'obiettivo di giustificare il confine mobile, la colonizzazione di insediamento aldilà di confini tracciati solo temporaneamente e appunto mobili.

Fregandosene, come stiamo  vedendo, della cultura, della storia, del diritto di autodeterminazione dei popoli, delle radici identitarie nella propria terra.

Un altro termine stravolto dal lessico del neoliberismo è woke, nato come raccomandazione ai popoli discriminati delle comunità afroamericane.

Significa stai sveglio, attento.

Ed invece è diventata la difesa di sparute minoranze identitarie in contrapposizione alla rivendicazione dei diritti sociali collettivi

Da qui gli asterischi, le scelte pubblicitarie degli imprenditori tecnologici per ingraziarsi le simpatie di chi crede che l'inclusione si possa limitare a quote rosa o arcobaleno

Suscitare il conflitto orizzontale è lo scopo del neoliberismo, in pratica, per non fare emergere il conflitto verticale.


*Edito da La Fionda sarà presentato a Roma martedì 8 aprile presso la libreria, caffè letterario, Errante .

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