Contro l'Europa degli imperialismi

Il sentimento patriottico ci porta a contestare e negare l’Europa. Lo spirito internazionalista ci impone la lotta contro un sistema di asservimento dei popoli

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Contro l'Europa degli imperialismi



di Leonardo Sinigaglia per l'AntiDiplomatico


Davanti alla sconfitta strategica in Ucraina e al tentativo da parte del padrone statunitense di scaricare tutti i costi di questa sugli “alleati” del Vecchio Continente, le cricche europeiste hanno lanciato la mobilitazione generale a sostegno di Bruxelles e dei loro progetti anti-nazionali.

La manifestazione del 15 marzo scorso a Roma, voluta dagli Elkann per favorire gli affari delle proprie industrie belliche, non è stata che un primo passo, seguito dalla levata di scudi a sostegno del Manifesto di Ventotene di Spinelli “attaccato” dalla Meloni e dal catechismo europeista di due ore trasmesso senza interruzioni pubblicitarie dalla Rai, la quale avrebbe stanziato per questo comizio di Benigno quasi un milione di euro. Ad alcuni potrebbe sembrare una campagna del centrosinistra rivolta contro il governo, ma, per quanto indubbiamente vi sia anche questa dimensione, sarebbe errato ricondurre ciò che stiamo vedendo unicamente allo scontro tra maggioranza e opposizione. Schiacciato tra la necessità statunitense di aumentare lo sfruttamento del continente per far fronte al declino dell’egemonia e l’inesorabile ascesa di una nuova configurazione internazionale che non vede più i paesi del Sud del Mondo vittime indifese del neocolonialismo, il “sogno europeo”, che altro non rappresenta che il tentativo del grande capitale franco-tedesco di conservare il controllo del continente, si sente minacciato. E’ necessario mobilitare tutte le energie economiche, politiche, mediatiche e “spirituali” dell’Europa per riuscire a salvare i profitti dell’asse renano e permettere che nella ridefinizione degli equilibri atlantici questo non venga completamente schiacciato dal centro imperiale. Non è chiamato alla lotta solo l’europeismo “progressista” rappresentato dal centrosinistra, ma anche quello conservatore e “identitario” del centrodestra e ogni forma di “alter-europeismo” tradizionalista, neofascista, para-socialista, pacifista e “sociale”.

Ciò è possibile perché a partire dall’avvio del progetto federale europeo per mano statunitense l’europeismo è stato imposto culturalmente, ideologicamente e programmaticamente come “valore condiviso” a partiti e settori della società civile. La Democrazia Cristiana ne fu sempre promotrice, la sinistra rappresentata da PSI e PCI, dopo anni di opposizione, fu portata ad aderirvi grazie al lavoro di venduti e infiltrati, e anche l’estrema destra, sia quella istituzionale che quella extraparlamentare, rivendicò in continuità con la propaganda dell’Asse la necessità di creare “l’Europa Nazione” in funzione anticomunista. Al giorno d’oggi non è previsto spazio per chi si oppone in linea di principio al federalismo europeo in nome dell’indipendenza italiana.

Le varie fazioni politiche, che siano al governo o all’opposizione, sono fondamentalmente unite nell’europeismo, e anzi tentano di superare l’avversario presentandolo, per un verso o per l’altro, come pericoloso per il progetto europeo. Ciò è vero per il centrosinistra e il “centro” presidiato da Renzie e Calenda, che rivendica apertamente il riarmo del continente in funzione anti-russa e gli Stati Uniti d’Europa, ma è altrettanto vero per il centrodestra. Quest’ultimo non è solamente favorevole a ReArm Europe, anche se la Meloni raccomanda il cambiamento del nome in Defend Europe, ma ci tiene a presentarsi come baluardo di una Europa “stabile” davanti alla crisi politica che attraversa Francia, Germania e Regno Unito. Un europeismo manifesto, aperto, consapevole, che prende una forma più “tradizionale” con Tajani che lo definisce come uno dei “cardini politici di Forza Italia"(1), ma è capace anche di assumere una veste “dissidente” con il Make Europe Great Again lanciato da Elon Musk e raccolto da Salvini (2).

L’europeismo che attraversa governo e opposizione non si ferma ai confini dei partiti “moderati”, arrivando ancora oggi a contagiare le ali “estreme”. Ilaria Salis, candidata alle elezioni europee da AVS ed esponente del mondo antagonista, non ha mai fatto mancare il suo sostegno al federalismo europeo, accusando persino personalità come Orban e Meloni di essere una minaccia per questo. Il 5 marzo la Salis ha pubblicato sui propri canali social un manifesto “contro il riarmo, per un'Europa autonoma e solidale” (3) nel quale si rivendicano un controllo pubblico (europeo) dei settori strategici dell’economia, una difesa integrata a livello comunitario “per contrastare i nazionalismi sovranisti” e la costruzione di un blocco continentale autonomo dagli USA. Posizioni che, al di là del diverso confezionamento retorico, sono perfettamente condivise dai neofascisti di CasaPound, che nel loro programma politico recentemente modificato rivendicano pienamente l’idea di un’Europa unita, sovrana e autonoma: “Vogliamo più Italia in Europa e più Europa nel mondo. Il fatto che l’Unione Europea appaia spesso inconcludente, inconsistente, lenta, debole, non deve portarci a estendere la critica delle sue mancanze all’unificazione europea in sé. Nell’epoca dei grandi spazi, il ripiego piccolo-nazionalistico è una scelta suicida. [...] Per far questo, dobbiamo avere la forza di pensare a un’altra Europa, che tuttavia non resti una parola d’ordine vaga, inconsistente e consolatoria, da evocare magari per compensare prese di posizione antieuropee concrete. Il progetto dell’altra Europa deve essere operante qui e ora, a partire dalle condizioni politiche date, senza illusori salti all’indietro”(4).

In entrambi i casi si chiede un’Europa politicamente unitaria capace di sconfiggere i “piccoli nazionalismi”, un’Europa “sovrana”, di cui un’Italia inevitabilmente subalterna dovrebbe essere provincia.

Il carattere antinazionale di queste posizioni è manifesto, ma è importante notare come la rivendicazione di maggiore unità europea, che nelle correnti moderate è associato al bisogno di limitare le pretese yankee di fare carne di porco dell’economia del continente, danneggiando così gli interessi del grande capitale locale, in queste compagini “radicali” fa propria una retorica “anti-atlantista”, in nome dell’autonomia totale dell’Europa. Un vero e proprio estremismo europeista, un nazionalismo europeo che prefigura un Reich continentale capace di imporsi sul mondo, ma che si scontra con la realtà dei fatti dell’oggettiva, ineludibile e programmatica subalternità di qualsiasi progetto europeista all’imperialismo statunitense. La stessa federazione europea, come previsto da Spinelli, non è altro che un passo verso l’unificazione del mondo atlantico, avendo come prospettiva ultima l’indiscussa e totale egemonia sul globo.

Davanti a questa mobilitazione totale che abbraccia tutto lo spettro politico si deve rispondere con un fermo e intransigente anti-europeismo. Si deve lottare sia contro l’Europa attuale che contro qualsiasi ipotetica visione di un’Europa “altra”. Si deve riconoscere che questo termine, che indica unicamente uno spazio geografico non bene definito all’interno dell’area continentale eurasiatica, politicamente può assumere unicamente un significato reazionario, sinonimo di sottomissione del nostro paese e di avanzamento degli interessi imperiali statunitensi e della rapacità del subalterno asse carolingio. L’Europa va combattuta politicamente, evidenziando come il nostro paese, liberato e trasformato, abbia due direttrici naturali di dialogo: una verso Est, che copre l’intera direzione eurasiatica; l’altra verso Sud, verso il Mediterraneo. Queste sono le due dimensioni in cui un’Italia indipendente, libera, unita e sovrana dovrà muoversi, abbandonando qualsiasi velleità di unificazioni transalpine. Ma l’Europa va combattuta anche culturalmente, perché essa non è che una recentissima costruzione ideologica, ereditata dai progetti hitleriani e dal pensiero suprematista vittoriano. L’Europa, come entità culturalmente, spiritualmente, storicamente e politicamente affine non è mai esistita. Sono esistite ed esistono diverse regioni dai confini fluidi segnate da un percorso specifico e non riducibile a un comune denominatore che sia sufficiente a racchiudere uno spazio prettamente “europeo”. La regione balcanica, quella latino-mediterrenea, quella nordico-germanica e quella orientale al confine col mondo slavo compongono mondi diversi che solo tramite cesure arbitrarie non potrebbero affiancarsi ad altri di natura chiaramente “extra-europea”. La progettualità euro-unitaria non punta all’affratellamento e all’avvicinamento dei popoli dell’Europa, non è indirizzabile in senso progressivo, ma anzi si fonda necessariamente sull’egemonismo interno, sulla predominanza di un elemento a discapito dell’altro, su uno sfruttamente strutturalmente codificato.

Il sentimento patriottico ci porta a contestare e negare l’Europa. Lo spirito internazionalista ci impone la lotta contro un sistema di asservimento dei popoli. All’Europa degli imperialisti, dei socialdemocratici, dei neofascisti e dei “disobbedienti” vari serve contrapporre ora più che mai una vera e propria “anti-Europa”, una progettualità di piena riconquista dell’indipendenza nazionale, di profonda trasformazione sociale basata sul potere della classe lavoratrice e di inserimento attivo in un ordine internazionale multipolare finalizzato alla costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso.

 

NOTE BIBLIOGRAFICHE

 

1https://www.agenzianova.com/news/tajani-non-serve-alcun-chiarimento-con-salvini-in-consiglio-dei-ministri/

 

2https://www.ansa.it/english/news/politics/2025/02/03/time-to-make-europe-great-again-says-salvini_ada71fcf-e580-4056-a48a-6bd2b8553e33.html

 

3https://x.com/SalisIlaria/status/1897345713517793473

 

4https://casapounditalia.org/il-programma/

 

 

 

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