Coronavirus e psicosi di massa contro la Cina
di Francesco Santoianni
Ricordate la psicosi della epidemia di Legionella? Due anni fa, la morte di una persona di ben 82 anni, per polmonite da Legionella (un batterio che, come pochi sanno, uccide raramente e, per lo più. persone anziane) e il ricovero di 200 casi sospetti trasformava questa “notizia” (ogni anno di polmonite muoiono in Italia circa 9.000 persone) in un “allarme” sbandierato su tutte le TV. Così come è stato per la psicosi della meningite, del virus Ebola, del “cetriolo killer”, della “Influenza aviaria”, dell’epidemia di morbillo in Inghilterra, della SARS…. Ora è la volta del “misterioso coronavirus, proveniente dalla Cina, che provoca una malattia simile alla polmonite e che si trasmette da persona a persona” a tenere banco su Repubblica, Corriere, La Stampa, Il Fatto Quotidiano … e su tutte le TV.
Il solito battage per guadagnare soldi, come fu per l’“influenza suina A/H1N1 o la “mucca pazza”? Probabilmente sì, anche se il vero obiettivo di questa ennesima isterica campagna mediatica si direbbe essere la Cina (tra l’altro, da sempre bacino di coltura delle epidemie influenzali che, periodicamente, si diffondono sul nostro pianeta) e le sue autorità, che, nonostante il loro impegno, finiranno certamente sul banco degli imputati per non essersi date troppo da fare per una “epidemia” che, su 1,386 miliardi di abitanti, ha ucciso finora tre persone e contagiato 140 (quasi tutte in via di guarigione).
Ma al di là della periodica guerra mediatica contro la Cina, c’è dell’altro. E come meglio specificato qui e qui il diffondere terrore garantisce un asservimento psicologico e quindi politico.
Tra l’altro ricorrere allo stratagemma di imminenti catastrofiche epidemie presenta indubbi vantaggi. “Ma lei se la sentirebbe di escludere completamente l’eventualità di una catastrofica epidemia?” Ma cosa volete che risponda il virologo di turno al giornalista che lo sta così intervistando? E tra l’altro perché il virologo dovrebbe precludersi un qualche finanziamento che potrebbe scaturire dall’allarmismo? E così, avanti con frasi circospette che lasciano presagire il peggio, magari mentre scorrono sullo schermo immagini della “Spagnola” del 1918 o della Peste Nera del 1347.
E così continuano a rifilarci cucchiaiate di paura. E li ringrazieremo quando, conclusa l’“emergenza”, saremo ancora vivi. Certo, come strategia di controllo sociale non è un granché. Ma in tempi come questi, nei quali si direbbe cancellarsi il domani, può bastare.
Un’ultima considerazione. Sui tanti blasonati “debunker”, sempre pronti a bollare come “complottista” chiunque delinei una minaccia, a loro dire, inconsistente. Li avete mai visti prendere per il collo qualche illustre accademico per chiedere conto delle cretinaggini che ci raccontava su qualche incombente catastrofica epidemia?