Cosa ci dice il cambio di guardia a Repubblica:
di Paolo Desogus
Repubblica manda a casa Maurizio Molinari. Ci sono molti motivi per rallegrarsi della fine della sua vergognosa direzione. Non bisogna tuttavia farsi prendere troppo facilmente dall'entusiasmo. Quella di Molinari è stata una delle peggiori esperienze del giornalismo italiano, non c'è dubbio. Il grado di faziosità raggiunto da Repubblica negli ultimi anni ha ben pochi eguali nonostante il panorama giornalistico italiano sia davvero molto desolante. Difficile poi trovare un direttore così disprezzato dai suoi collaboratori, così ostile al buon senso dei lettori e della professionalità giornalistica.
La sua uscita di scena dovrebbe allora renderci felici. Il successore di cui circola il nome, Mario Orfeo, non potrà che essere migliore: un buon professionista, simpatico, moderatamente di sinistra...Tutto bene? No. La fine della direzione Molinari nasce da un cambio di strategia della famiglia proprietaria del giornale, gli Elkann-Agnelli. La sua uscita è infatti contestuale all'abbandono della direzione di Gedi da parte di John Elkann, che negli ultimi anni si è distinto per l'opera di smantellamento di un gruppo che sino a pochi anni fa poteva dirsi solido, articolato, nonché ancorato a una tradizione giornalistica nobile come quella dell'Espresso, incredibilmente ceduto insieme ad altre testate locali.
Dopo la fusione del vecchio gruppo Fiat (FCA) con i francesi di PSA per dare vita a Stellantis, ora si affaccia un nuovo scenario, ovvero l'ipotesi di una nuova fusione, questa volta con Renault. Tutto questo è accompagnato dalla prospettiva di ridurre la produzione dell'auto in Italia e di avviare l'assorbimento dei marchi italiani, portando in qualche caso anche alla loro chiusura. Lancia e Maserati sono del resto da tempo in grave crisi e senza una strategia industriale di rilancio. Resiste Alfa Romeo, mentre il settore dell'utilitaria, cioè il grosso della produzione, passerà presumibilmente in mano francese.
Terminata l'opera di abbandono dell'Italia agli Elkann-Agnelli non occorre più un quotidiano. L'acquisto di Repubblica si era infatti reso necessario per gestire i rapporti tra Stellantis, il sindacato e il Partito democratico. Con il controllo del giornale che più di ogni altro ha contribuito a determinare la linea politica nel centrosinistra negli ultimi anni, quello più capace di abbindolare il vecchio elettorato borghese-soddisfatto e finto progressista, gli Elkann-Agnelli si sono potuti assicurare il silenzio politico da parte di quei settori che avrebbero potuto quantomeno sollevare dei dubbi sulla fusione con PSA, sui progetti industriali, sul rapporto con i lavoratori e sulla vendita delle fabbriche legate alla Fiat (Comau, Magneti Marelli).
Avete mai sentito un segretario del Pd dire qualcosa contro la Fiat? Avete per caso notizia di Landini? Soltanto qualche giorno fa è stato annunciato il prolungamento di altri due mesi della cassa integrazione negli stabilimenti Fiat, avete sentito qualche protesta? Qualche proposta di sciopero?
Gli Elkann-Agnelli si sono letteralmente comprati il silenzio del centrosinistra potendo del resto contare di ampie coperture a destra, anche solo per affinità ideologica. Ora tutto questo non serve più. L'operazione è giunta al suo momento più avanzato. Come vedete dunque, l'uscita di Molinari, per quanto ci possa rendere felici, prefigura un nuovo scenario per l'Italia, ovvero la perdita di un altro pezzo della sua industria lasciato scappare all'estero. È una storia vergognosa, una storia cha fa rabbia e che richiederebbe un'ampia discussione nel paese. È una storia del tutto coerente con la vicenda rapace e indegna della famiglia Agnelli in Italia.