Cosa significa per l'Europa la cessazione ucraina del contratto con Gazprom
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Dalle 8 del mattino (ora di Mosca) del 1 gennaio 2025 l'Ucraina ha cessato di essere territorio di transito del gas russo verso i paesi europei. La junta nazigolpista non ha rinnovato il contratto firmato il 30 dicembre 2019 con Gazprom: una decisione annunciata da tempo da Vladimir Zelenskij. Le forniture continuano per ora attraverso terminali di GNL e il cosiddetto Turkish stream (nella mappa: in blu i gasdotti attivi; in rosso quelli praticamente non utilizzati).
È probabile che la stazione di pompaggio di Sudža, nella parte della regione di Kursk controllata ora da Kiev, venga fatta saltare dagli ucraini. Come si sa da tempo, la vittima principale della nuova situazione è la UE, mentre chi ne trae i maggiori profitti sono gli USA, che vedono i paesi europei impossibilitati a ricevere gas russo a basso prezzo, mandando all'aria ogni possibilità competitiva di quanto rimane delle industrie europee.
Tanto per dire: secondo Bloomberg, già il 2 gennaio i prezzi del gas in Europa hanno raggiunto i massimi dall'ottobre 2023, arrivando a 50,3 euro per 1 MWh (circa 540 dollari per 1.000 m3). Ciò è dovuto in parte alla sospensione dei lavori all'impianto norvegese di GNL a Hammerfest fino al 9 gennaio, a causa di un malfunzionamento del compressore; ma, soprattutto, grazie alla decisione di Kiev. Una decisione che il Ministro (yankee) degli esteri polacco Radoslaw Sikorski - quello che nel settembre 2022 aveva scritto «Thank you, USA», in occasione del minamento del North stream – ha definito «una vittoria di Kiev e dei suoi alleati», ricevendone l'opportuna risposta dal politologo Zoltan Koshkovic, del Centro ungherese per i diritti fondamentali: «L'unico risultato tangibile di una simile politica è quello di minare la competitività dell'Europa. Congratulazioni, Radek».
In compenso, la Commissione europea ha ipocritamente espresso fiducia nella capacità della UE di compensare l'interruzione del transito del gas russo attraverso l'Ucraina, passando a percorsi alternativi. D'altronde, già da qualche anno Bruxelles aveva deciso di ridurre le importazioni di gas russo: se nel 2021, la quota di gas russo nelle importazioni UE era di poco superiore al 40%, oggi è ridotta al 18%.
Da un lato, nota ColonelCassad, la Russia perde una delle rotte di fornitura del gas (solo molto parzialmente compensata, per ora, dalle forniture alla Cina) e dovrà sostenere alcuni costi materiali. Allo stesso tempo, si libera da una situazione in cui Bruxelles e Berlino ricattavano in un certo senso Mosca, «legando il mantenimento del transito attraverso l'Ucraina ad altre questioni politiche. Va da sé che si aprono ora eccellenti opportunità per un'ulteriore distruzione del sistema energetico e industriale dell'Ucraina». Magra consolazione per i cittadini europei, constatare che il 30 dicembre Kiev ha deciso l'aumento delle tariffe per il consumo interno da 160 a 660 grivne per mille m3 e, ovviamente, le prime a risentirne saranno le imprese industriali; ma, per far quadrare i conti, le aziende di servizi pubblici dovranno probabilmente aumentare anche i prezzi del riscaldamento domestico, già molto alti. Ucraini affamati e al freddo: quelli che non vengono mandati al macello al fronte.
Come detto, per quanto riguarda la Russia, questa può attutire in parte le perdite con le forniture alla Cina; ma il gasdotto “Forza della Siberia” nel 2024 ha già raggiunto la propria massima portata, mentre il “Percorso estremo-orientale” non sarà operativo prima del 2027. Mosca potrà forse compensare parte delle perdite anche con le forniture all'Asia centrale; ma, anche in questo caso, si tratta di un massimo di 1-2 miliardi di metri cubi all'anno. A detta degli esperti, ciò significa che la priorità di Gazprom è al momento quella delle forniture al mercato interno.
Non molto meglio la situazione per Slovacchia, Rep. Ceca, Italia, Moldavia, Austria, osserva RT, sinora tra i maggiori importatori di gas russo attraverso l'Ucraina. Va da sé che rasenta il tragico la situazione della Transnistria. D'altra parte, già nel 2022, l'ucraina Naftogaz aveva interrotto il pompaggio attraverso una delle stazioni e, contemporaneamente, aveva citato Gazprom per il “lavoro non svolto”. Prontamente, l'arbitrato europeista si era schierato con Kiev; ora, il contratto è scaduto e non ha senso, scrive Tat'jana Pop, continuare le forniture se i soldi russi per il gas possono essere semplicemente sottratti da un tribunale. Mosca avrebbe potuto prendere in considerazione le proposte alternative del primo ministro slovacco Fitso, pur con le difficoltà legali che comportano; ma in ogni caso Kiev le ha respinte.
Proprio Fitso ha calcolato in 60-70 miliardi di euro l'anno il danno economico per la UE, mentre si deve al presidente serbo Aleksandar Vucic una “fantasiosa” (nemmeno poi tanto) previsione, secondo cui «Al più tardi tra un anno, il Nord Stream sarà in mano a un investitore americano e il gas fluirà dalla Russia all'Europa attraverso il gasdotto».
A fronte di una situazione per nulla rosea per diversi paesi europei, a detta della britannica Daily Express, proprio a causa della fine delle forniture di gas russo, l'Europa è minacciata soprattutto da un balzo dell'inflazione. Tuttavia, osserva Ukraina.ru, gli esperti energetici russi ritengono che le false preoccupazioni americano-britanniche per il prezzo del gas non siano altro che una trovata pubblicitaria, perché è proprio su istruzioni di Washington e Bruxelles che Kiev ha preso questa decisione: per spianare la strada al GNL americano.
In generale, l'Europa viene privata di circa 15 miliardi di m3 di gas all'anno; ma, nota l'economista Aleksej Belogor'ev, quasi nessuno «nella UE rimarrà senza questa risorsa vitale: l'Ungheria, ad esempio, continuerà a rifornirsi attraverso il Turkish Stream, sotto il mar Nero, da cui passa la maggior quota di forniture del gas russo al paese e restano disponibili anche le forniture attraverso il Balkan Stream e il gasdotto trans-balcanico». Anche se a un prezzo significativamente maggiore, la cessazione del transito attraverso l'Ucraina avrà probabilmente un impatto minimo sui consumatori ungheresi.
Per quanto riguarda l'Ucraina, col mancato rinnovo del contratto, Kiev si priva da sola di circa 800 milioni di dollari l'anno. Ma la junta sta già da tempo promuovendo l'idea di un hub del gas con la Polonia, mentre Varsavia, da parte sua, se da anni non fa mistero delle proprie aspirazioni, ora chiarisce che interverrebbe in qualità di importatore della materia prima americana e l'Ucraina intenderebbe stoccarla e inviarla agli acquirenti. Ma, ancora una volta, con prezzi per i destinatari finali di varie volte superiori agli attuali.
Del resto, ricorda Svobodnaja Pressa, dopo il calo delle importazioni dai gasdotti russi, sono aumentati notevolmente gli acquisti europei di GNL russo. Secondo i calcoli del Russian Fossile Tracker, solo negli ultimi due anni la Russia ha esportato nei Paesi europei gas naturale per oltre 55 miliardi di euro e oltre la metà delle forniture era costituita da GNL, i cui principali acquirenti sono Belgio, Spagna e Francia.
Per quanto riguarda infine la Slovacchia, per ritorsione alla decisione di Kiev, ha intenzione di interrompere l'esportazione di energia elettrica verso l'Ucraina. Piccola cronistoria. Fitso ha raccontato che, dopo aver detto a Zelenskij che la Slovacchia avrebbe potuto perdere circa 500 milioni di euro l'anno sulle tariffe per il transito del gas, il capo della junta «mi ha chiesto se avrei votato per l'adesione dell'Ucraina alla NATO, in cambio di 500 milioni di euro di beni russi. Naturalmente ho risposto “mai”». Dopo di che, il 22 dicembre, Fitso si era incontrato a Mosca con Vladimir Putin e, anche in quell'occasione, tema centrale era stato la continuazione del transito del gas russo attraverso l'Ucraina. Si arriva al 27 dicembre e Fitso dice di non esclude l'interruzione delle forniture di elettricità dalla Slovacchia all'Ucraina se questa dovesse interrompere il transito del gas russo verso la UE: «Dopo il 1 gennaio, valuteremo la situazione e le possibili misure reciproche contro l'Ucraina. Se necessario, interromperemo la fornitura di elettricità, che è estremamente necessaria per l'Ucraina durante l'interruzione della rete». Eccoci così arrivati al dunque. Tra l'altro, nei primi nove mesi del 2024, l'Ucraina ha importato 4,23 miliardi di kWh di elettricità, di cui il 21% dalla Slovacchia; solo l'Ungheria ha fornito di più (31%), la Romania ha fornito il 19%, la Polonia il 14%, il Belgio il 9% e la Moldavia il 6%.
“Ne avremo da vedere ancora delle belle”, dicono strofinandosi le mani a Washington e nei palazzi della finanza euro-atlantica. “Agli zoppi grucciate”, si sente dire con rammarico e indignazione nei rioni popolari delle nostre città.