Cosa succede nella città di Kursk? Una testimonianza dalla città

Cosa succede nella città di Kursk? Una testimonianza dalla città

Foto e testo di Eliseo Bertolasi (la riproduzione è possibile solo dietra esplicita autorizzazione dell'autore)

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l'AntiDiplomatico è in grado di pubblicare un reportage diretto dalla città di Kursk, inviatoci dall'antrpologo e reporter Eliseo Bertolasi che ringraziamo sentitamente per l'opportunità. 


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di Eliseo Bertolasi - Kursk (30 agosto 2024)



La città di Kursk appare tranquilla tutto è in ordine, tutto funziona, tutto è aperto: ristoranti, negozi.. Nei parchi, come tra le vie, la gente passeggia normalmente. In giro si vedono tante mamme coi bambini - si sentono tranquille.

In città non si avverte la presenza della guerra, che si trova solo a qualche decina di chilometri in direzione del confine ucraino. La città di Sudzha, il centro più importante occupato dalle Forze Armate ucraine dista circa 100 km da Kursk.

Negli ultimi giorni raramente si sentono le sirene di allarme che avvertono la presenza di razzi, solo qualche giorno fa - mi dicono – questi allarmi erano molto più frequenti.

Tutto fa ipotizzare che il tanto decantato (sui media occidentali) attacco dell’esercito ucraino si sia per lo meno fermato. L’avanzata ucraina pare si sia stabilizzata con l’occupazione di villaggi, al di là del confine, in territorio russo, un obiettivo certamente non di rilevanza militare.

Dopo l’attacco delle Forze Armate ucraine tutta la Russia si è mobilitata per portare aiuto immediato alla regione di Krusk.

In città ora sono attivi diversi punti di raccolta e distribuzione degli aiuti umanitari gestiti dalla Croce Rossa russa, dalle parrocchie, o semplicemente da volontari che si sono autorganizzanti in questo frangente. Nel frattempo la popolazione dei centri abitati in prossimità della linea del fronte è stata evacuata in zone più sicure. I profughi sono stati sistemati non solo nella regione di Kursk ma anche in altre regioni della Russia.







Ho visitato il centro della Croce Rossa russa e il centro della Sezione Giovanile della Parrocchia di Kursk in via Tuskarnaya 1.

Anna Koshkina una volontaria del centro ecclesiastico che subito, dal 6 agosto, ha iniziato a prestare il suo aiuto per organizzare l’assistenza ai profughi mi racconta:

«Le persone mi dicevano: “Datemi qualcosa, grano saraceno.. siamo appena arrivati, non abbiamo niente da mangiare, né da bere. Ecco siamo senza niente” - va bene, prendete. Oppure: “Ma non avete cuscini anche se usati?”. Ecco è con questo spirito, che abbiamo iniziato a lavorare. Il punto di distribuzione si è formato spontaneamente, non lo avevamo previsto, e nemmeno è ufficiale. Nessuno ci ha obbligato, nessuno ci ha portato qui. Tra le ragazze che si chiamavano e le persone che rispondevano all’appello, qui eravamo una ventina di persone fino alle quattro del mattino del 7 agosto a raccogliere i primi ordini. Abbiamo suddiviso e distribuito i vestiti, davanti a noi c’erano persone in pantofole, non avevano niente quando sono fuggite, e qui abbiamo scelto per loro il massimo che potevamo donare: vestiti, scarpe, cose calde, - all’inizio di agosto non faceva molto caldo..

Io ho un bambino piccolo e non potevo venire qui il giorno dopo, ma altre ragazze hanno organizzato tutto: Sasha, Lisa, Karina. Anche i due padri: padre Konstantin e padre Vladimir, il nostro clero, sono stati coinvolti nel processo organizzativo. A poco a poco il sistema ha funzionato: come registrare le persone, come ritirare i loro ordini, come consegnare. Spiegavamo che ci sono quattro punti di consegna: prodotti chimici domestici, alimenti, articoli per neonati e alimenti per neonati, biancheria da letto (materassi, culle e biancheria da letto). Alla persona viene consegnato ciò di cui ha bisogno – se ne va soddisfatta. In qualche modo questo sistema si è sviluppato da solo.

Lanciavamo un appello e arrivava tutto da parte della gente comune. Ci dicevano: “Siamo di Krasnodar, siamo di Tyumen..”, tutta la nostra geografia, tutta la nostra Russia. Ci dicevano ad esempio: “Vi abbiamo organizzato una consegna urgente di biscotti, di pasta..”. L’Unione degli armeni, l’Unione degli uzbeki… Straordinario! Da tutte le parti le persone si stanno unendo e tutti vogliono fornire aiuto e sostegno. Perché tutte le persone che arrivano ai nostri punti, o hanno perso i propri cari, o la casa, o le proprie cose. Pertanto, tutto il nostro lavoro viene svolto qui con questo spirito».

 

Padre Vladimir aggiunge:

«Questa è una storia interessante che continua, grazie a Dio, fino ad oggi. Siamo qui nel cortile di un convento, perciò davanti a noi vediamo sia croci sia il territorio di un monastero. Tale spirito si sente, lo dicono le persone stesse. Le persone dicono che qui c’è qualcosa di diverso: è difficile da dire, ma si sente. Pertanto, siamo contenti di lavorare qui con le persone, di incontrarle e di aiutarle. Perché le persone sono state create per aiutarsi a vicenda. Noi qui lo mettiamo in pratica, comprendiamo il nostro valore e ne siamo soddisfatti».

Nel frattempo ho visto l’arrivo di un camion colmo di materassi che i volontari del centro ecclesiastico hanno immediatamente scaricato e immagazzinato (ho approfittato per dare una mano).

Ho raccolto anche testimonianze da parte di coloro che sono riusciti a scappare e a mettersi in salvo dall’attacco ucraino.



Svetlana della città di Rylsk mi racconta:

«Siamo partiti perché davvero i bombardamenti sono iniziati, è stato spaventoso. Capite! Quando si va a dormire e fuori dalla finestra ci si aspetta che qualcosa scoppi, e dove scoppierà? Magari sotto casa tua. Non sai da dove arriva o cosa. E tutto questo è molto serio, perché semplicemente sparano a edifici residenziali e alle persone. Questo non è normale! Si dovrebbe in qualche modo combattere secondo le regole».

Svetlana mi dice che non tutti se ne sono andati:

«L’80% della popolazione se n’è andata, sono rimasti solo i pensionati e coloro che non possono andarsene».

Ho raccolto anche la testimonianza di Sergej ed Anna, marito e moglie, fuggiti da Sudzha. Sergej viene da Guevo, un villaggio a sud di Sudzha, a pochi chilometri dal confine ucraino. Secondo lui prima o poi tutto questo sarebbe successo:

 «Prima di questi eventi c’erano state sparatorie notturne. Per mezz’ora potevamo essere colpiti dal fuoco, così vicini che potevamo sentire i colpi di artiglieria. Ma quando è iniziato esattamente, c’è stata una sparatoria. Ma quando sulla città sono arrivati i Grad (razzi ndr.), è diventato chiaro che dovevamo partire. Era chiaro che era in corso qualcosa di molto brutto. Un razzo è caduto proprio accanto a casa mia; un’altro è caduto sul tetto del vicino».

Sergej ed Anna mi riferiscono inoltre di non aver notizie delle persone che sono rimaste:

«In città non c’è comunicazione, né elettricità, né acqua. Sappiamo che là ci sono ancora persone, quelle impossibilitate a partire. Le persone che sono uscite dalla “prigionia” di Guevo, una settimana fa, hanno detto che ora lì c’è un numero minimo di militari ucraini. Adesso là ci sono francesi e polacchi, in particolare a Guevo. Ancora una volta, se guardate la TV, i video ucraini, sono sempre le stesse persone; dove sono tutte le truppe? Dicono che la città si è arresa senza combattere, che nulla è distrutto, che tutto è intatto. Le nostre case distrutte non entrano nelle loro inquadrature. Non c’è nessun video della parte orientale della città. Ho due amici e i loro genitori sono rimasti lì, non ho più avuto contatti con loro dal giorno 6».

In effetti, chiedendo anche ad altri profughi, nessuno sa cosa stia realmente succedendo alla popolazione civile rimasta intrappolata nei villaggi attualmente sotto occupazione ucraina. Tutti hanno ben chiara la tragedia che da dieci anni sta vivendo giornalmente la popolazione del Donbass, soprattutto di Donetsk, con i frequenti bombardamenti ucraini sui civili inermi. Si teme il peggio.

 

Considerazioni

Il risultato principale dell’attacco ucraino alla Russia si è rivelato il contrario di quanto previsto. Tra i vari obiettivi che il regime ucraino si era posto prevaleva il tentativo di “migliorare la propria posizione negoziale”. In effetti, invece, siamo arrivati ????al punto che ora, dopo l’attacco, non ci saranno negoziati, ciò è stato ribadito più di una volta da esponenti politici russi, compreso il presidente russo Vladimir Putin.

Tuttavia questo non è il solo esito dell’attacco ucraino alla Russia!

Gli eventi nella regione di Kursk ora hanno cambiato tutto. Il nemico è sul territorio russo per la prima volta dalla fine della Grande Guerra Patriottica. Questa volta però non sono solo i carri armati tedeschi a macinare la terra russa nella regione di Kursk, ma i veicoli militari di tutto l’Occidente collettivo, ben intenzionato a sostenere l’esercito ucraino, fino all’ultimo ucraino.

Tuttavia chi ha ideato e pianificato questa invasione conosce poco la storia e non ha valutato che questo attacco ha favorito, ha catalizzato in tutta la Russia un diffuso sentimento nazionale. La storia russa insegna che davanti agli attacchi esterni il popolo russo si unisce, reagisce, si rafforza e si rinsalda nella sua identità, nel suo sentimento patriottico. 

Davanti a questi frangenti ogni questione di tipo interetico, interreligioso o sociale semplicemente si dissolve, sparisce, scompare. Come mi sento spesso dire: “Tutti uniti fino alla vittoria”.

Durante queste settimane di dolore, nei cuori di milioni di russi, è maturata l’idea che si combatterà fino alla fine, fino alla vittoria. Tutti ne sono convinti, non importa quanto tempo ci vorrà. Il ricordo della vittoria nella Grande Guerra Patriottica è vivo e diventa ora l’esempio da seguire. Questo concetto viene ribadito continuamente. A quella vittoria il popolo sovietico vi arrivò anche passando attraverso i campi di Kursk. Ora la storia si ripete

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