Darsi fuoco nel Draghistan
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È morto l'uomo che a Rende, in provincia di Cosenza, si era dato fuoco davanti ad una caserma dei carabinieri.
Si chiamava Francesco Chiarello e di lui sappiamo che era docente incaricato in Lombardia, rientrato in Calabria per un breve periodo di ferie.
Tutto il resto, la motivazione articolata del suo gesto, ci interessa meno.
Si è ipotizzato di tutto, soprattutto perché nessun TG e nessun media padronale ha dato la notizia di un gesto così drammatico. Noi abbiamo rispettato, quando vi abbiamo dato notizia del tragico gesto, la richiesta della sua famiglia di non fare speculazioni.
Solo oggi danno notizia della sua morte.
La censura mediatica ha alimentato ancora di più il dilagare di ipotesi, notizie e smentite sui social.
L'ipotesi più cavalcata sul web ha riguardato lo stato vaccinale del docente, seguita da confuse voci sul fatto che fosse vittima dell'usura.
Quello che mi stupisce è che, di fronte alla totale cancellazione, in due tragici anni, dei diritti costituzionali e della solidarietà umana, del vivere comunitario, della socialità e della cura fisica e psichica, si vada a ricercare la specifica ragione individuale di un gesto così estremo.
Il disagio è sociale. Non è individuale.
Il contesto è politico. Non è personale.
Solo nel giro di una settimana in Italia tre persone hanno deciso di appiccare il fuoco al proprio corpo.
Il 31 gennaio il professore Francesco Chiarello di Rende (provincia di Cosenza) di 33 anni si è dato fuoco davanti alla caserma dei Carabinieri ed è morto oggi, 16 febbraio, dopo una lunga agonia, al Cardarelli di Napoli.
Il 5 febbraio a Oderzo (provincia di Treviso) un esercente pakistano di 38 anni ha tentato il gesto estremo dopo una doppia multa comminata per essere stato ripetutamente trovato sul luogo di lavoro (un negozio di kebab) sprovvisto di Green pass. Secondo le dichiarazioni raccolte da Fanpage.it, i Carabinieri del Comando Provinciale di Treviso avevano appena controllato il locale e inflitto la seconda sanzione. L'uomo, sotto i loro occhi, ha guadagnato l'uscita portando con sé una bottiglietta di liquido infiammabile e un accendino. Si è dato fuoco poco lontano dall'attività commerciale.Le sue condizioni, a quanto si sa al momento, sono gravissime.
L’8 febbraio, in Sicilia, un uomo di 35 anni si è appiccato fuoco a Caprileone. È morto nel reparto di Rianimazione dell'ospedale “Fogliani” di Milazzo dove era stato ricoverato: si chiamava Roberto Parasiliti Provenza, 35 anni, di Rocca di Caprileone, si è cosparso con del liquido infiammabile, nella sua abitazione di via Pugliatti dove viveva con la madre.
Nell’articolo in cui vi davamo notizia del tragico gesto di Chiarello vi invitavamo ad un esperimento sociologico che ora potete fare non con una ma con 3 esseri umani: se 3 persone si fossero date fuoco in Russia o in Cina o in Venezuela: Come sarebbe stata la notizia secondo voi? Quale sarebbe stato il tono usato dai giornali Fiat e dai tg nazionali? Quale sarebbe il posto che la notizia avrebbe occupato nel loro palinsesto? Quanta speculazione sarebbe stata fatta sulla protesta montante contro il "regime di Putin", “il regime di Xi” o “il regime di Maduro”?
E poi concludevamo l’esperimento con questo invito alla riflessione che vi poniamo anche oggi: “Che cosa accadrebbe in un paese normale ai ministri responsabili di un sistema che porta un ragazzo, docente, di 33 anni a questo gesto estremo? Mentre ci pensate il signor Speranza, un nome a caso, continua a rimandare impunemente il giorno delle sue dimissioni…”
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