Dazi, Ucraina e USAID: il mondo non sarà più come prima
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Hanno destato scalpore le sparate di Trump sull’imposizione di dazi elevati a Messico e Canada (in parte rientrate), di dazi (ovvi e scontati) nei confronti della Cina, e soprattutto le minacce di dazi nei confronti dei paesi alleati dell’Unione Europea. Le minacce sono state accompagnate dalla dichiarazione provocatoria che talvolta nel commercio gli “amici” sono peggio dei nemici.
Trump accusa gli Europei di non comprare abbastanza prodotti statunitensi, non accontentandosi del fatto che le importazioni del costoso gas liquefatto USA sono molto aumentate negli ultimi anni dopo il sabotaggio e la chiusura forzata dei gasdotti che facevano affluire gas a buon mercato dalla Russia.
Contemporaneamente l’amministrazione Trump ha aperto una serie di canali per trattative dirette con la Russia nella prospettiva di por fine alla guerra in Ucraina, e persino per una riduzione reciproca di armamenti. Questo ha fatto precipitare nella costernazione i politici europei, che hanno dovuto constatare di non contare nulla. La Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ed il nostro Ministro degli Esteri Tajani hanno pateticamente richiesto di poter partecipare. Lo stesso ha fatto il povero Zelenski che – da bravo ex attore comico di terza categoria - rischia di non poter più recitare la parte dell’eroe con le sue ridicole magliette militari. Vedremo che gli sarà assegnato uno strapuntino come osservatore.
Particolarmente esagitate sono un gruppo di donne guerrafondaie prese da isteria bellica antirussa: dalla “verde” Annalena Baerbock, Ministra degli Esteri tedesca (ancora per poco), alla Ministra degli Esteri della UE, l’estone Kaja Kallas, che si fa fotografare issata su carri-armati. Anche le nostre esponenti del PD, la vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno, e la sua collega deputata Lia Quartapelle si strappano i capelli. Chi dice che le donne sono più pacifiste? Una cosa giusta l’ha detta Giuseppe Conte, che pure era stato spesso ambiguo in passato: “se si è arrivati allo stesso punto raggiungibile con una trattativa, sempre rifiutata, già anni fa, non sarebbe stato meglio trattare prima?”
A molti poi è sfuggita l’importanza della minacciata chiusura dell’USAID (United States Aid) da parte di Trump. Questa organizzazione (che nel 2023 aveva già un budget di 73 miliardi di dollari, oggi ulteriormente aumentato) serviva a foraggiare testate giornalistiche e TV (anche pubbliche come la BBC), singoli giornalisti e Organizzazioni Non Governative (ONG) in molti paesi. Queste azioni servivano ad orientare questi paesi in senso favorevole agli USA ed eventualmente creare disordini per destabilizzare i paesi troppo indipendenti con “rivoluzioni colorate”. Jugoslavia, Georgia, Ucraina, Armenia, Libia, Siria, Egitto, Venezuela, ecc, ne sanno qualcosa.
Dai tre argomenti trattati in precedenza si può dedurre quale sia la strategia di Trump (almeno sulla carta e al netto di sempre possibili colpi di testa imprevedibili). Il neo-Presidente vuole rilanciare la languente produzione USA, da un lato ponendo vincoli e dazi alle economie concorrenti, dall’altro favorendo una nuova stagione di “isolazionismo” ritirandosi dai settori più dispendiosi e affidandoli ad altri (da questo la richiesta agli Europei di alzare il loro budget militare al 5% del PIL).
Purtroppo in questa strategia sembra essere tenuto fuori il Medio Oriente, che Trump sembra voler “ridisegnare” con la forza, in stretta alleanza con il suo sodale Netanyahu. I Palestinesi dovrebbero essere i principali sacrificati, visto che possono contare solo sull’appoggio di Hezbollah, degli Yemeniti di Ansar Allah e in parte dell’Iran (che però è minacciato a sua volta). La Russia, impegnata su altri fronti, si è alquanto defilata (vedi anche la vicenda siriana) e la Cina è “lontana”.
La Resistenza Palestinese ha dimostrato, però, un’incredibile resilienza (nonostante il genocidio e il tradimento dei collaborazionisti dell’ANP) e un’inesauribile capacità di lotta contro un nemico forte e spietato.
Assisteremo agli sviluppi di tutto questo. Intanto si può dire che certamente il mondo è entrato in una nuova fase (alla faccia della “fine della storia” dichiarata da Fukuyama dopo l’implosione dell’URSS). In questa fase i vecchi imperialismi occidentali non riescono più a dettare legge e oscillano tra un’opzione militare e la ricerca di nuove vie e compromessi con le forze emergenti.
Roma, 14 febbraio 2025, Vincenzo Brandi