Dazi USA al 104%: la risposta di Pechino
È ufficiale: sono entrati in vigore i nuovi dazi statunitensi contro la Cina, con un aumento del 50% che porta l’imposizione complessiva al 104%. L’annuncio è arrivato dalla Casa Bianca, che ha presentato la misura come un atto di forza a tutela dei lavoratori USA. Durante una conferenza stampa, la portavoce Karoline Leavitt ha dichiarato che “quasi 70 Paesi si sono messi in contatto con Trump per negoziare” e ha ribadito che il presidente “ascolterà le offerte, ma gli accordi si chiuderanno solo se porteranno benefici ai lavoratori statunitensi”.
Pechino ha reagito con fermezza. Il portavoce del Ministero degli Esteri, Lin Jian, ha accusato Washington di “protezionismo e bullismo economico”, affermando che la Cina “non è in cerca di conflitti, ma non si tirerà indietro”. Ha denunciato le tariffe statunitensi come una violazione delle regole della WTO e ha annunciato contromisure “forti e risolute” per difendere gli interessi cinesi. Tra le possibili misure allo studio: aumento dei dazi su prodotti agricoli statunitensi (come soia e sorgo), blocco all’importazione di pollame USA, restrizioni sul commercio di servizi, stop alla cooperazione su temi sensibili come il fentanyl, limitazioni all’ingresso di film statunitensi e indagini su aziende USA operanti in Cina.
Intanto, Trump ha ampliato il fronte delle tensioni commerciali anche verso altri partner. L’Unione Europea è stata accusata di “trattare male” gli Stati Uniti e ha già annunciato dazi di ritorsione. Il Giappone e il Canada sono finiti anch’essi nel mirino della Casa Bianca. Negli stessi Stati Uniti cresce la preoccupazione. Larry Fink (BlackRock) teme effetti negativi sui mercati, e la Camera di Commercio USA valuta un’azione legale contro i nuovi dazi.
Secondo diversi analisti, l'approccio unilaterale potrebbe alimentare l’isolamento economico USA nel medio periodo. Al momento, entrambe le potenze restano su posizioni ferme. I margini per il dialogo esistono, ma serviranno segnali concreti da entrambe le parti per evitare un’escalation che potrebbe ripercuotersi su scala globale.
*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati