Di continente in continente fascismi 2.0 NOI E GLI ALTRI GANGSTER

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Di continente in continente fascismi 2.0 NOI E GLI ALTRI GANGSTER

 

di Fulvio Grimaldi

Questo regime di biscazzieri, malviventi, scappati di casa, incapaci, mentitori, armatori e complici di massacratori di guerra, ha rimandato libero e riportato nel suo covo di briganti, a Tripoli, un assassino torturatore di massa, sotto mandato d’arresto del Tribunale Penale Internazionale. Al nostro regime di complici di ogni infamia lo ha ordinato il capo della cosca criminale libica a cui noi, con l’ONU, conferiamo il titolo di governo. A condizione che ci passi il petrolio e che tenga rinchiusi, torturati e uccisi, coloro che vorrebbero venire qui.

Questo regime di biscazzieri, malviventi, scappati di casa, incapaci, mentitori, armatori e complici di massacratori di guerra, ha rimandato libero e riportato nel suo covo di briganti, a Tripoli, un assassino torturatore di massa, sotto mandato d’arresto del Tribunale Penale Internazionale. Al nostro regime di complici di ogni infamia lo ha ordinato il capo della cosca criminale libica a cui noi, con l’ONU, conferiamo il titolo di governo. A condizione che ci passi il petrolio e che tenga rinchiusi, torturati e uccisi, coloro che vorrebbero venire qui.

Ma i fascismi di cui si parla in questo video sono tanti e neanche tanto vari. E’ bastato, a Washington, qualche mero accenno a una variazione sul tema dell’America antropofaga, che paggi, vallette, spazzini e strilloni europei sono andati in agitazione: “Quello cincischia, cambia le carte in tavola e allora noi che facciamo?” Ed è stata la bava alla bocca, l’urlo collettivo: guerra guerra guerra!

In questi giorni, tra assassini-torturatori, nostri partner dell’Altra Sponda, genocidi in estensione da Gaza al Libano e alla Cisgiordania, nostri sodali da amare e armare, e il nuovo grande capo che, con i 50.000 satelliti del suo visir dal braccio teso, promette di contarci anche i peli del pube, contro fatti duri e puri abbiamo sbattuto la zucca.

Su Donald Trump s’è sentito da tutti di tutto. Data l’imprevidibilità di uno che sistematicamente sfugge alle nostre elementari categorie di classificazione, ognuno vi si esercita al principale scopo di esibire competenze e perspicacie analitiche e predittive. Qui menziono solo una di queste onanistiche performance. Forse la più scema di tutte. E perlopiù wako e, quindi, in senso ostinato e contrario a quanto di “cultura” e di “politically correct” ci hanno rifilato negli anni da Obama in qua.

Dobbiamo alla penna aguzza di Selvaggia (nome omen) Lucarelli, giudice burbanzosa di ballerini sotto le stelle e produttrice di eversioni parioline sul Fatto Quotidiano, il miracolo di aver scandagliato nel profondo le complesse sfaccettature di uno che vuole la pace con Putin, ma lo sterminio dei palestinesi, l’ingresso dei suoi scarponi in Groenlandia, Canada e Panama, ma l’uscita da OMS, Green Deal e, hai visto mai, NATO, un’Europa piccola piccola, ma un Israele grande grande e via pazzarellando.

Per Selvaggia, ciò che invece conta e ci rappresenta l’omone alla carota, sul piano etico, estetico e culturale, è ben altro. Scrive: “Il suo progetto affonda le radici nel machismo…la virilità dominante dei maschi accanto a lui (compresa la ricca dozzina di donne?)… l’espressione massima di potere del maschio bianco che sfida il resto del mondo, galassie comprese…”.

Beh, non ha tutti i torti la sondatrice delle incomparabili specificità di Trump, nemmeno quando ne trae previsioni di incomparabili sventure determinate dall’identità di “maschio bianco”. Visto che quelli prima di lui, Biden, Obama, Bush, Clinton, Reagan, di tutto erano espressione fuorchè di machismo, di sfida al mondo, di mascolinità bianca (tipo guerre, che poi, pur essendo la massima espressione del machismo dell’uomo bianco, lui non ne ha lanciate).

Lasciamo pure Trump al ruolo di “macho più potente del mondo”, secondo le semplificazioni che fanno certi scrivani trovandosi in difficoltà a scorgere tra le nebbie i pupari del teatro dei burattini i cui trilioni manovrano per davvereo le sorti del mondo. Tuttavia, cosa pensate che facessero i Bezos, Zuckerberg, Musk, Pichai (Google), Fink (Blackrock) e colleghi vari, allineati dietro a Trump? I guardiaspalle? I pretoriani, i famigli? O quelli che muovono i fili?

C’è chi si ritiene ancora ai tempi dell’Unto del Signore che tutto può e tutto fa.

Unto del Signore, peraltro, che regolarmente nella Storia si ritrova sbalzato dal cavallo da qualcuno che, scampato agli zoccoli, pur nudo e scalzo, ne è diventato pietra d’inciampo. E’ successo tante volte. Spesso è bastato accendere una miccia a far imbizzarrire il cavallo e precipitare l’Unto.

Ho visto, al tempo di “Piombo Fuso” la gente di Gaza. Fuori non si vedeva a un passo dalla polvere delle macerie e dal fumo delle bombe. Si sapeva che, uscendo, si sarebbe inciampato su corpi esanimi. Ma dentro al piccolo centro culturale, dalle finestre infrante, ragazzine e ragazzini suonavano, cantavano, facevano la V con le dita, ti guardavano negli occhi  e scandivano tra una strofa e l’altra “Non vogliamo il pane, non vogliamo l’acqua – vogliamo la libertà”.

Una bambina dagli occhi verdi (la ritrovate nel mio docufilm “Araba Fenice il tuo nome è Gaza”) recitava versi del più grande poeta di Palestina e della Resistenza, Mahmud Darwish:

“ I nemici possono avere la meglio su Gaza – possono spezzarle le ossa – possono piantare carri armati nelle budella delle sue donne e dei suoi bambini – possono gettarla a mare, nella sabbia e nel sangue – ma lei non ripeterà le bugie – non dirà sì agli invasori – continuerà a farsi esplodere – non si tratta di morte – non si tratta di suicidio – ma è il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere – Continuerà a farsi esplodere…”

Il giorno dell’annuncio del cessate il fuoco, Gaza è di nuovo esplosa. Decine di migliaia in festa attorno ai propri combattenti con fascia verde e passamontagna e la bandiera palestinese sul braccio. L’esercito più invincibile del mondo si era ritirato. Scoraggiato, stanco, sconfitto, privo di centinaia di disertori. Torna in un suo Stato dal quale altri, in abiti civili, fuggono a centinaia di migliaia.

Sancisce il ministro degli Esteri Gideon Saar: “Non abbiamo raggiunto nessuno degli obiettivi dell’aggressione militare… non siamo stati capaci di distruggere il potere politico e la capacità militare di Hamas”. L’architetto del celebrato “Piano dei Generali” (affamare la popolazione, deportarla), Generale Gioria Eiland: “Il nostro è stato un fallimento totale. Ce ne andiamo senza aver ottenuto un solo risultato. Abbiamo perso la guerra, Hamas è più forte di prima”. Haaretz, primo giornale di Israele: “I palestinesi sono il migliore popolo al mondo nel difendere la propria terra. Chi, se non i proprietari della terra la difenderebbe con tanta determinazione, con la propria vita, i propri figli e un tale orgoglio?”

Gaza è invincibile. Gaza ha vinto già solo per esserci. I gangster hanno ucciso 47.000 persone, anzi, 70.000, forse molte di più. Ma i palestinesi sono 14 milioni. Grazie ai loro martiri sono tornati a esserci. Hanno accettato il costo, il conto torna. Torna anche per quei palestinesi che su quella terra sono stati nei millenni.       

I palestinesi sanno che il passato non è morto. Anzi, non è neanche passato.

Noi ce ne siamo dimenticati.

 

 

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