Di quale Stato e Educazione parliamo?
di Massimiliano Esposito
C'è Qualcuno che urla all'Educazione di Stato Atea per i bambini, con ruolo marginale delle famiglie.
Ma di quale Stato e di che Educazione parliamo?
"L'educazione dei figli è politica...", credo sia più diventata antropologia dei consumi, o qualcosa che si incamera più nella dottrina delle materie economico-finanziarie. Poiché, oggi, tutto è profitto. Soprattutto il sistema formativo.
Dunque, "l'educazione al consumo", dal latino consumare composto da com (completamente) e sumere (usare), ma che si snatura dal suo costrutto primario ed ancestrale, riprogrammandolo in un desiderio indotto, abilmente manipolato dall'alto.
Lo stesso Bauman supera oltre ogni qualsivoglia confuso dilemma nel concetto riferito al consumatore volubile e lunatico, continuamente esaltato da una capricciosa morbosità all'acquisto compulsivo.
L'Homo consumens, ha sancito la trasformazione di ogni cosa in merce. Anche di sé stessi. Nelle 24 ore della nostra giornata esistente bisogna essere ottimi imprenditori di sé stessi, e dunque riuscire a vendersi bene nella socialità, nelle dinamiche affettive, ma soprattutto a lavoro. La nostra identità diventa la proiezione di questa imposizione cognitiva-emotiva-comportamentale. I punti fermi quali lavoro, classi sociali, affettività, famiglia, spiritualità sono tutti terribilmente ed in maniera devastante stati soppiantati, resta l'atomizzazione fluida della modernità. Stracolma di vuoti di ogni genere, che nel consumo vorrebbe colmarli, ma che si ritrova in questa continua crisi di astinenza di bisogni inutili, e da cui la pedagogia non ha fornito utili controffensive.
Bisognerebbe, dunque, più analizzare minuziosamente i sistemi pedagogici odierni, se funzionali o meno, all'indottrinamento del perfetto consumatore che si fa poche domande e crede minuziosamente alle sue catene. La proposta di obbligatorietà dell'asilo potrebbe essere intesa proprio in quel regime ultra-capitalistico della visione puberale dell'individuo, in cui genitori che lavorano, con salari sempre più miseri, hanno bisogno di una collocazione istituzionale per i propri figli, in loro assenza. Visto le condizioni di ciò che accade nei sistemi educativi, in primis bullismo e criteri di omologazione generalizzati, se si potesse magari ritornare al tutore che istruisce sui classici a casa, non sarebbe poi così male. L’educazione al Mercato ha fatto danni peggiori di una carestia. Permanente.