Die Welt - Perché la “barriera alpina” mette in pericolo il futuro dell'euro

Il futuro dell'euro dipende dalla capacità delle parti sociali, dei politici e dell'opinione pubblica dei paesi dell'euro di adattarsi alla politica salariale e sociale necessaria in un'unione monetaria. L'Italia e la Germania sono ancora lontane da questo. Thomas Mayer è direttore fondatore del Flossbach von Storch Research Institute e professore presso l'Università di Witten / Herdecke

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Die Welt - Perché la “barriera alpina” mette in pericolo il futuro dell'euro

di Mayer Thomas, Die Welt

9 marzo 2021

 

Si dice che i Tedeschi amassero gli Italiani, ma non li rispettassero. Gli Italiani invece rispettavano i Tedeschi, ma non li amavano. Quando ci si riferisce al rapporto coi soldi, si ha l'impressione che gli Italiani rispettino così tanto i Tedeschi da non volere altro che la responsabilità solidale tedesca per il debito nazionale italiano. E i Tedeschi amino così tanto gli Italiani, da volere più di tutto liberare l'Italia dall'unione monetaria. Non c'è dubbio, il rapporto è difficile e la barriera tra i due Paesi a volte sembra alta come le Alpi.

Gli esperti descrivono differenze e somiglianze Il volume “The Value of Money - Controversial Economic Cultures”, pubblicato dal centro italo-tedesco Villa Vigoni, esamina quanto sia alta questa barriera in materia di moneta e finanza. In 22 articoli, economisti, giornalisti e politici tedeschi, italiani e di altri Paesi esaminano le differenze e le somiglianze nello sviluppo economico e nella visione sull'Unione economica e monetaria europea, a nord ed a sud delle Alpi. Tra gli autori figurano nomi noti, come gli ex ministri delle finanze italiani Giulio Tremonti e Pier Carlo Padoan, nonché gli ex membri del Consiglio esecutivo di Bce Gertrude Tumpel-Gugerell e Otmar Issing.

L'ex presidente di Bce Jean-Claude Trichet ha contribuito con una prefazione. Trauma tedesco dell'iperinflazione Il quadro della visione tedesca e italiana dell'unione monetaria, che emerge dai contributi, è certamente complesso. Ma si possono vedere i contorni delle differenze e delle somiglianze italo-tedesche. In Germania, la visione dell'ordine monetario è ancora fortemente influenzata dal trauma dell'iperinflazione del primo dopoguerra, nonché dalla riforma valutaria dopo la seconda guerra mondiale. La risposta a questo trauma fu una forma ordoliberale di politica economica, nella quale sono le regole, piuttosto che la discrezionalità a determinare le decisioni.

La banca centrale dovrebbe, indipendente ed indifferente all'influenza della politica quotidiana, fornire una moneta stabile per l'economia come fondamento per il lavoro. L'economia tedesca era orientata verso il mercato mondiale e, per molto tempo, l'opinione pubblica tedesca poteva immaginare un'unione monetaria europea solo come il coronamento dei completi adattamento e integrazione degli stati nazionali all’interno di un mercato europeo comune. Politica monetaria e fiscale in stretta associazione L'Italia, al contrario, ha compiuto una rottura solo politica con la propria eredità fascista ed ha adottato sostanzialmente le istituzioni create sotto il Fascismo. La struttura corporativista della società e dell'economia continuò a vivere, gli attori economici si orientarono più verso il mercato interno che su quello mondiale. La politica economica italiana è stata determinata dalle decisioni discrezionali degli attori politici, piuttosto che dalle regole.

La politica monetaria e la politica fiscale hanno agito in stretta associazione e la Banca d’Italia ha avuto un'importante influenza sulle banche commerciali, attraverso il suo ruolo di supervisore. L'opinione pubblica italiana si augurava che le istituzioni europee avrebbero avuto un'influenza stabilizzatrice sulla politica nazionale. Di conseguenza, ci si aspettava che, attraverso l'introduzione di una moneta comune, sarebbe stato imposto l’aggiustamento economico necessario per l'integrazione europea. Il tasso di cambio della lira è rimasto stabile

Ma ci sono anche notevoli somiglianze nella storia economica dei due Paesi. Se si guarda all'andamento dell'inflazione, dei tassi di interesse, dei tassi di cambio e del debito nazionale dalla fondazione dei due stati nazionali, si nota che, fino agli anni '70, l'Italia ha saputo mostrare uno sviluppo dei tassi di interesse e del cambio della valuta comparabile o migliore di quello della Germania. Contrariamente alla Germania, l'Italia non ha subito iperinflazione, riforme valutarie o default sul debito nazionale. Durante il periodo del gold standard (fino alla prima guerra mondiale) e del sistema monetario di Bretton Woods (fino all'inizio degli anni '70), il tasso di cambio della lira è rimasto stabile. A differenza della Germania, lo Stato italiano ha estinto gradualmente i debiti accumulati nelle due guerre mondiali. Fu solo negli anni '70 che l'inflazione iniziò a salire più bruscamente in Italia, la valuta si svalutò e lo Stato accumulò permanentemente alti debiti. L'economia italiana deve adattarsi Fra economisti e banchieri di entrambi i paesi, vi è stato un ampio accordo sui vantaggi di una più profonda integrazione europea fra i responsabili della politica estera ed i vertici dello Stato.

E, dal 1990, pure la Germania ha sperimentato una differenza regionale della forza economica tra Est e Ovest, che è simile alla divisione tra Sud e Nord che c’è stata in Italia sin dalla fondazione dello Stato. Gli autori dei contributi concordano ampiamente sulla necessità di ampi aggiustamenti dell'economia italiana, per soddisfare i requisiti di una moneta comune. Tuttavia, gli autori tedeschi giudicano più basse le possibilità di successo e vedono il futuro dell'unione monetaria con maggiore scetticismo, di quanto facciano gli altri. Dal punto di vista italiano, è auspicabile una ancora maggiore integrazione europea nella politica fiscale, nel settore bancario e finanziario e nella politica estera. Nella conclusione della sua prefazione, Jean-Claude Trichet mette il dito sul punto dolente: il futuro dell'euro dipende dal fatto che le parti sociali dei paesi dell'euro, sostenute dalle rispettive opinioni pubbliche, sappiano adattarsi alla politica salariale (e si vorrebbe aggiungere pure alla politica sociale) necessaria in un'unione monetaria. Da questo, entrambi i paesi sono ancora molto lontani.

 

(traduzione di Musso)

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