Educare allo sfruttamento: la "filiera" di Valditara
di Angela Fais per l'AntiDiplomatico
Al Governo forse sembrano pochi i 18 ragazzi morti ancora minorenni e i 300mila infortunati anche gravemente dal 2017 ad oggi, per interrompere la strage dell’alternanza scuola-lavoro.
La settimana scorsa un’altra vittima. Gravissimo l’incidente che ha colpito un alunno minorenne dell’istituto “Celestino Rosatelli” di Rieti. Il quadro dell’incidente non è ancora stato chiarito del tutto. Il ragazzo svolgeva le ore di alternanza scuola lavoro presso una azienda reatina di lavorazioni meccaniche quando il guanto che lo studente stava utilizzando, sembrerebbe sia stato risucchiato dal tornio insieme all’intero arto che si è gravemente fratturato in più punti. Subito soccorso dal 118 e sottoposto a un intervento chirurgico delicatissimo, adesso corre il rischio di perdere l’arto. La notizia è stata diramata dalla Rete degli studenti medi del Lazio.
Si fa presente che nella nuova riforma della “filiera tecnologico-professionale” del Ministro Valditara, si prevede un percorso di 4 anni di scuola più 2 di percorsi professionalizzanti direttamente all’interno di aziende e nelle industrie presenti nel territorio. Il nucleo fondante della Riforma è proprio l’inserimento nel mondo del lavoro, la formazione e la prestazione a titolo totalmente gratuito presso le aziende. Con conseguente e congruo aumento delle ore di Ptco, ossia il nuovo nome della alternanza scuola-lavoro, e una riduzione a 4 anni anziché 5 di frequenza scolastica. L’aspetto non secondario che subito ci colpisce è il linguaggio adoperato: Riforma della “filiera tecnologico-professionale”.
Come riportato dalla Treccani per ‘fliera’ nel linguaggio economico si intende “tutta la catena di passaggi produttivi che precedono l’arrivo della merce sullo scaffale del negozio”. Qua però il negozio sono le aziende private che entrano in gioco nella Riforma e il prodotto i nostri ragazzi. Eppure il Min. ha recentemente rilasciato delle dichiarazioni trionfanti relative alla riforma, mentre si trovava al Cairo dove ai primi di febbraio di questo mese inaugurava il ‘Villaggio Italia’, la prima fiera educativa italiana all’estero organizzata in collaborazione con Confindustria. “Il percorso di 4 anni -dichiara Valditara- è stato pensato per garantire una solida preparazione nelle materie di base, andando a recuperare i gap registrati in italiano, matematica e inglese, e una maggiore preparazione in quelle specialistiche, utilizzando una grande flessibilità didattica”.
Un grande miracolo italiano, insomma. Si riesce incredibilmente a fare tutto ciò che non è stato fatto durante il percorso precedente e in più persino a andare oltre, conseguendo una maggiore preparazione grazie a “una grande flessibilità didattica”. E’ veramente sorprendente.
Abbiamo raggiunto il Rappresentante nazionale della Rete degli studenti medi, Paolo Notarnicola, 22 anni ora studente di filosofia all’ Università di Padova, e con lui abbiamo parlato dell’incidente di Rieti e della riforma degli istituti tecnici. Iniziamo subito col dire che in Italia gli studenti, obbligati a svolgere attività lavorative anche rischiose e senza alcuna retribuzione, non sono neppure garantiti da un sistema che preveda le tutele minime relative alla sicurezza. “Ma - dichiara Paolo- il tema reale è ancora un altro. Uno studente che affronta un periodo di formazione durante il percorso scolastico infatti non può e non deve essere inserito in un percorso produttivo, né tantomeno deve servire nessuna industria. Sono percorsi da abolire. E’ inaccettabile che un percorso formativo diventi altro. Questa non è formazione ma ‘educazione allo sfruttamento’ dal momento che uno studente viene inserito all’interno di percorsi lavorativi non retribuiti”.
Obbligare minorenni ad attività lavorative non retribuite è vietato anche dalla carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea che all’ articolo 32 vieta il lavoro minorile e norma la protezione dei giovani sul luogo di lavoro: “Il lavoro minorile è vietato. L'età minima per l'ammissione al lavoro non può essere inferiore all'età in cui termina la scuola dell'obbligo, fatte salve le norme più favorevoli ai giovani ed eccettuate deroghe limitate. I giovani ammessi al lavoro devono beneficiare di condizioni di lavoro appropriate alla loro età ed essere protetti contro lo sfruttamento economico o contro ogni lavoro che possa minarne la sicurezza, la salute, lo sviluppo fisico, psichico, morale o sociale o che possa mettere a rischio la loro istruzione”.
I 18 morti e 300mila feriti dal 2017 a oggi non sembra siano un fatto rilevante, se nella nuova riforma sono ulteriormente incrementati i ptco a tutto vantaggio delle aziende. In Italia sdoganiamo lo schiavismo. La rete degli studenti medi ha lanciato una giornata di attivazione nelle scuole di tutta Italia per sensibilizzare al tema l’intero Paese e oggi alle 15:30 erano presenti con un presidio dinnanzi al Ministero dell’Istruzione. Chiedono un passo indietro al Ministro Valditara rispetto ai Ptco. “Nel Decreto legislativo ‘Primo maggio’ 2023 si prevede lo stanziamento di un fondo - ci dice Notarnicola- per decessi e infortuni e la possibilità di stipulare polizze assicurative anche per gli studenti in percorsi di alternanza scuola-lavoro. Quindi con questo decreto il Governo accetta che ci possano essere incidenti e morti e anzi norma e normalizza qualcosa che in un Paese civile dovrebbe essere semplicemente inaccettabile! Di fatto non viene introdotta nessuna misura a tutela degli studenti”. Notarnicola prosegue dicendo che come studenti condividono il tema per cui si debba coniugare la scuola al lavoro ma precisa: “Non è certo lavorando gratis per una azienda che si fa formazione. Bensì si dovrebbe far formazione secondo le attitudini di ciascuno, ma dentro le scuole: nei laboratori delle scuole. Questi andrebbero finanziati anzichè favorire le aziende fornendo loro forza lavoro da sfruttare come mai nessun lavoratore dovrebbe essere sfruttato. Non bisogna inserire studenti al interno di un mondo del lavoro che è precario”, conclude salutandoci Paolo Notarnicola.
La scuola perde così la sua funzione di ascensore sociale anzi rimarca la differenza di classe giacché chi è senza risorse è costretto a questi percorsi che non lasciano altra possibilità; se pure infatti esiste formalmente quella di andare all’università, nella pratica se viene favorito un percorso come quello del 4+2 in cui c’è un inserimento immediato nel lavoro, per chi ha scarsezza di risorse non si incentiva lo studio. In altre parole chi è povero resta povero. Oltretutto prestando manodopera gratuita alle aziende queste avranno anche dei rappresentanti a scuola, a sopperire la carenza di competenze dei docenti in materia di impresa, influenzando il percorso didattico col conseguente rischio per la libertà di insegnamento.
Si profila una riforma tailorista e post fordista in cui a trarre profitto non è la scuola, non la cultura, né tantomeno gli studenti che continuano a pagare anche con la vita a vantaggio delle imprese private.