Elena Basile - La politica internazionale, l'occidente e i pregiudizi morali
Diviene un obbligo morale stigmatizzare i crimini israeliani in Palestina e la complicità occidentale. Come afferma Kathleen Johnston, vedere un bambino che con una gamba amputata trascina la sua esistenza in una tenda aiutandosi con un roller skate, giocattolo degli spensierati ragazzi occidentali, dovrebbe far rabbrividire di sdegno. L’Irlanda, fiero Paese che ha pagato un prezzo atroce al colonialismo inglese, indica la strada. I Paesi europei dovrebbero seguire: cessate il fuoco, riconoscimento della Palestina, agevolazione dell’azione del Sud Africa presso la Cgi, sanzioni contro Netanyahu. Il governo e l’opposizione dovrebbero essere uniti in questo cammino. L’Europa per essere fedele ai propri valori, ai principi immortalati nei documenti e nelle Costituzioni europee, dovrebbe procedere senza indugi a vendicare gli innocenti che sono sotto il torchio di un governo terrorista. Noi non siamo stati complici dei crimini di Hamas il sette ottobre, ma lo siamo di quelli di Netanyahu. In Ucraina dovremmo assumere il dolore di una generazione massacrata e di un Paese distrutto per cercare la mediazione con la Russia che può avvenire solo se l’Occidente si distacca dalle politiche neo-conservatrici Usa determinate a perseguire l’espansionismo Nato e l’erosione del potere a Mosca sin dal lontano 1997, come le prove documentali dimostrano. Invece, rimaniamo silenti mentre Blinken convince Zelensky a massacrare i ragazzi più giovani, i diciottenni, in un conflitto che sappiamo di avere già perso. In Siria, non vincono i “ribelli” contro un dittatore sanguinario. Le milizie jihadiste addestrate dalla Cia, ceceni, ucraini, libici hanno attaccato uno Stato sovrano, un popolo che soffre da un decennio per le sanzioni unilaterali statunitensi, per la guerra civile fomentata dagli occidentali che ha dato inizio alla feroce repressione da parte di Bashar al-Assad. La morale esiste nella demistificazione della propaganda occidentale. Non neghiamo la ferocia di un regime che peraltro è molto simile a quella dei nostri alleati in Medio Oriente. Regeni si rivolta nella tomba. La cosiddetta esportazione della democrazia copre interessi geopolitici americani contro i popoli europei e mediorientali. La Cina, la Russia, non perseguono interessi imperialistici? È l’obiezione del moderato di destra come di sinistra. La politica di potenza ha caratteristiche simili e gli occidentali non sono più cattivi degli altri. La ricostruzione obiettiva degli eventi mostra tuttavia come Russia e Cina abbiano oggi una postura difensiva e tendente alla stabilizzazione delle aree. Washington, per difendere il dominio del dollaro, punta sulle guerre e sul caos che, indipendentemente dagli esiti dei conflitti, portano benefici tattici immediati, frenando la crescita del potere economico e strategico dei rivali. Osservo inorridita mediocri europarlamentari, appartenenti alla tradizione democristiana o del centrosinistra, (non al fascismo militarista che si finge di combattere) spronare alla guerra, alla censura, alla trasformazione del liberalismo. Artisti, intellettuali russi sono minacciati. Viene loro negato il visto. Da quel che leggo, il console russo non può parlare alla comunità russa a Milano. In modo orwelliano, le donne al potere che nel sogno femminista avrebbero dovuto inaugurare una dimensione differente dello stesso, sono invece la faccia dell’Europa illiberale e militarista. La voce della ragione resta relegata in spazi minoritari del dissenso, nei 5 Stelle, nel pensiero cattolico più alto in grado, con papa Francesco e alcuni suoi straordinari cardinali, nel non arrendersi alla sottocultura della nostra classe di servizio e a portare alta la bandiera dell’umanesimo cristiano.
di Elena Basile - Fatto Quotidiano (20 dicembre)
È strano rendersi conto che anche gli analisti più seri, come quelli della fortunata rivista di politica internazionale Limes, riescano a volte a confondere piani diversi. Con un certo grottesco orgoglio affermano di svolgere analisi prive di pregiudizi morali. In effetti la ricostruzione storica degli eventi e l’analisi realistica della politica internazionale impone la demistificazione dei travestimenti ideologici ed etici in cui la propaganda occidentale primeggia. Questo non significa affatto mettere l’etica in un cantuccio. La politica senza visione etica è soltanto la dimensione del potere. Per gli Stati la dimensione della potenza. I giovani sono oggi rassegnati a considerare i partiti europei strumenti di una oligarchia. Sono invece convinta che la visione umanistica è necessariamente presente nella politica intesa come strumento di governo dei popoli per il miglioramento del loro benessere, per la pace e la prosperità. Se non sono gli analisti, se non è l’intellighenzia a giudicare l’azione umana tenendo alti i parametri morali, a chi vorremmo mai affidare questo compito?