Elezioni in Germania: dalla crisi economica a quella politica
di Domenico Moro
Le elezioni politiche tedesche delineano la crisi dei partiti tradizionali di governo e il rafforzamento delle ali estreme del panorama politico, come riflesso della grave crisi economico-sociale in cui versa il più importante paese della Ue. Infatti, i partiti che componevano la coalizione dell’ultimo governo sono calati fortemente. I socialdemocratici della Spd subiscono il calo maggiore passando dal 25,7% del 2011 al 16,4% del 2025, il loro peggiore risultato di sempre, i Verdi scendono dal 14,8% all’11,6% e i liberali della Fdp crollano al di sotto della barriera del 5%, restando così fuori dal parlamento tedesco. È vero che, come pronosticavano i sondaggi, il primo partito risulta la democristiana Cdu, ma questa con il 28,5% dei voti - appena 4 punti più del 2021 - rimane al di sotto della soglia “psicologica” del 30% su cui puntava.
Viceversa, i partiti all’estrema destra e all’estrema sinistra crescono in modo molto sostenuto. In particolare, Afd diventa il secondo partito della Germania, guadagnando ben 5 milioni di voti in più, che la portano a salire dall’11% del 2021 al 20,8%. Si tratta del primo partito di estrema destra a ottenere un risultato di questo rilievo dal 1945. All’altra estremità dello spettro politico la Linke, che era data per spacciata dopo il voto delle europee in cui aveva raccolto solo il 2,7% dei voti, ottiene l’8,7%. Tra i 18-24enni la Linke è addirittura il primo partito con il 27%. Più deludente è il risultato dell’altro partito di sinistra radicale, Bsw, guidato da Sahra Wagenknecht, che, malgrado alle europee avesse ottenuto il 6,17%, alle politiche, con il 4,97%, per un soffio non entra in parlamento.
Quali sono le ragioni di questi risultati?
In primo luogo, il quadro economico generale. La Germania, un tempo locomotiva d’Europa e paese al cui modello mercantilista si ispiravano gli altri paesi europei, versa da anni in una stagnazione economica. Dal 2019 al 2024 la crescita del Pil tedesco è stata inferiore a quella di Spagna, Italia, Francia, Regno Unito, Giappone e Usa. Per il 2025 le previsioni della crescita del Pil sono appena del +0,1%. Un forte vulnus alla crescita è stato dato dalle sanzioni contro la Russia che hanno avuto come conseguenza il taglio dei rifornimenti di gas a buon mercato dall’Est, che in Germania costava, prima della guerra, 1,8 volte più che negli Usa, ed ora costa ben cinque volte di più.
Ma il problema è più di fondo: a non funzionare più è il modello tedesco, basato sulle esportazioni e sulla disciplina di bilancio, di cui la Germania è stata la principale fautrice nell’area euro. Il freno alla spesa statale si è riverberato negativamente sugli investimenti e in particolare sulle infrastrutture e quindi sulla competitività tedesca. La coalizione di governo, formata da Spd, Verdi e Fdp, si è trovata così ad affrontare la crisi del modello tedesco, aggravata prima dalla pandemia e poi dalla guerra. L’insoddisfazione di massa per la situazione economica, a partire dall’inflazione che ha eroso la capacità d’acquisto dei salari, si è tradotta nel drastico calo di consensi. Inoltre, i risultati elettorali scontano anche la divisione in due della Germania tra una parte più ricca, l’Ovest, e una parte più povera, l’Est, che in più di trent’anni non è stata risolta. Non a caso, Afd è nata ad Est, dove continua ad avere le sue roccaforti elettorali.
Il secondo tema che spiega il risultato elettorale è l’immigrazione. La campagna elettorale si è concentrata sul tema dei respingimenti, malgrado la coalizione di governo li avesse aumentati. La questione si è esacerbata anche a causa dei recenti fatti di violenza accaduti in Germania che hanno visto protagonisti degli immigrati. La questione immigrazione è sempre stata messa da Afd in primo piano nel suo programma elettorale, ma tutti i partiti – eccetto la Linke – avevano preso posizione per il restringimento degli ingressi.
Il terzo tema è quello del neofascismo. Afd è indicata come partito non solo xenofobo ma anche con simpatie per il nazismo. Il suo rafforzamento elettorale, quindi, ha sollevato la preoccupazione di molti in Germania. Questa preoccupazione si è accresciuta quando la Cdu ha fatto approvare in parlamento una mozione anti-immigrati con l’aiuto di Afd. Le aspre polemiche, seguite a questo episodio, hanno costretto Merz, il leader della Cdu, a promettere che il suo partito non avrebbe in nessun caso fatto una alleanza di governo con Afd. Ad ogni modo, negli ultimi mesi si sono succedute numerose manifestazioni anti-fasciste e contro la Afd che hanno coinvolto centinaia di migliaia di tedeschi e che hanno influito sulla campagna elettorale.
Tutti questi fattori – la stagnazione economica, e soprattutto l’immigrazione e l’antifascismo - hanno portato a una polarizzazione del confronto e a una mobilitazione dell’elettorato come non si vedeva dalla riunificazione tedesca (la partecipazione al voto è stata dell’84%), che hanno favorito le ali estreme dello spettro politico. In particolare, l’immigrazione ha aiutato Afd a raggiungere il suo risultato. Dall’altra parte, la volontà di alcuni settori dell’elettorato, specie i giovani, di contrastare il pericolo neofascista e la xenofobia hanno aiutato la Linke, la cui leader, Heidi Reichinnek, dopo il voto della mozione anti-immigrati, tenne un discorso in parlamento divenuto virale.
Se queste sono le cause principali dei risultati elettorali quali ne sono le conseguenze?
Prima di tutto, va considerato l’impegno di tutti i partiti a non fare alleanze con Afd. Quindi, con tutta probabilità la Cdu farà una grande coalizione con la Spd e, solo se necessario, con i Verdi. Un film già visto nel passato. Bisogna vedere, dunque, se ci sarà discontinuità nella disciplina di bilancio, in particolare nelle politiche di spesa e di investimenti pubblici. La cosa sembra improbabile, anche perché Merz, che è multimilionario, viene da una esperienza come top manager di Blackrock, una delle principali istituzioni finanziarie mondiali con sede a New York.
Ma la conseguenza più importante è proprio su un tema che non sembra aver avuto una adeguata centralità nella campagna elettorale, focalizzatasi sull’immigrazione, cioè la guerra in Ucraina e la posizione della Germania su di essa e sui tentativi che gli Usa stanno facendo per chiuderla. Su questo il nuovo cancelliere in pectore della Cdu, Merz, europeista e convinto sostenitore dell’Ucraina, si è espresso chiaramente: “Per me la priorità assoluta è raggiungere l’indipendenza dagli Stati Uniti. (…) sembra chiaro che gli Stati Uniti sono indifferenti al futuro dell’Ucraina.” Merz ha aggiunto che avrebbe sentito presto su questi temi Francia e Polonia, cioè i paesi che più stanno contrastando i tentativi statunitensi di chiudere il conflitto. Da qui, un’altra conseguenza probabile delle elezioni tedesche: la riedizione dell’asse franco-tedesco, che fino a qualche tempo fa aveva egemonizzato la Ue.
Certo, per l’ex manager di Blackrock, l’intenzione di rendersi indipendente dagli Usa appare velleitario, dato anche che la Germania è disseminata di basi militari statunitensi, così come è velleitario pretendere di continuare una guerra che è già persa, specie se gli Usa si sfilano. Tuttavia, è preoccupante che anche la Germania si posizioni per la continuazione della guerra e per il riarmo europeo. Anche per questa ragione, è un peccato che Bsw di Sahra Wagenknecht sia rimasta fuori dal parlamento tedesco, visto che, sin dalla sua nascita come scissione dalla Linke, aveva preso una posizione netta contro la guerra.