Eppure l'alternativa a morire di Mes esiste
CON GRANDE PIACERE RIPUBBLICO QUESTA OTTIMA RECENSIONE AL MIO LIBRO "PIANO CONTRO MERCATO" DI PASQUALE NUSCO.
"Pasquale Cicalese è un autentico intellettuale del sud. Anzi, poiché è crotonese e risiede a Pontecagnano, a trenta chilometri dai templi greci di Paestum, lo possiamo benissimo definire un intellettuale della Magna Grecia, senza dare, però, a questo appellativo il senso ironico e spregiativo che ne diede l'avvocato Agnelli, riferendosi a De Mita.
Come i grandi meridionalisti del passato, Pasquale ama stare con i suoi "cafoni", e come Benedetto Croce parla in dialetto quando non è impegnato in discussioni teoriche.
È un valente intellettuale, ma non è pedante come un accademico. È un marxista che ha letto Marx, ma non è dogmatico e astruso come quei marxisti che citano Marx un rigo si e e l'altro pure. È un economista di spessore, ma non è un econometrista che ti riempie la testa di formule matematiche con l'evidente scopo di non farti capire niente e di spacciare l'economia come una scienza esatta. Anzi, lui abbina l'economia con la geopolitica, indirizzandoti a vedere i processi che percorrono i rapporti internazionali tra le varie aree geografiche del pianeta.
In questo suo libro, che si intitola non casualmente "Piano contro mercato" (edito da L'Antidiplomatico), Cicalese sfata, innanzitutto, una convinzione che si è cristallizzata, a volte per pregiudizi ideologici, nella mente di molte persone: cioè, che la Cina sia ancora e solamente la fabbrica del mondo e che la sua economia sia orientata esclusivamente alle esportazioni, con un deprecabile tasso di supersfruttamento della forza lavoro che non si addice a un regime comunista.
Non è vero. Secondo gli scritti di Pasquale, sostenuti dall'analisi statistica del commercio internazionale, almeno a partire dalla prima decade degli anni 2000, la Cina, dopo aver spinto al massimo lo sviluppo delle forze produttivo nei decenni precedenti, si è riorientata verso il mercato interno, facendo investimenti soprattutto nel campo delle infrastrutture, dell'istruzione, della ricerca, della sanità, avviando una reflazione (aumento che inverte la deflazione) dei salari, specialmente per quanto riguarda il salario sociale (che annovera la formazione culturale dei cittadini, la sanità garantita, i trasporti, gli alloggi per il popolo, cioè tutte quelle competenze sociali che non vengono monetizzate in busta paga, ma che sono assicurate dallo stato per promuovere il benessere sociale). Ovviamente, ciò permette alla Cina di aumentare gli investimenti e i consumi interni che, a loro volta, incrementano le importazioni, dando, poiché si tratta di un paese vastissimo, con 1,4 miliardi di abitanti, un notevole contributo allo sviluppo del commercio internazionale.
In Cina, insomma, secondo il nostro autore, succede tutto il contrario di quello che avviene in Europa, dove, invece, le politiche deflazionistiche, applicate secondo il modello mercantilistico e ordoliberista tedesco, generano precarietà, insicurezza, povertà e disoccupazione.
Lo sviluppo ormai inarrestabile della Cina, che ne prestabilisce l'inevitabile leadership mondiale (a meno che non siano scatenate terrificanti guerre mondiali che riportino l'umanità alla barbarie), a fronte dell'incombente decadenza dell'Europa a trazione tedesca, suggerirebbe, per l'Italia, l'uscita dall'euro e dall'unione europea dominata dai germanici, e il recupero di una soggettività perduta come paese, che potrebbe consentirle di intercettare i vantaggi industriali e commerciali di questo spostamento del centro di gravità del "sistema mondo" verso est e verso l'immenso continente euroasiatico che si sta formando economicamente e geopoliticamente. L'Italia gode del privilegio geografico di essere il paese centrale del Mediterraneo; e ora che questo mare, grazie al raddoppio del Canale di Suez e alla moltiplicazione dei traffici commerciali con il sud-est asiatico, sta ridiventando centrale nelle relazioni economiche internazionali, potrebbe sfruttare al meglio questo vantaggio, rilanciandosi come fulcro del commercio internazionale.
Ma per fare questo, ci vorrebbe una classe dirigente coraggiosa, autonoma, preparata, non prona agli interessi atlantici e a quelli tedeschi come quella attuale che ci sta facendo marcire sotto il tallone eurogermanico."
"Piano contro mercato" - L.A.D Gruppo Editoriale