Europa di guerra
di Federico Giusti
Nelle mani dei capi di Stato e di governo europei è stato consegnato il “Rearm Europe“ o almeno, visto che serviranno ancora giorni prima del testo definitivo, i principi guida che animeranno questo piano strategico.
Von der Leyen, con il supporto bipartisan del centro destra e del centro sinistra, ha deciso che il futuro del vecchio continente è legato a un vasto progetto di riarmo, agli investimenti e alla produzione militare con ampio sviluppo della ricerca sulle tecnologie duali.
Annunciato da mesi questo progetto ha subito senza dubbio una accelerata dopo lo scontro alla Casa Bianca tra Trump e Zelensky dietro al quale si celano gli interessi Ue e il forte bisogno di non essere estromessi dalle trattative intraprese da Usa e Russia per la fine del conflitto in Ucraina.
L' Europa del riarmo e della guerra è la risposta alla diffusa crisi economica e politica arrivando a considerare nemico quel paese, la Russia, dal quale sono stati acquistati prodotti energetici per lustri a un quinto del costo sostenuto per il gas liquefatto Usa.
Dopo il vertice di Londra, i capi di Stato e di governo Ue definiranno i particolari del Piano nel Consiglio europeo straordinario fissato per i prossimi giorni.
Ma già da mesi tecnici e politici Ue stanno lavorando al Libro bianco della difesa Ue, quel documento strategico che andrà ben oltre gli indirizzi della Bussola Europe, un documento di fatto già scritto ma non ancora diffuso per studiare scenari in continua evoluzione e apporre i dovuti aggiustamenti.
E' tutto da dimostrare che una pace duratura scaturisca dal riarmo della Ue e da massicci aiuti militari all'Ucraina, se vis pacem para bellum dicevano i latini e oggi lo asserisce anche il Parlamento europeo che in un colpo solo pone fine al low profile per la difesa (materia riservata agli Stati e alla Nato) e supera il principio guida (o meglio il dogma) della responsabilità fiscale scorporando le spese militari dal Patto di stabilità, un colossale indebitamento della Ue a fini di guerra e non per il rilancio della economia. Il rischio di vedere dirottati i fondi PNRR a fini militari è tutt'altro che remoto ricorrendo alle risorse non ancora spese del Next Generation EU ossia del programma di sostegno all'economia deliberato dopo il Covid e valido fino al 2926 compreso.
Fatti due conti dalla Next Generation arriveranno quasi 95 miliardi di euro, cifra insufficiente per arrivare agli 800 complessivi del piano di riarmo. Poi ci saranno i fondi strutturali comunitari, gli avanzi di cassa, potrebbe essere dato mandato di reperire altri fondi (e prestiti) alla Banca europea degli investimenti.
Fin qui soluzioni condivise visto che proprio gli alfieri della austerità salariale e dei tetti di spesa in materia di assunzione nei servizi pubblici oggi sono i fautori delle deroghe al Patto di stabilità.
All'esame del Consiglio dei ministri innumerevoli altre soluzioni come far ricorso al discusso (e avversato da settori del centro destra) Meccanismo europeo di stabilità (Mes), alla creazione ex novo di una grande «banca europea per il riarmo» fino all'utilizzo dei fondi russi congelati nelle banche europee all'indomani della esplosione del conflitto in Ucraina.
Se tutti i paesi Ue superassero, nell'anno in corso, la spesa militare dell'1,5% del PIL, nell'arco di 4 anni avremmo una capacità di spesa aggiuntiva di circa 650 miliardi di euro ai quali aggiungere altri 150 miliardi da utilizzare (in ogni paese membro) per la produzione di armi collegando le varie imprese europee del settore che proprio all'indomani del vertice di Londra, alla riapertura delle borse, hanno visto i loro titoli azionari crescere di oltre il 10 %. E sullo sfondo già intravediamo progetti di fusione tra imprese nazionali nel settore bellico e sinergie tra le principali multinazionali europee.
L'accordo politico è stato raggiunto, ora si tratta di raccogliere la cifra di 800 miliardi, a tanto ammonta il piano di riarmo europeo, e sarà possibile farlo tra prestiti, utilizzo di fondi europei già previsti per altri scopi, deroghe ai patti di stabilità e indebitamenti comunitari e nazionali attraverso la Banca europea per gli investimenti (i 150 milioni di cui parlavamo sopra) che avrebbe dovuto mettere a disposizione capitale a bassi interessi per la digitalizzazione e la transizione energetica , proprio quegli investimenti che pur ritenuti dirimenti per il nostro futuro oggi sembrerebbero congelati a favore del grande riarmo
Per raggiungere questi obiettivi la Ue dovrà diventare la Europa non dei popoli, del resto non lo è mai stata, ma quella della libera circolazione e i capitali da attrarre per i necessari investimenti da dirottare al grande riarmo bellico.