Fabio Massimo Parenti - Il nuovo ordine post-occidentale

Una frattura atlantica? UE e Usa tra declino e revisionismo

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Fabio Massimo Parenti - Il nuovo ordine post-occidentale

 

di Fabio Massimo Parenti 

 

“Finalmente” anche in parte del cosiddetto “Occidente” c’è il riconoscimento del fatto che il mondo sia cambiato, nei suoi equilibri interstatuali, ovvero nella geografia mondiale del potere economico-politico. Questo riconoscimento, questa nuova consapevolezza, è particolarmente rilevante in quanto emerge dal nuovo governo americano a guida Trump, cioè nel governo del polo-nazione più importante dell’Occidente, di cui ha incarnato negli ultimi 80 anni la guida indiscussa. Diciamo “finalmente” perché tanti osservatori e studiosi (tanto profetici quanto inascoltati) avevano già suggerito, almeno nell’ultima decade, la necessità di un adattamento a questi cambiamenti – suggerendo più cooperazione con poli-stati-civiltà come Cina, Russia, India e Iran, e più cooperazione con le nuove piattaforme istituzionali internazionali non occidentali, come BRICS+, SCO, EAEU, BRI; rifiutando nel contempo la logica dei blocchi contrapposti.

Gli Stati Uniti, dunque, così come il resto dei loro alleati tradizionali, si trovano costretti ad adattarsi al nuovo mondo semplicemente perché non sono più in grado di manipolarlo a proprio piacimento. Pertanto, l'intero mandato di Trump, a meno che non subisca un colpo di stato interno, aiuterà a fare ancor più luce sul consolidamento del mondo multipolare. Lo farà con tutte le contraddizioni e l’imprevedibilità a cui il soggetto ci ha abituato, ma l’aspetto più importante che emerge è proprio il non poter più negare la necessità dell’adattamento al resto del mondo, senza pretendere di continuare a soggiogarlo. Aprire le porte ad una nuova trattativa con la Federazione russa, come sta facendo Trump e il suo entourage, segna la vittoria della Russia su Usa e Nato, i veri promotori della guerra in Ucraina.

A mio avviso, anche se molte delle ambizioni MAGA del nuovo inquilino della Casa Bianca non saranno soddisfatte, le sue politiche sono interessanti nella misura in cui partono proprio dalla individuazione del declino americano messo in evidenza dall’emersione di un nuovo ordine internazionale e, più in particolare, dagli errori strategici scaturiti dalla precedente resistenza all’adattamento per ripristinare un’egemonia perduta.

 

Verso un ordine multipolare post-occidentale

Per lungo tempo, la mancata presa di coscienza dei suddetti cambiamenti, ed il conseguente vulnus cognitivo, è stata caratteristica del solo Occidente, mentre, al contrario, l’espansione delle istituzioni e dei progetti internazionali non occidentali testimoniavano una crescita di consenso e di legame materiale del resto del mondo a spazi e dinamiche extra-occidentali. La guerra in Ucraina ha dimostrato ad esempio come l’Occidente, sconfitto, non sia riuscito ad isolare la Russia, ma anzi si sia trovato esso stesso più isolato rispetto al resto del mondo, proprio perché il nuovo ordine internazionale era già emerso. Ma noi facevamo finta di non vederlo, volendo a tutti i costi mantenere quei privilegi di cui gode chi comanda, o meglio comandava.

Questi cambiamenti profondi, strutturali e di lungo periodo, che potremmo chiamare “tettonica della geopolitica”, avrebbero da tempo dovuto portare l’Occidente ad abbandonare una volta per tutte la logica egemonica e imperialista, suprematista, legata dapprima all’universalismo eurocentrico e successivamente al messianismo anglosassone, che hanno ispirato i progetti di dominio dell’Occidente sul resto del mondo. Questa epoca è finita, con la conclusione tra le altre cose della “globalizzazione neoliberale”.

Una domanda sorge spontanea: gli Usa e l’Europa dovranno cominciare ad imitare la Cina, almeno per quanto riguarda le strategie di sviluppo economico basate su pianificazione politica di lungo periodo, autonomia tecnologica e multipolarismo pacifico? Invero già ci hanno provando, ma con scarsissimo successo. A seguito dell’evoluzione della BRI, Usa e UE hanno provato a lanciare progetti “alternativi” di investimento in infrastrutture che ne volevano emulare la logica cooperativa col resto del mondo: nessuno di essi è mai decollato.

Cina e Usa vanno dunque equiparandosi in termini di peso economico globale (ma non di modello economico-politico): rispettivamente 20 e 30 per cento del PIL globale, primo esportatore e primo importatore mondiale [c’è da ricordare che il PIL calcolato secondo la PPP, nonché usando il metodo della produzione, anziché di spesa, è di gran lunga a favore della Cina]. Anzi, come già ricordato in molti altri scritti, la Cina ha già cominciato da molti anni a pesare di più nella produzione industriale, nel commercio internazionale e nello sviluppo tecnologico, stando alla fotografia fornita dalle statistiche internazionali. Per non parlare del settore delle tecnologie green dove la Repubblica popolare è in assoluto il paese leader al livello mondiale. E’ proprio in queste dinamiche che s’innestano le parole di Trump pronunciate nel giorno della cerimonia di insediamento sul mercato del lavoro, il commercio e le guerre.

Non solo non sarà facile recuperare il terreno perso, ma sarà quasi impossibile se non si ripristinerà una visione quanto meno “keynesiana” del rapporto tra stati e mercati che ponga al centro dell’azione politica occidentale coesione e giustizia sociale. Diversamente, frammentazione e disuguaglianza socioeconomica, nonché conflitti di interessi privati costitutivi dei nostri parlamenti non lasciano presagire alcunché di rilevante e auspicabile.

Più precisamente, influenti studiosi di fama mondiale, del calibro ad esempio di G. Arrighi, M. Jacques, K. Mahbubani, J. Sachs, già intravedevano almeno 20 anni fa il radicale cambiamento del sistema-mondo, che è andato mutando da un ordine più o meno liberale di tipo unipolare (o multipolare ristretto a una piccola fetta di mondo) a un nuovo ordine multipolare allargato, chiamato anche policentrico, perché incardinato su più poli statuali, distribuiti nei vari continenti. Lo stesso concetto di “Occidente” risulterà a breve sempre più fumoso e inappropriato. Peraltro, con l’appoggio e il sostegno alla pulizia etnica portata avanti da Israele contro il popolo palestinese, la già claudicante legittimità internazionale dell’Occidente è definitivamente deceduta.

 

I limiti interni all’Occidente

L’unico modo per fare gli interessi di un intero paese, e per garantire forme di coesistenza pacifica durature tra paesi, passa attraverso il dialogo, la cooperazione e il rispetto reciproco (come ad esempio tener conto delle reciproche preoccupazioni di sicurezza). Ne abbiamo scritto a lungo in riferimento alle peculiarità della diplomazia cinese. Questa sarà la vera grande sfida di chi probabilmente – la nuova amministrazione Trump - pensa di risolvere problemi storici troppo velocemente e con le sole carte del business, nonché con una strategia in parte anacronistica che ha bisogno di trovare nemici tra i competitor, invece di sviluppare più cooperazione tra pari. Arroganza, supponenza e senso di superiorità continuano ad incrostare, purtroppo, le cancellerie del cosiddetto Occidente. Ed il riconoscimento del mondo che cambia, per quanto necessario, non sarà sufficiente, perché detto riconoscimento difficilmente sortirà nuovi paradigmi culturali e politici, necessari ad un adattamento intelligente, finalizzato alla coesistenza pacifica. Staremo a vedere, ma dubito profondamente che il DNA imperialista dell’Occidente, nonché il suo messianismo, possa essere “revisionato” in tempi brevi.  

Pertanto, il mutamento del sistema-mondo continuerà a dispiegarsi anche attraverso processi estremamente contraddittori.

 

Nuova frattura transatlantica

Il primo mese del secondo mandato Trump sta dunque evidenziando, senza troppe sorprese (tranne che per i sedicenti leader europei), la crescente frattura tra Stati Uniti e Unione Europea, che si giocherà sia sul piano della sicurezza e della difesa, sia su quello economico e commerciale. Ne parlavamo anche durante il primo mandato, ma questa volta l’approccio neo-mercantilista e in parte isolazionista della nuova amministrazione è ancora più marcato. Seppure con un’agenda politica sostenuta e volta in gran parte alle élite del paese, le prime azioni di politica estera sembrano particolarmente veloci ed impattanti sugli equilibri internazionali e sembrano essere autenticamente rivolte alla necessità di re-industrializzare il paese e ampliare le opportunità di lavoro al livello domestico. L’idea, la cui efficacia è tutta da dimostrare, di utilizzare dazi contro tutti, detassando nel contempo imprese e lavoratori ed abbassando il costo dell’energia, è concepita in questo senso. Alla luce di ciò è anche possibile comprendere il perseguimento di una politica di disimpegno militare in Europa, sia per risparmiare risorse ed avvantaggiarsi dei giacimenti ucraini, sia per concentrare maggiori sforzi nell’Indo-Pacifico, nonché per una maggiore apertura nei confronti della Russia per tentare invano di destabilizzare l’asse sino-russo. L’UE, invece, appare divisa, poco credibile sul piano diplomatico e incapace di costruire una reale autonomia strategica – ciò palesa il fatto, evidente ai più, dell’inesistenza politica dell’UE.

 

UE e Usa tra declino e revisionismo

Se l’UE ha quasi sempre seguito pedissequamente gli Usa, finanche sacrificando i propri interessi per sostenere la guerra per procura tra Usa e Russia in Ucraina e quindi in ultima istanza, almeno negli ultimi trenta anni, annichilendo una propria prospettiva politico-strategica a favore del sostegno dato a quella degli Usa, oramai gli interessi divergono in maniera sempre più netta. E sono proprio gli Usa a dircelo ogni giorno, e non da oggi. Basti pensare tra le altre cose alla distruzione di una delle infrastrutture più importanti del continente, il North Stream 2, per mano degli “amici” d’oltreoceano.  

C’è dunque un risveglio negli Usa e in Europa dal letargo parassitario di chi ha dominato il mondo per secoli ed oggi non è più in grado di imporre il proprio volere al resto del mondo. Malgrado ciò, il risveglio avviene in contesti caotici, traumatizzando soprattutto l’Europa, che, da periferia contemporanea dell’impero americano, sarà costretta a pagare i costi del declino dell’Occidente. Se fino a ieri Russia, Cina, Iran ed altre potenze regionali erano da noi etichettate come “potenze revisioniste” dell’ordine mondiale esistente (il nostro, cosiddetto, “liberal rules based order”), oggi possiamo asserire che sono gli Usa ad esser “revisionist power”, soprattutto sotto la guida di Trump, che più marcatamente vuole riaffermare la centralità degli Usa nel nuovo ordine multipolare post-occidentale, e forse senza pretendere di ristabilire l’egemonia perduta.  

Non credo saremo in grado, soprattutto in Europa, di cogliere le opportunità dello shock e dello sconvolgimento che stiamo subendo. Eppure, ce ne sarebbero molte.

 

Riferimenti biografici:

 

 

Fabio Massimo  Parenti

Fabio Massimo Parenti

L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali, Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia e membro di Earth Charter International China.
Le sue ultime pubblicazioni sono: La via cinese. Sfida per un futuro condiviso, Meltemi, 2023; Chinese Way: Overcoming Challenges for a Shared Future (English Edition), 2024

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