Fondi PNRR, la mancata clausola anti privatizzazione

I fondi del Pnrr agli Enti locali avrebbero dovuto includere una clausola di salvaguardia anti privatizzazione

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Fondi PNRR, la mancata clausola anti privatizzazione

 

di Federico Giusti

Un anno fa gli obiettivi del Pnrr vennero ridefiniti secondo nuovi dettami e gli Enti locali denunciarono il definanziamento di innumerevoli progetti non strategici ma per i quali si erano già impegnati economicamente.

Agli enti locali la Corte dei Conti ha ripetutamente chiesto di definire un modello organizzativo capace di monitorare costantemente il rispetto del cronoprogramma dei lavori ma al contempo oneri aggiuntivi , ad esempio bandire le gare e controllarne le varie fasi, per i quali sono arrivati organici risicati e per lo più a tempo determinato.

La merce di scambio offerta agli Enti locali è stata funzionale alla realizzazione dei progetti,  consentendo ai comuni, esclusivamente per l'attuazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), di derogare agli ordinari vincoli di legge, ivi inclusi quelli applicabili agli enti strutturalmente deficitari o sottoposti a procedura di riequilibrio finanziario pluriennale o in dissesto finanziario, (seppur previa autorizzazione della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali), di assumere con contratto a tempo determinato personale con qualifica non dirigenziale in possesso di specifiche professionalità per un periodo anche superiore a trentasei mesi, ma non eccedente la durata di completamento del Pnrr e comunque non oltre il 31 dicembre 2026;

Ma i patti di stabilità sono rimasti vigenti come anche tutte quelle regole che limitano la spesa per assumere personale con il risultato che i servizi ordinari in taluni casi hanno subito contraccolpi negativi con processi di riorganizzazione interna finalizzati al Pnrr..

Tanti soldi sono arrivati agli Enti locali, ad esempio per rifare le scuole, ma senza una clausola che li impegnasse alla salvaguardia della gestione diretta di nidi o scuole dell'infanzia o del Servizio sanitario nazionale..

In alcuni comuni si vanno rifacendo scuole  degli enti locali e statali, si impegnano risorse, forza lavoro e strumenti interni per la realizzazione dei piani nelle tempistiche previste, pena la perdita dei finanziamenti. Ma accade, e questo fatto è per lo più sconosciuto, che una volta ammodernati e ampliati i plessi scolastici, l'Ente locale possa procedere con la esternalizzazione dei servizi adducendo la motivazione, risibile, che aumentando i servizi gli organici non saranno sufficienti.

In un colpo solo, all'ombra del Pnrr, gli enti locali potranno avviare processi di esternalizzazione di innumerevoli servizi magari cedendo al soggetto privato la gestione di scuole all'avanguardia, costruite ex novo.

Tra le motivazioni sempre addotte il Patto di stabilità e i limiti imposti alla spesa di personale ma bisogna saper guardare oltre alle spiegazioni ufficiali giusto per non subire la vulgata dei dominanti.

La strategicità del Pnrr dava per scontato che alcuni servizi sarebbero stati sofferenti ed altri ancora giudicati non strategici e per questo destinati alla esternalizzazione.

Prendiamo ad esempio a un nido comunale interamente rifatto con soldi pubblici e affidato alla gestione del privato sociale, una ipotesi tutt'altro che remota stando a quanto vediamo nella Penisola. Il pubblico rinuncia a valorizzare i propri investimenti, cede la gestione di scuole moderne al terzo settore dove la forza lavoro percepisce stipendi inferiori del 20 per cento rispetto alle Funzioni locali che poi annoverano i salari più bassi di tutti i comparti pubblici.

Dove sta la salvaguardia dell'interesse pubblico?

In tutta sincerità stentiamo a trovarla, un Comune che rinunci ad esempio a gestire direttamente queste strutture rappresenterebbe un regalo al privato sociale oltre a determinare una sistematica riduzione del costo del lavoro.

Ironia della sorte si afferma di tutelare il pubblico quando invece deliberatamente lo si va indebolendolo e a rimetterci sono solo lavoratrici e lavoratori sottopagati, come accade da sempre per quanti operano in appalti rinnovati con costi inferiori al passato.

E' infatti sufficiente calcolare il costo del lavoro dentro un appalto,. ad esempio la refezione e le pulizie, parametrandolo sulle tabelle salariali dei contratti nazionali più sfavorevoli e a prescindere dal CCNl precedente applicato.

Sarebbe stata sufficiente una clausola che impegnasse gli enti pubblici alla gestione diretta dei servizi ma questo sarebbe stato inconciliabile con un disegno strategico che sottintende al Pnrr un processo complessivo che va dal definanziamento agli enti locali e alla sanità fino all'intento di destinare al privato innumerevoli servizi abbassando in questo modo le retribuzioni, il costo del lavoro. Questa prassi alla occorrenza potrà presentarsi salvifica per gli enti locali abbassando la spesa di personale e l'insieme dei costi di gestione quando invece è solo un regalo alle privatizzazioni favorendo la riduzione del potere di acquisto per migliaia di lavoratori e lavoratrici

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