Fosco Giannini: «A disposizione di Draghi il partito unico italiano degli USA, della NATO e dell’Ue»

Fosco Giannini: «A disposizione di Draghi il partito unico italiano degli USA, della NATO e dell’Ue»

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«Non è certo una forzatura propagandistica asserire che i due governi Conte siano stati essenzialmente scalzati dalla volontà statunitense di riallineare l’Italia sull’asse euro-atlantico, asserire che Renzi sia stato uno strumento nelle mani di Trump e di Biden e che il governo Draghi sia oggi quello voluto innanzitutto da Biden, ma anche dall’intero asse euro-atlantico, che ha messo a disposizione di Draghi il partito unico italiano degli USA, della NATO e dell’Ue», questo passaggio dell’intervista che abbiamo realizzato a Fosco Giannini, ex senatore comunista, fotografa nitidamente la nuova situazione che si è venuta a creare in Italia. 

Il direttore della rivista comunista e internazionalista ‘Cumpanis’ fornisce inoltre chiavi di lettura e spunti interessanti per comprendere l’attuale fase geopolitica segnata dal cambio della guardia alla Casa Bianca con i conseguenti risvolti su Europa ed Eurasia. In particolare riguardo i rapporti tra Unione Europea e blocco eurasiatico e le mosse di Biden contro Russia e Cina.

 

INTERVISTA

L’insediamento alla Casa Bianca del democratico Joe Biden ha portato a una nuova aggressività degli Stati Uniti verso la Russia, come abbiamo visto nel caso Navalny. L’Unione Europea segue a ruota libera senza più remore visto che a Washington non c’è più il ‘cattivo’ Trump. Gli attacchi alla Cina continuano sfruttando i soliti temi: uiguri, Hong Kong e Taiwan. Fino a dove si spingerà l’Occidente nell’attacco alle potenze eurasiatiche?

Stiamo ai fatti: la politica “isolazionista” di Trump, volta ad un rialzo delle barriere doganali in grado di frenare la penetrazione delle merci europee e soprattutto cinesi nel mercato nordamericano, (per favorire, come è stato, la riapertura del mercato interno USA) aveva come naturale proiezione anche un relativo distacco dalle controversie internazionali, un relativo passo indietro della tradizionale politica imperialista ed interventista degli USA e della NATO sul piano planetario. E’ attraverso questa lente che vanno decodificate alcune posizioni di Trump volte ad una minore “passione” per il ruolo della NATO come gendarme mondiale guidato e sostenuto dagli USA e volte ad un, seppur parziale e contraddittorio, ritiro da alcune aree calde del mondo, come la Siria. Come, peraltro, è  a partire da questa “guerra” economica propria della scuola storica isolazionista (che in Trump diviene”America first”) che, invece, si alza la lotta feroce contro la “Nuova Via della Seta” cinese, come ha dimostrato la fortissima pressione che l’Amministrazione Trump esercitò contro il primo governo Conte, che cadde essenzialmente sotto quella pressione essendo stato il primo governo di tutto il G7 a firmare l’accordo con Xi Jinping per la Silk Road (linea immediatamente proseguita da Biden, la cui pressione sul secondo governo Conte, ancora nell’intento di attaccare l’accordo economico  italo-cinese, è stata possente e determinante per la caduta del Conte 2 e l’avvento di Draghi). Il punto è che Biden, abbandonando l’isolazionismo di Trump, ha recuperato e rilanciato immediatamente la tradizionale politica imperialista e aggressivamente interventista nordamericana. Tra i primi messaggi forti di Biden, subito dopo la sua elezione ufficiale, vi è stato quello rivolto all’intero occidente, all’intera Ue (e al Giappone, alla Corea del Sud, all’India, all’Australia) per la costituzione di un fronte comune contro la Cina. E ciò sulla scorta di un suo articolo-programma generale apparso sulla rivista Foreign Affairs già nel marzo/aprile 2020 in cui chiaramente affermava : “Il presidente Trump ha sminuito, indebolito e abbandonato alleati e partner e abdicato alla leadership americana. Come presidente farò immediatamente passi per rinnovare le alleanze degli Stati Uniti, per far sì che l’America, ancora una volta, guidi il mondo”. Aggiungendo: “Il primo passo sarà quello di rafforzare la Nato, che è il cuore stesso della sicurezza nazionale degli Stati uniti. A tal fine farò gli investimenti necessari perché gli Stati Uniti mantengano la più potente forza militare del mondo e, allo stesso tempo, farò in modo che i nostri alleati NATO accrescano la loro spesa per la Difesa, secondo gli impegni già assunti”. Ed è a partire da questa riconquistata filosofia imperialista e di aggressività politico-militare esposta sul Foreign Affairs che è proseguita, in pochi mesi, la politica di Biden volta alla collocazione dei misssili nucleari in Europa e nella regione Asia-Pacifico in funzione anti-russa e anticinese e a respingere recisamente le nuove proposte provenienti da Mosca sulla “Preservazione e osservanza del Trattato Inf”, contrario alla proliferazione di testate nucleari.

Per giungere, in questo contesto, alla vostra domanda: l’80% dell’intera storia nordamericana, dalla Dichiarazione della sua indipendenza, il 4 luglio 1776, è una storia di guerre; da quella  contro il Messico del 1846 sino a tutte quelle a noi più vicine, gli  USA hanno dimostrato che la guerra è consustanziale alla loro struttura economica generale. E che, dunque, anche in questa fase storica - segnata peraltro da una crisi profonda di egemonia statunitense e dalla crescita titanica della Repubblica Popolare Cinese - la guerra, l’attacco americano (innanzitutto contro la Russia) sono eventi verosimili. Ancor più verosimili con il recuperato imperialismo di guerra di Biden. Quali elementi possono opporsi alla pulsione bellica di Biden, del fronte USA-NATO-Ue? Cosa può evitare un nuovo conflitto mondiale? Occorre essere chiari e realisti: innanzitutto la potenza militare russa e il rafforzamento militare cinese in corso (così come ha evidenziato Xi Jinping nella sua relazione al 19° Congresso del Partito Comunista Cinese, ottobre 2017). Poi le contraddizioni strategiche già pesantemente in campo tra USA ed Unione europea proprio in rapporto alle relazioni economiche con Russia e Cina: l’Ue ha bisogno come il pane di queste relazioni e il loro mantenimento potrà rappresentare un elemento decisivo nell’indebolimento del fronte imperialista bellico generale contro la Russia e la Cina. Certo, un grande movimento di massa e sovranazionale contro la guerra sarebbe decisivo, anche se in questa fase esso è mancante. Ed è chiaro che può trovare difficoltà a svilupparsi nel momento in cui forze di massa politiche e sindacali, che tendono a definirsi democratiche e di sinistra, esultano per la vittoria di Biden non accorgendosi della sua natura imperialista e guerrafondaia.

Alla luce della situazione economica dettata dalla pandemia e dalla crisi capitalistica acuita da questa, ritiene possibile che il blocco europeo possa trovare forme di avvicinamento e collaborazione con Cina e Russia?

L’Unione europea non è il frutto di una forte spinta storica, economica, politica e culturale dei popoli e degli Stati europei ad unirsi. Questo tipo di spinta non vi è mai stata e l’integrazione sovranazionale dei Paesi europei è un fatto totalmente artificioso, freddo, storicamente “innaturale”. L’Ue ha spasmodicamnte accelerato il proprio processo unitario dopo la caduta dell’Unione Sovietica, quando il mondo capitalista “ratifica” la “Fine della Storia” e interpreta il pianeta, ormai privo di dighe anticapitaliste, come un immenso mercato da conquistare. Una conquista alla quale vuol partecipare anche il grande capitale europeo, che per divenire concorrenziale ha bisogno di abbattere i costi della propria forza-lavoro,  delle proprie merci e dell’antico welfare europeo. Un grande capitale che si dota, per giungere a questi obiettivi, di un potere indiscutibile e sovranazionale, in grado di estendere ovunque una politica volta ad abbattere salari, pensioni, diritti e stato sociale: l’Ue, un potere indiscutibile poichè strutturato su di un parlamento che non può legiferare e su di un Consiglio Europeo che esercita la dittaura liberista. Un’Unione europea di questo tipo riesce, sì, a mettere in campo una politica favorevole per il capitale transnazionale europeo, ma non riesce a dotarsi di uno Stato. Da qui la difficoltà estrema dell’Ue di affrancarsi dall’egemonia USA e dalla NATO. Della difficoltà estrema di sviluppare politiche autonome verso la Russia e la Cina. Detto ciò, tuttavia, gli interessi economici divergenti tra USA ed Ue potrebbero consegnare spazi d’autonomia all’Ue in relazione ai rapporti con Mosca e Pechino. L’economia è una potenza politica e su questa, oltrechè sull’impegno delle forze comuniste, anticapitaliste, antiliberiste europee volte ad allargare le contraddizioni tra USA e Ue, possiamo contare affinchè l’Ue rafforzi i propri legami con il fronte russo - cinese.

In Italia, paese fortemente condizionato dagli imperialismi USA-UE e succube della NATO, Matteo Renzi ha aperto una crisi di governo facendo cadere l’esecutivo guidato da Conte. Adesso alla Presidenza del Consiglio si insedierà l’ex presidente della BCE Mario Draghi. L’Italia adesso sarà più atlantista e maggiormente ingabbiata nel meccanismo perverso dell’eurozona. Questa mossa di Renzi può essere stata dettata dalla volontà di allineare Roma all’agenda Biden?

Riprendendo parte della mia risposta  alla vostra prima domanda: l’Italia è un dominio politico-militare  degli USA e della NATO. Da Senatore della Repubblica sono stato Capogruppo in Commissione Difesa, al Senato, e ho avuto modo di studiare molto più da vicino la questione: in Italia vi sono circa 130 Basi militari Usa e NATO e altre 20, tenute segretissime, non sono ufficializzate. Come sappiamo, queste Basi contengono testate nucleari in via di grande rafforzamento (Biden accelererà, su questo). Impressionante, a constatarla, è la capillarizzazione di queste Basi sull’intero territorio nazionale. La stessa presenza di soldati e ufficiali nordamericani nelle Basi USA in Italia è imponente (e il governo italiano paga questa presenza di tasca propria, con circa 500 milioni  di dollari all’anno). E’ un fatto storicamente appurato che quando un Paese vive sotto un’occupazione militare di forze straniere questo Paese perde ogni autonomia e vengono esautorati i poteri dello Stato, dei parlamenti, dell’esercito, delle forze dell’ordine e dei servizi segreti. E’ a partire da ciò che non è certo una forzatura propagandistica asserire che i due governi Conte siano stati essenzialmente scalzati dalla volontà statunitense di riallineare l’Italia sull’asse euro-atlantico , asserire che Renzi sia stato uno strumento nelle mani di Trump e di Biden e che il governo Draghi sia oggi quello voluto inannzitutto da Biden, ma anche dall’intero asse euro-atalantico, che ha messo a disposizione di Draghi il partito unico italiano degli USA, della NATO e dell’Ue.

Quanto ha pesato la firma nel 2019 del memorandum di cooperazione rafforzata tra Italia e Cina sulla Nuova Via della Seta?

L’abbiamo già detto: quella firma ha rappresentato l’elemento scatenante della reazione USA-NATO contro i due governi Conte e contro la Nuova Via della Seta, che proprio perchè richiede, per concretizzzarsi sul piano planetario, della pace, di un’economia “win-win” e quindi contraria alle politiche imperialiste e di un mondo multipolare, è particolarmente invisa al primo dei poli imperialisti: gli USA.

Ci sono spazi per una maggiore cooperazione con i paesi eurasiatici e quali vantaggi ci sarebbero per l’Italia?

Un’analisi economica attenta ci dice oggi che quasi tutte le regioni d’Italia (con particolare riguardo alle regioni del Meridione e del Centro, tra le quali spiccano il Molise, le Marche, la Campania, la Sicilia) si avvalgono dei nuovi e forti rapporti economici con la Cina sospinti dal memorandum Conte-Xi Jinping del 2019, per uscir fuori dalle loro, spesso profonde, crisi economiche, di sviluppo e di occupazione. Gli spazi, dunque, ci sono già ampiamente stati, ci sono e potrebbero ancor più e positivamente, per l’intera economia italiana, svilupparsi. Che essi si allarghino o, drammaticamente, si restringano, dipende purtroppo dalle pressioni USA, dalla resistenza, che non crediamo possa essere significativa, proprio per il modo in cui è nato, proprio per la sua intima natura politica, dell’attuale governo italiano e dalla forza dell’opposizione politica e sociale in Italia. Purtroppo ancora troppo debole.

Fabrizio Verde

Fabrizio Verde

Direttore de l'AntiDiplomatico. Napoletano classe '80

Giornalista di stretta osservanza maradoniana

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