Fubini e il nuovo livello della propaganda mediatica nella guerra fredda globale
Le pagine di economia del Corriere di oggi ospitano un articolo di Federico Fubini sul discorso di Xi Jinping al World Economic Forum (nel quale il presidente cinese mette in guardia Biden e alleati sull'inutilità dei tentativi di riguadagnare terreno nei confronti della Cina alzando i livelli di tensione dello scontro geopolitico).
L'articolo in questione è un esempio delle vette di furia che possono attingere i giornalisti occidentali incaricati di gestire la guerra mediatica nel nuovo contesto di guerra fredda globale (negli italiani il servilismo nei confronti del dominus americano prevale sulla furia). Il presidente cinese, leggiamo, è un dittatore feroce, duro e scaltro; i successi cinesi in tempi di crisi spiccano ancor più a fronte delle debacle occidentali (ma naturalmente si fondano su forme di concorrenza sleale, e il nostro non perde l'occasione di accreditare alla Cina l'intera responsabilità della crisi pandemica, né mi stupirei se arrivasse a sostenere che è stata provocata intenzionalmente per trarne vantaggio); la Ue è rimproverata per avere firmato accordi con la Cina senza il permesso Usa; infine, dopo avere preso atto con soddisfazione del fatto che Biden intende proseguire la guerra fredda inaugurata da Trump, il nostro conclude con questa chiamata alle armi: "anche l'Italia, tra non molto, dovrà decidere da che parte stare".