Fulvio Grimaldi - Dopo Trump, eurosuicidio assistito
di Fulvio Grimaldi per l'AntiDiplomatico
Il suicidio dell’Europa parte da lontano, ma, andando per simboli, si può datare a quando ci hanno fatto schioppare il gasdotto in faccia e nessuno ha detto niente. Tanto meno i tedeschi, cordone ombelicale d’Europa.
Suicidio assistito sarebbe il termine appropriato, ma andrebbe rettificato. Sono tre anni che la situazione precipita, il continente rasenta il coma in seguito all’amputazione con emorragia dal suo corpo euroasiatico. Ma c’’è chi in questa agonia di massa prospera e, anzi, ne accelera e rafforza il percorso. Quindi se suicidio si deve definire, questo riguarda non chi lo assiste, ma solo chi subisce passivamente coloro che lo “assistono”. I presunti medici. Parliamo allora piuttosto di omicidio assistito. Omicidio di massa. Un destino tipo Gaza, solo senza sangue.
Il pollaio in cui si è infilata la volpe dà l’idea. Ma anche quel formicaio che qualche volta ci si è divertiti a stuzzicare con un bastone. Oppure quel panico ottuso dei topi di fogna colpiti da un raggio di luce. La reazione è quella: l’impazzimento, il fuggi fuggi, a volte l’attacco cieco contro l’origine dello spavento.
Questa è l’Europa, quella della guerra alla Russia fino all’ultimo briciolo di UE. Quella chiamata a raccolta dall’ultimo giapponese di Parigi perché, strigliata dalle quattro arpie di corte – Ursula (la tedesca), Kallas (la finnica), Baerbock (tedesca al quadrato), Frederiksen (danese), Picierno (periferica) e dalle rispettive potenze militari (tre statini baltici: 7 milioni di abitanti, un paio di bande militari, 24 cannoni, etnicisti e russofobi, non contano una mazza, ma vengono fatti contare), vada marciare sotto lo stendardo a stelline su fondo blu. Stendardo abbandonato nel fango da Trump, a dispetto della vittoria a portata di Leopard e di bombe a grappolo. Vittoria già ipotecata dall’Ucraina l grazie alla diserzione di quattro quinti dei suoi soldati, nazisti di Azov compresi. E grazie allo sconcerto dei quattro gatti rimasti che, senza istruttori USA, ancora non capiscono come si faccia funzionare un Patriot.
Ma la Russia è l’aggressore. O così, o pomì. Tanto più che l’ora odiato yankee dichiara che non lo è. Anzi, o così, o cosacchi ad abbeverare i cavalli a Lisbona. Te lo assicurano Il Corriere, Repubblica, La Stampa, Il Sole, Il Riformista e tutta la schiera che si fregia di svolgere il nobile ruolo di sicofanti imperiali. Mentre è ridotta a far da scopino di bossoli scaduti nella fureria del maresciallo Mark Rutte.
Ma lo pensa così anche Mattarella e, a dispetto di trovarsi tutto solo tra gli ori e arazzi del Quirinale. Palazzone che la maggioranza degli italiani, a dispetto dei fuochi d’artificio medievali che vi esplodono di tanto in tanto, considera l’RSA (Residenza Assistenziale di Riposo) di anziani signori un po’ fissati. Repetita juvant, il motto dei monarchi assoluti al Congresso di Vienna nel 1815, gli ha fatto ripetere a macchinetta “La feroce invasione della Russia”, “la Russia è l’aggressore”, “la Russia viola il diritto internazionale”.
C’è da comprenderlo. E’ come quando mia sorella, golosissima, additava me, se la mamma chiedeva dove fossero finite la paste. Sul gobbo, pesantuccio, sebbene portato con noncuranza, accanto al bastoncino da maresciallo delle Marche imperiali, il Nostro recava i 100.000 morti della guerra – consentita - alla Jugoslavia e le 13.000 vittime civili dei suoi bombardamenti – proibiti ma voluti - da vice-primo-ministro, in NATO e non in ONU, di D’Alema.
Ma è tutta una genia ulivista, centrista, destrista, sinistrista, fascista, quella lassù, dietro alla balaustra dell’organo, che canta in coro l’inno dell’aggressione russa. Ho un personale ricordo di Pierluigi Bersani che con me, da Floris, intendeva salvare dal naufragio l’eternamente redivivo Bruno Tabacci, rivendicando meglio le buone ragioni per definire Putin un pazzo, con tre piedi nella fossa, oltrechè militare e politica, biologica..
“Tutto incomincia il 24 febbraio del 2022, quando Putin invade l’Ucraina, o lo fermiamo, o…”. Se per Tabacci significava infierire, a Bersani, elemento tonico della coppia, uomo PCI, poi DS, poi PD e vattalapesca, segretario, campione di metafore, pugnace combattente contro la mucca nel corridoio “che è quasi un toro”, era doveroso rispondere.
Osai parlare di memoria, parolaccia invisa alle neolingue di matrice atlantica. Fui inutilmente provocatorio: “Ma qualcosa è successo prima, onorevole! Nel 2014, ricorda? C’era un presidente democraticamente eletto, Victor Yanukovic, che riteneva equilibrato e salubre mantenere l’Ucraina a debita distanza e in debita amicizia sia con l’Est, che con l’Ovest. Obama, armando Victoria Nuland e i battaglioni SS Azov, con un colpo di Stato a Kiev fece fuori qualche centinaio di persone e di addetti all’Ordine Pubblico e mise in fuga il presidente.
Da quel bagno di sangue e di merda scaturirono prima Petro Poroshenko e, poi, Volodomyr Zelensky, scoperto mentre, in un fuori onda sul pianoforte provava, col pisello sui tasti e gli zebedei sui pedali, a suonare l’inno americano. Tutti e due furono ammessi alla Santa Messa del Bene contro il Male e alla lotta contro la Bestia Immonda (hanno entrambi la Menorah in casa). Guerra che, dopo aver letto il “prontuario dei servizi al Padrone” di Stepan Bandera, buonanima nazista (quello resuscitato dall’attuale regime con concerti e statue in tutte le piazze), lanciarono contro un quarto della propria popolazione. La quale doveva tacere o sparire, perché, era russa, parlava russo, pensava russo, sentiva russo, voleva russo. Ed era antifascista. Pulizia etnica, ultimamente frequente tra alcuni di quelli con la Menorah.
Pensavo che quel massacro, durato dal 2014 al 2022, quando Mosca vi pose fine, avrebbe potuto far riflettere il Pierluigi e la sua mucca. Agli anziani la memoria fugge, ma Pierlugi appariva ancora gagliardo e tonico. Rispose, con un sorrisetto amarognolo e sollevando le spallucce. “Ma quella è Storia!!!, con tre punti esclamativi in coda. Come dire: sono le bucce delle patate.
Fine della colossale questione geopolitica e umana. Floris capì al volo la bisogna e arrivò il diluvio di una dozzina di similtabacci cui né io, nè Alessandro Di Battista, fu concesso di reagire, se non con un quartetto di occhi al cielo.
Ad allungare il minestrone che a Di Martedì finiva regolarmente in brodino tiepidino, ci provai in una serie di scritti. Riepilogo, confortato anche da un bell’articolo del lungi-e- brevi-mirante Alessandro Orsini: L’aggressione l’hanno fatta gli altri, caro Sergio sul Colle alto. E nemmeno solo dal febbraio 2014, col golpe obamiano di Maidan.
A forza di mucche-quasi tori, il buon Bersani non riusciva a intravvedere, in fondo al corridoio, non solo quell’attacco a libertà e democrazia del 2014, finito nel più turpe dispotismo d’Europa, con lo zimbello USA a bandire tutto quello che gli si opponeva, partiti, media, oppositori inevitabilmente morituri (Trump: “è un dittatore”) e a rubare, come tutti i fascistoidi, i bottini che gli giravano USA e UE (Trump: “Fregato metà dei nostri 380 miliardi”).
L’attacco era partito nel 2008, da NATO-Bucarest, quando quel vertice sentenzio’ che Russia delenda est e per farlo si faceva dell’Ucraina una piattaforma di lancio di quanto occorreva. Ma neanche nel solo 2008, addirittura nel 1994, quando, archiviata la promessa del Segretario di Stato sotto Reagan, James Baker, di non spostare la Nato dalla Germania di un millimetro verso Est, James Baker sotto Bush Sr. determinò che tutto il micromondo antirusso del Baltico e tutta l’Ucraina sarebbero dovuti diventare amerikkkani e anti-russi, cioè NATO. E la cosa venne sancita formalmente nel 1994 dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Clinton, Anthony Lake, con un documento che sarebbe dovuto diventare il programma d’azione, come codificato, poi, dai neocon di Bush Jr, attuato da Obama, col PNAC, Project for the New American Century
Insomma provato a seccare i testicoli all’URSS fin da Tehran e Yalta, questo Occidente politico, che Mattarella come Bersani, come quasi tutti i flagellanti europei, descrivono sul limitare delle fauci dell’orso russo, sono almeno trent’anni che insiste a frantumare los cojones ai suoi eredi.
Ma, i turbinosi pollastri europei in tutti questi anni, dal 2022, si sarebbero dovuti svenare per niente, ridursi in povertà per mancanza di energia, resa inarrivabile dalla quadriplicazione dei prezzi del GNL americano da fracking chimico “green” (sic), rispetto a quelli del gas russo, sparso a favore di moria di pesci in fondo al Baltico, con tanto di superfreddo e supercaldo famigliari e rottamazione della produzione industriale dalla Germania in giù?
E’ vero che l’Europa va preparando per Zelensky, a far dispetto a Trump che le rimprovera (da che pulpito!) di sabotare legali elezioni quando non vince quello giusto, qualcosa come oltre un trilione di euro a Zelensky, come Premio alla Furbizia Ladrocinesca (vista la fine fatta fare ai 380 miliardi USA). Ma lo fa pour cause!
Ah no?
La NATO spende per la sedicente Difesa, finalizzata esclusivamente a non far arrivare la Russia (che non si era mai mossa) a Lisbona, 1.300 miliardi. C’è la desertificazione industriale di tutto il resto, ma quello che togliamo al sociale, sanità, scuola, infrastrutture, cultura, welfare, eguaglianza, inquinamento, va a rafforzare ciò che conta. Finchè c’è guerra, una classe dirigente capitalista ha pane e companatico in tavola.
Transitata dalla gigantizzazione della farmaceutica, prima colonna a reggere il nuovo firmamento, alla profittevole presa per il collo della transizione green, al potere assoluto della sorveglianza e della repressione sociale, fino al massimo potenziale dell’I:A, come fa, questa classe di baroni a rinunciare a correre in soccorso a Zelensky?
L’ultima - e del tutto esclusa - ipotesi dello sviluppo capitalista di casta in un libero mercato (è sempre stato quello, tranne che nel comunismo), è un cambio di rotta. Dopotutto troppo tardi, dopo trent’anni di riarmo favorito dalle imprese di guerra (per le quali, Libia, Iraq, Siria, Afghanistan, ecc. non si è mai sentito risuonare dal Colle una denuncia di “aggressione”) e conseguenti modifiche strutturali della produzione industriale e dell’assetto sociale.
Chi conta di più in Europa? Il dantecausa da quasi un secolo a questa parte, gli Stati Uniti? O il soldo, gli sghei, i talleri? Le alleanze vanno, il profitto resta. Udito che qui si deve andare al 2, al 3, al 5% di spesa militare sul PIL e che questa spesa, grazie a Sua Grazia Ursula, verrà depennata dal Patto di Stabilità, Leonardo ha guadagnato in Borsa il 24% (negli ultimi 12 mesi, utili, compresi dividendi, un più 80%), Rheinmetall (utili più 131%), Handsoldt e Renk (armieri germanici) rispettivamente il 32, 17 e il 22%, le britanniche Saab 39%, e BAE System 14%, la francese Thales 17%,. Perfino Fincantieri (utili più 113%) che si becca il 30% dei profitti dallo sparare in mare, è cresciuta del 20%. E non è tutto.
Ce n’est che le debut
Qualcosa da dire? Che non sia Rivoluzione?