Gaza. Grande marcia. Sarà l’ultimo venerdì?

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Gaza. Grande marcia. Sarà l’ultimo venerdì?



di Patrizia Cecconi

Oggi Gaza sembra pronta per la prova generale che stabilirà se la mediazione dell’Egitto (e le promesse del Qatar) siano state in grado di portare alla tregua tra la forza politica che governa la Striscia e il governo israeliano.
 

Un tentativo anticipato da due concessioni israeliane che in realtà sono già diritto dei palestinesi, ma che fanno parte di quei diritti che Israele prima conculca e poi “concede” a patto che i gazawi stiano buoni a cuccia come dichiarato, con termini diversi ma altrettanto espliciti, da Lieberman.
 

La Grande marcia oggi andrà avanti lo stesso e i dati forniti dal Ministero della Salute (v. video) sono tali da far supporre che la determinazione della “Gaza resistente” difficilmente si arrenderà a una tregua che ha come contropartita l’entrata di un po’ di merci (peraltro israeliane) e la restituzione ai pescatori di una fetta di mare ora illegalmente bloccata. Queste le generose “concessioni”.
 

Certo, dopo aver affamato la popolazione ed averla spinta verso l’abisso depressivo, è facile lavorare in modo tale da dare scacco matto ad Hamas: se non accetta avrà contro gran parte dei gazawi che vivono di sussidi, se accetta verrà accusato di tradimento dalla parte resistente.
 

Inoltre c’è il problema principale, quello che richiede lungimiranza e intelligenza politica in misura tale da accantonare, almeno temporaneamente, le differenze ideologiche tra i laici di Fatah e i religiosi di Hamas. Senza questo sforzo non ci sarà riconciliazione e senza riconciliazione non ci sarà nessuna vittoria da parte del popolo palestinese. Questo Israele lo ha ben chiaro, e infatti tenta gli accordi separati con Hamas che, comprensibilmente, fanno infuriare Mahmoud Abbas.
 

Ferme restando tutte le critiche che piovono su una parte e sull’altra, una cosa è chiara agli occhi di qualunque osservatore: senza riconciliazione tra le due maggiori fazioni politiche non c’è futuro per la Palestina. Questo sembra averlo chiaro anche il portavoce del Movimento di Resistenza Popolare Khaled al-Azbout,, attualmente nella delegazione che sta discutendo della tregua con Israele al Cairo.
 

In proposito, come pubblicato dall’agenzia araba on line Alwatanvoice, Al-Azbout ha rilasciato un comunicato stampa in cui, dopo aver dichiarato che " …una serie di richieste sono diritti naturali del nostro popolo e non un favore, e attraverso l’ottenimento di quei diritti vogliamo l’accesso a una vita dignitosa ma non siamo disposti a pagare qualsiasi prezzo politico… e la battaglia continuerà fino a quando continua l’occupazione della Palestina…. Vogliamo raggiungere l’accordo entro l’Aid al Adha  (l’aid al adha o festa del sacrificio di Abramo è una delle due maggiori festività musulmane e cade il 21 agosto. Ndr)" ha aggiunto che “la riconciliazione è una priorità assoluta …e tutte le parti sulla scena sono chiamate a superare la divisione discutendo in dettaglio le soluzioni per ogni questione … tuttavia  - aggiunge Al Azbout - in questo contesto la revoca delle procedure per la Striscia di Gaza è il vertice  della piramide e l’inizio del round…ma puntiamo alla riunificazione storica della patria per cui dobbiamo far cadere tutte le cospirazioni contro la nostra causa”.
 

Discutendo i dettagli dell’accordo, finalizzati a far rivivere Gaza rapidamente, sembra si sia anche concordato un canale marittimo per collegare la Striscia al mondo, sotto la supervisione internazionale.
La delegazione al Cairo ha anche richiesto garanzie reali per obbligare Israele a rispettare i termini dell'accordo se questo verrà raggiunto, pena il suo fallimento in caso contrario, visto che già in passato Israele ha mostrato di non rispettare gli accordi presi senza pagarne prezzo.
 

Ma non sembra così facile concludere questo percorso in modo onorevole. Da una parte perché sembra che possa concludersi solo cedendo, nei fatti, al “deal of the century” proposto da Trump, dall’altra perché, seppure si tratta di un compromesso che umilierebbe Hamas, i falchi israeliani, tra cui la Zipni Livni di triste e sanguinaria memoria benché appartenga ad un partito non di estrema destra, non sono d’accordo.
 

Inoltre, mentre i gazawi stanno cominciando a recarsi nei campi “al awda” lungo il border, qualcuno si chiede cosa ci sia dietro il “mistero” degli incontri tra il presidente Al Sisi e Netanyahu avvenuti nell’ultima settimana di maggio, incontri che secondo indiscrezioni ormai pubbliche avrebbero portato a concludere che la crisi di Gaza si sarebbe risolta con l ritorno dell’Anp nella Striscia nonostante l’opposizione di Abu Mazen.
 

Intanto oggi, nonostante i 168 uccisi e i circa 18.000 feriti, numeri davvero impressionanti, la marcia sta partendo. Il tema odierno è “Venerdi di rivoluzione per Al Quds e per Al Aqsa”.  
Tra qualche ora sapremo se i dati di cui sopra dovranno essere ancora una volta ritoccati o se le armi israeliane saranno state fermate in attesa della eventuale conclusione degli accordi.
 

Non crediamo che Hamas riuscirà a bloccare i manifestanti, se questo è il desiderio di Israele,  ma intanto di sicuro li tiene sul piatto della bilancia per realizzare al meglio gli accordi.
Se ci riuscirà in modo onorevole e nel rispetto delle istanze poste dal Comitato di Resistenza Popolare che ha pagato con martiri di tutte le fazioni politiche questa fantastica “Grande marcia per il ritorno” i palestinesi avranno vinto. In caso contrario la tregua si chiamerà capitolazione.
 

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