Giù le mani dalla Resistenza italiana
Con il tentativo grossolano di utilizzare una certa epica resistenziale come paravento ideologico per la guerra Nato alla Russia, attraverso il richiamo strumentale alla guerra di Liberazione, infatti, il mainstream cerca di far digerire la crociata imperialista ad un’opinione pubblica che della guerra proprio non vuole saperne.
Consapevole della crescente avversione per l’avventurismo bellicista, il governo italiano, in concomitanza col sempre maggiore e suicida coinvolgimento suo ed europeo nella guerra alla Russia targata Nato ed Usa, piega le ragioni della storia ai suoi interessi di oggi. Si gioca la carta emotiva e ricattatoria del “popolo in armi contro lo straniero invasore” ma la Resistenza italiana di ieri ha qualcosa a che vedere con l’odierna guerra in Ucraina?
Assolutamente no.
Tralasciando gli aspetti politici ed ideologici, guardiamo innanzitutto il dato tecnico: dopo l’armistizio in Italia, de facto, un esercito regolare non esisteva più, in Ucraina, al contrario, da otto anni l’esercito riceve determinanti aiuti, finanziamenti, addestramento ed armi dalla coalizione Nato al punto che, oggi, lo stato maggiore è direttamente sotto il controllo degli angloamericani.
La guerra, quindi, non viene romanticamente condotta dal “popolo in armi” ma da un’esercito forte e ben armato, espropriato, per giunta, nei suoi comandi da potenze straniere che utilizzano l’Ucraina come testa di ponte nella loro crociata pluridecennale volta ad annichilire una Russia indipendente.
L’Italia del ‘43 si presentava come un Paese allo sbando, invaso da eserciti stranieri contrapposti, la presenza di una combattiva opposizione politica al fascismo, insieme alla renitenza di molti giovani alla leva saloina, il tutto combinato con la volontà di nuclei militari esperti, nonostante la latitanza dei vertici, di battersi contro il regime, produssero il fenomeno resistenziale: una piccola ma significativa parte di donne e uomini italiani in armi contro il nazifascismo. Somiglianze con l’odierno caso ucraino? Non sembra...
La componente maggioritaria della Resistenza italiana -quella comunista e filosovietica- venne sistematicamente discriminata ed ostacolata (dal ‘46 direttamente perseguitata sia politicamente che in sede giudiziaria) dai comandi Alleati nella penisola che scelsero, non a caso, come propri referenti elementi monarchici e formazioni partigiane -cosiddette verdi- le quali, nel dopoguerra, costituiranno il nucleo di Gladio e della rete paramilitare parallela anticomunista, pericolosamente operativa nel nostro paese per oltre 40 anni, attraverso un piano terroristico/eversivo oggi conclamato.
Sul fronte ucraino, oggi, i comandi occidentali scelgono come propri referenti direttamente i neonazisti ma questo non deve meravigliarci, rappresentano pur sempre gli alleati più spietati, fanatici ed oltranzisti dei quali servirsi per perpetrare la guerra contro la Russia.
Certo, fa spavento vedere come gli occidentali, ancora una volta, giochino agli “apprendisti stregoni” col neonazismo, che gode di uno sdoganamento mediatico senza precedenti con Azov e affini trasformati dal mainstream in eroi, avendo ben presente il ruolo dirimente giocato dal capitalismo finanziario targato Usa nell’affermazione del fascismo in Italia, prima e del nazismo in Germania, poi, in un clima ossessivamente avvelenato da antibolscevismo e russofobia oggi, guardacaso, tornata di gran moda.
In Italia, l’appoggio Usa a Mussolini, suggellato dal placet dell’ambasciatore americano Child alla marcia su Roma, costituì il viatico per la colonizzazione economica Usa della penisola, attraverso un maxi prestito di 100 milioni di dollari erogato agli -allora- liberisti in camicia nera.
In Germania, i tre cartelli per la ricostruzione post-bellica -direttamente finanziati da Wall Street- Vereinigte Stahlwerke (carbone e acciaio), Aeg Osram (elettricità) e Ig Farben (chimico), tutti grandi sostenitori di Hitler, finanziarono i nazisti della Nsdap -dal 1929 al ‘32- con oltre 30 milioni di dollari, al punto che il contributo economico alla causa nazista versato dal capitalismo monopolistico finanziario risulta superiore a quello, pur rilevante, del blocco industrial-militare nazionale dei vari Thyssen, Krupp e sodali.
L’odierna, smemorata Sinistra europea, ridotta per lo più a ufficio propaganda di Bruxelles e affini, piuttosto che scagliarsi contro gli imperialisti -quelli autentici- attacca la Russia tacciandola di imperialismo, pur sapendo che quello russo, per evidenti motivi economici, politici e demografici non può proprio definirsi tale. Un Paese che solo vent’anni fà veniva costretto al default dalle potenze occidentali che lo avrebbero voluto ridotto ad un perenne stato neocoloniale! Sarebbe, allora, più corretto parlare di nazionalismo -di prossimità- aggressivo (ma quale grande potenza non lo diventerebbe dopo decenni di accerchiamento militare ed umiliazioni politiche?) Ed anche in questo caso dovremmo distinguere il nazionalismo russo, legato ad una realtà plurinazionale, multiconfessionale e multietnica, da quello ucraino: etnico, razzista, da piccola heimat, storicamente grande alleato del nazionalsocialismo hitleriano.
Che cosa c’entrano, dunque, gli eredi politici del nazionalista Bandera, dei progrom contro gli ebrei e i rom, della “purezza etnica” con i nostri partigiani? Meglio soprassedere e ad ognuno i suoi caduti…