Gilet gialli e lotta di classe in Francia

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Gilet gialli e lotta di classe in Francia



di Giacomo Marchetti - Contropiano
 

Questa è una settimana decisiva per comprendere il futuro del movimento sociale che si sta sviluppando sia nella Francia metropolitana, che nell’estrema periferia di un importante Territorio d’Oltre Mare come l’isola de la Reunion, nell’emisfero meridionale dell’Oceano Indiano.


Sabato scorso, non solo a Parigi, i Gilets Jaunes sono scesi nuovamente in piazza, così come coloro che hanno manifestato contro la violenza sulle donne che hanno sfilato nella capitale e in un cinquantina di altre città.


A Montpellier i Gilets Jaune si sono aperti in due ali per far passare chi si era mobilitato contro la violenza di genere, lasciando dunque sfilare il corteo tra gli applausi delle “giacche gialle”.


La “marea gialla” e quella “viola” in altri contesti non sono arrivate a vedersi così da vicino, ma raramente sono entrate in contrapposizione.


Sono continuati i blocchi, che hanno preso di mira depositi petroliferi e centri commerciali, e si sono svolte numerose manifestazioni di fronte alla prefettura, o nei centri cittadini. Alcune contraddistinte da tensioni con la polizia che ha fatto uso di gas lacrimogeni, altre molto più tranquille. Bordeaux, Lione, Tolosa, la Bretagna hanno conosciuto significative mobilitazioni; mentre a la Reunion, dove nella maggior parte dei comuni (14 su 24) vige il coprifuoco notturno e 17 blocchi paralizzano di fatto l’isola, si sono visti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine a Port.


Il parlamentare della France Insoumise eletto nell’isola della Reunion questo lunedì ha brandito all’Assemblea Nazionale, durante il dibattito sul budget del prossimo anno un gilet giallo: “io denuncio il comportamento coloniale dello stato francese“. Cioè la repressione, per cui è stato mobilitato l’esercito, con cui sono state trattate le legittime rivendicazioni degli abitanti. Il deputato della LFI, agitando il gilet giallo, l’ha definito “bandiera di resistenza”.


Annick Girardin, ministro dei Territori d’Oltre Mare, ha promesso che si recherà nell’Isola questo mercoledì per incontrare i Gilets Jaune locali.


Il bilancio più pesante delle violenze poliziesche è quello relativo alla capitale dell’Esagono, dove le forze dell’ordine hanno usato l’arma più pericolosa in loro possesso – la granata “stordente” e “dispersiva” – ferendo gravemente un manifestante.


In tutto, le forze dell’ordine, di fronte a manifestanti di ogni età, alcuni dei quali alla prima manifestazione, hanno utilizzato 100.000 litri d’acqua sparata dagli idranti ad alta pressione, lanciato 5.000 lacrimogeni (uno al minuto circa, in media) e “manganellato” in libertà, facendo 24 feriti. Sono state interrogate 98 persone e tra queste 27 hanno visto prolungato il loro fermo.


L’establishment economico inizia ad essere molto preoccupato perché il traffico di merci e semi-lavorati avviene in Francia per la maggior parte su gomma e non su rotaia, e le attuali modalità produttive e distributive legate al just in time soffrono non poco i blocchi: “gli industriali come noi sono stati più colpiti dai blocchi dei Gilets Jaune che dagli scioperi dei ferrovieri della SNCF”.


Il governo ha creato un unità di crisi che monitora il disagio economico delle imprese, che riguarda particolarmente i grandi centri commerciali che hanno conosciuto un forte calo dei guadagni: circa un terzo in meno nel Week End del 17 e del 18 novembre. La CGT, su un ampia piattaforma rivendicativa per l’aumento complessivo del potere d’acquisto contro il carovita, ha chiamato già dalla settimana scorsa ad una mobilitazione nazionale il 1 dicembre, mentre una parte degli studenti medi già in fermento manifesterà la “collera studentesca” questo 30 novembre.


Sabato scorso, del resto, i Gilets Gialli avevano fatto circolare l’appello ad un “Terzo Atto” della protesta per questo sabato, sempre a Parigi, e sempre ai Campi Elisi.


Il Comitato Adama, punto di riferimento per chi si batte contro le violenze poliziesche e il razzismo, ha chiamato i “quartieri popolari” ad unirsi alla protesta, sulla base di una oggettiva convergenza delle rivendicazioni: l’essere costretti all’uso dell’automobile per gli spostamenti senza alternativa, una estrema vulnerabilità sociale (nei quartieri popolari la disoccupazione è del 40%), e la violenza poliziesca vissuta quotidianamente in periferia che anche i GJ stanno conoscendo.


Che la parte più cosciente e organizzata delle banlieues scenda in piazza sarebbe un ottimo segnale.


Intanto si sono auto-nominati 8 “portavoce” – portavoce, e non “rappresentanti”, come loro stessi sottolineano – indicati da una trentina di organizzatori locali in stretto collegamento tra di loro, pubblicando la prima rivendicazione ufficiale con il fine di aprire un confronto con l’Eliseo.


Sono state scartate le persone con un profilo pubblico politico più marcato, e depennati alcuni “autoproclamati leader” locali vicini all’estrema destra. I due “portavoce” piu in vista sono Eric Dronet, autore dell’appello su FB per la prima giornata di mobilitazione del 17 novembre, e Priscilla Ludosky, una figura di spicco del movimento. Nera, per chi si concentra sulle sfumature di colore della pelle per qualificare una protesta.


Oltre ad una serie di richieste referendarie che mirano alla riforma istituzionale in senso progressista della Quinta Repubblica (un assemblea cittadina che sostituisca il Senato), le altre rivendicazioni – divise in sette aree tematiche – sono tra le altre: abolizione del glifosato (unpesticida tossico della Bayer-Monsanto largamente usato in agricoltura), l’innalzamento del salario minimo intercategoriale, la parità salariale tra uomo e donna, l’aumento delle pensioni…


Non proprio un piattaforma d’”estrema destra”, verrebbe da dire…


Un capitolo a parte sono le mobilitazioni per un alloggio degno a Marsiglia, che stanno estendendosi oltre il perimetro del quartiere di Noailles, colpito dal crollo di due edifici e dalla morte di 8 persone, tra cui una nostra connazionale; e la lotta contro la gentrificazione che aveva avuto nella Plaine il suo epicentro, a causa della militarizzazione imposta per far svolgere i lavori per la distruzione del parco pubblico centrale, sede di uno dei mercati piu popolari della città, ma ci torneremo con una inchiesta ad hoc le prossime settimane. Così come sulla Marea Bianca degli infermieri, che stanno lottando contro la distruzione della Sanità Pubblicaa tutto vantaggio dei pescecani privati della White Economy.


Un’ultima osservazione. La frattura che si sta consumando in Francia tra una buona parte della popolazione – tre quarti di questa, secondo recenti sondaggi – è un fatto politico che ci costringe ad interrogarci su cosa sia all’oggi un movimento sociale nella UE. Così come avrebbe dovuto farci riflettere la mobilitazione per l’OXI in Grecia contro i diktat della Troika, o l'”autunno catalano”; e come delle forze politico-sociali possano interagire ed essere concepite come referenti, in grado di dare risposte e proposte “dentro” ma “oltre” un movimento di tale portata.


Riportiamo il commento tranciante del leader di France Insoumise, in seguito alla sconfitta alle elezioni parziali nell’Essonne – il collegio di Emmanuel Valls, dimessosi dall’Assemblea Nazionale ed ora aspirante sindaco di Barcellona (!) – che hanno avuto un picco di astensione al ballottaggio (oltre l’80 per cento) e la sconfitta della candidata della FI che al primo turno aveva sfiorato il 18 per cento dei consensi.


Il documento si intitola: “non possiamo vincere senza il popolo”, appunto. Riferendosi alla “sinistra”, conclude lo scritto affermando: “un mondo è morto ed è inutile e pericoloso il voler fare come se non lo fosse”.


Sì perché il rassemblament della “sinistra”, comunque parziale, anche in Francia non produce niente, a differenza del movimento reale. Per parafrasare una “anonima” insoumise che partecipa ai Gilets Jaune: “ciò che possiamo guadagnare in Parlamento ce lo dobbiamo conquistare prima in strada”.

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