Giornata mondiale della libertà di stampa e l'informazione in Occidente
di Agata Iacono
Cos'è oggi, nell'ennesima giornata mondiale della libertà di stampa, l'informazione?
Tutti noi, comuni mortali e cittadini occidentali operiamo delle scelte, ci formiamo un'opinione, in base alla conoscenza, alle informazioni cui possiamo avere normalmente accesso.
Cioè attraverso i mezzi d'informazione di massa.
Ieri guardavo distrattamente un TG su Rai uno, che apriva con armi chimiche russe in Ucraina.
Poco importa se la Russia ha smentito e se non c'è uno straccio di prova.
Il TG uno insiste con le immagini: mostra Saddam Hussein e alternativamente Assad che usano ghignando "esattamente le stesse armi chimiche russe".
Che importa se entrambe le fake sono state ufficialmente demolite "oltre ogni ragionevole dubbio"?
Questo lo spettatore distratto non lo sa, non ricorda, non ha tempo di approfondire.
Intanto la notizia è stata data.
Sarà poi smentita?
E che importa?
Questo è solo un blando esempio di come funziona la manipolazione delle coscienze.
Naturalmente il TG continua accennando a disordini "antisemiti" nelle università statunitensi, passando quindi, d’emblée, all'intervista di un "giovane israeliano che si è salvato dalla violenza di Hamas"...
Il telegiornale conclude con il servizio di un inviato nella fregata italiana della missione Aspides, che "eroicamente combatte la pirateria degli Houti", all'avanguardia sui sistemi di sicurezza, tanto da essere estremamente attrattiva per i giovani, come promette il comandante orgoglioso, ammiccando che le gerarchie non contano, davanti alla necessità di menti fresche e cyber-preparate...
Questa dimensione dell'informazione mediatica è oltre la censura, si situa su un livello più pericoloso della dittatura: è criminale distopia cognitiva, è abuso finalizzato a cambiare la percezione e il comportamento, usando schemi e metodi subdoli e ingannevoli.
E questo avviene ogni giorno, categorizzando chiunque possa indurre a riflettere, a stimolare il pensiero critico, a cambiare la "verità" costruita a tavolino.
E intanto noi occidentali non possiamo guardare le TV russe, mentre i russi guardano le nostre TV.
Intanto Assange marcisce nella Guantanamo inglese per aver osato fornire la possibilità di criptare le fonti di gravissimi crimini di guerra e di corruzioni politiche.
Intanto, solo dal 7 ottobre, Israele ha ucciso ad oggi , deliberatamente, (secondo il sindacato stampa palestinese), ben 135 giornalisti e lavoratori del settore mediatico.
Intanto, i giornalisti che testimoniano dal Donbass, sono stati inseriti nelle liste ufficiali di proscrizione dell'Ucraina.
Intanto Repubblica fornisce un elenco di canali Telegram in cui ancora si possono leggere fatti, documenti, inchieste e approfondimenti, liquidandoli tutti nel calderone dei terrapiattisti putiniani complottisti e, sicuramente, pagati in rubli...
Libertà di stampa?
Qualsiasi classifica leggiate oggi, sappiate almeno con quale metodo viene stilata annualmente.
Ne avevo parlato anni fa, cercando di analizzare l'attendibilità dei dati sulla cui base si blatera ogni 3 maggio.
Sintetizzo in breve.
Si tratta di una metodologia spuria, non scientifica, che incrocia dati oggettivi e percezioni soggettive.
Sono due le ONG che stilano la classifica annuale: Report Senza Frontiere e Freedom House.
Entrambe utilizzano criteri qualitativi e quantitativi. Entrambe fanno coincidere il concetto di libertà di stampa con quello di indipendenza da finanziamenti privati che potrebbero delineare il pericolo di conflitto di interessi.
Report Senza Frontiere, RSF, inoltra un sondaggio ai suoi partner: associazioni, gruppi, comitati, altre ONG, alcuni giornalisti selezionati ad esclusiva discrezione di RSF.
Di più non è dato sapere.
La lista è secretata, per “tutelare” chi partecipa al questionario.
Ogni “giurato” ha a disposizione voti da 1 a 10 sui seguenti temi:
Pluralismo, indipendenza dei media, contesto legislativo, censura e possibile autocensura.
Un primo punteggio viene ottenuto attraverso una formula matematica.
È inutile ribadire che si tratta di un metodo assolutamente percettivo, di cui tra l’altro non si conosce il campione né la sua effettiva distribuzione globale.
È dato sapere soltanto che si tratta di 18 "ONG per la libertà di espressione", con circa 150 corrispondenti tra ricercatori, giuristi, giornalisti e non meglio specificati anonimi "attivisti per i diritti umani".
Sul punteggio pesano in modo particolare le sanzioni per i reati di stampa, le querele e le intimidazioni denunciate, l’esistenza di un monopolio di stato, il livello di indipendenza da privati dei media pubblici.
È importante specificare che i criteri e gli argomenti, le domande e i voti da assegnare sono cambiati nel corso degli anni, quindi per RSF non è importante il punteggio quanto la comparazione negli anni e con gli altri Stati per evidenziare il miglioramento o il peggioramento generale della situazione generale.
In altri termini, se ad esempio l'Italia dal 41° posto nella classificazione sale o scende, plausibilmente non è cambiata la libertà di stampa ma sono mutati i partner o i criteri di valutazione.
Paradossalmente, un paese con maggior numero di querele fa scendere la valutazione, mentre uno Stato dove nessuno fiata e denuncia può trovarsi ai primi posti, scalando la classifica.
Quindi è ininfluente il posto nel rapporto.
Freedom House invece si limita a confrontare la legislazione di ogni Paese sulla libertà di stampa con il “Paese reale”.
Non è dato sapere chi giudica e come, secondo quali criteri, un “Paese Reale” “secondo l’ambiente politico ed economico”.