Google censura Il Manifesto. Le straordinarie parole di Natalino Balasso
La sinistra in Italia serve solo a rompere il cazzo sui social a quelli che non sanno il congiuntivo. È così. Dopo giornate in cui sono sfilate orde di soloni voltairianamente democratici che si sono stracciate le vesti contro un attacco alla libertà di opinione, e tutto perché twitter ha mandato a cagare uno stronzo; ora succede un attacco vero alla libertà di espressione e i soloni muti.
Addirittura contro un giornale, Il Manifesto.
Non è un attacco senziente, non c’è azione dell’uomo, ma solo un felice connubio tra l’insipienza degli algoritmi e l’innocente mancanza di un minimo di conoscenza del mondo da parte degli umani controllori.
L’app del Manifesto è sparita da due giorni dalla piattaforma di Google lasciando i possessori di Android privi della lettura giornaliera.
Nel frattempo il Manifesto deve dimostrare a Google di essere un giornale, di non fare refusi, di avere un sito web (sito che il Manifesto possiede dal 1995, 3 anni prima che Google nascesse) di avere dei giornalisti che scrivono notizie.
La dura battaglia contro le fake news si arena tra i fake brain.