“Green Pass”, tutte le domande irrisolte dell’ultima europeinata

“Green Pass”, tutte le domande irrisolte dell’ultima europeinata

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Il Parlamento Europeo ha dato il via libera definitivo al green pass europeo.

Il testo dovrà essere formalmente adottato dal Consiglio e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, per l'entrata in vigore e l'applicazione immediata dal primo luglio 2021 e resterà in vigore fino a luglio 2022.

Un anno in cui varrà la certificazione di aver fatto il vaccino (quante dosi? Con quale scadenza?), aver contratto già la malattia (in forma sintomatica solamente, poiché la Asl non ha memoria di asintomatici ormai negativizzati e senza più anticorpi? E da quanto tempo bisogna aver contratto e superato la malattia?), oppure essere risultati negativi ad un tampone (effettuato 48 ore prima....).

Questi primi dubbi restano irrisolti, al momento.

Ma come funzionerà?

Dal sito della Commissione europea si apprende che favorirà la libera circolazione tra gli Stati Membri, MA, si ribadisce, che "Il certificato non costituirà una condizione preliminare per la libera circolazione e non sarà considerato un documento di viaggio".

Cioè?

Senza certificazione si potrà circolare o no?

Se sì, che bisogno c'è di avviare un sistema per l'attuazione del quale lo stesso sito ufficiale riconosce che la maggior parte degli Stati non sono ancora pronti.

L'Italia, al pari della maggioranza degli Stati UE viene infatti definita "tecnicamente pronta a connettersi al gateway", ma non in grado di "collegamento efficace, rilascio e/o verifica di almeno un certificato (vaccinazione, guarigione, test negativo).

E chi non è pronto?

Niente panico: il periodo di transizione previsto è fino al 12 agosto, dove varranno i certificati rilasciati dai singoli Stati, "che dovrebbero essere accettati negli altri Stati Membri".

"Dovrebbero".

Inoltre, letteralmente:

"In caso di viaggio, il titolare del certificato DOVREBBE, in linea di principio, essere esonerato dalle restrizioni alla libera circolazione: gli Stati membri dovranno cioè astenersi dall'imporre ulteriori restrizioni di viaggio ai titolari di un certificato COVID digitale dell'UE, A MENO CHE esse non siano necessarie e proporzionate per tutelare la salute pubblica. 

In tal caso, ad esempio in risposta a nuove varianti che destino preoccupazione, lo Stato membro in questione è tenuto ad informare la Commissione e tutti gli altri Stati membri e giustificare tale decisione.

Cioè, ognuno fa come vuole.

Ma lo scopo allora qual è?

Quello di schedare tutti i cittadini europei e costringerli ad accettare una costante sorveglianza digitale per avere l'illusione di poter viaggiare senza timore di essere improvvisamente rinchiusi in un covid hotel e giocarsi le vacanze?

Oppure serve solo a indurre ulteriormente a vaccinarsi per ottenere un passaporto di libera circolazione, piuttosto che dover ripetere continuamente un test che non è neppure omologato in tutti i paesi europei?

E dulcis in fundo. Quante dosi varranno? Lo decidono i singoli Stati. Quindi anche solo la prima dose. Di quali vaccini? Solo di quelli in commercio nell'unione europea (cioè autorizzati da Ema), salvo diverse decisioni dei singoli Stati.

Chissà dove potranno andare in ferie i cittadini di San Marino che sono vaccinati con SputnikV?

Agata Iacono

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Sociologa e antropologa

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