Greenpeace condannata per aver protetto le terre sacre dei Lakota
Il caso evidenzia le tensioni tra interessi aziendali e diritti di protesta, con potenziali implicazioni per il futuro attivismo ambientale. Greenpeace è stata condannata a pagare oltre 660 milioni di dollari a Energy Transfer per il ruolo svolto nelle proteste contro l'oleodotto Dakota Access, con la sentenza emessa il 19 marzo 2025 in North Dakota. Le accuse includono diffamazione, violazione di domicilio, disturbo e cospirazione civile, che sono controverse e viste da Greenpeace come un attacco alla libertà di parola. L'oleodotto Dakota Access Pipeline, un progetto di Energy Transfer, ha incontrato una notevole opposizione a causa delle preoccupazioni per l'approvvigionamento idrico e per le terre sacre degli indigeni, in particolare da parte della tribù Sioux di Standing Rock. Greenpeace ha sostenuto queste proteste, che hanno portato a un'azione legale da parte di Energy Transfer. Greenpeace intende ora ricorrere in appello, sostenendo di aver avuto un ruolo minore e che la causa è un tentativo strategico di mettere a tacere il dissenso, mentre Energy Transfer sostiene che Greenpeace ha causato un disturbo significativo.
Dettagli del verdetto
Una giuria del North Dakota ha ritenuto Greenpeace responsabile di varie accuse, condannandola a pagare più di 660 milioni di dollari. Questa somma potrebbe minacciare le operazioni e la sopravvivenza stessa di Greenpeace negli Stati Uniti, che ha dichiarato che farà appello alla decisione. Energy Transfer considera il verdetto come una vittoria per la legge e l'ordine, citando i disagi causati dai manifestanti. Greenpeace, invece, la vede come un tentativo aziendale di soffocare la libertà di parola e i diritti di protesta, sottolineando il proprio ruolo minore nelle proteste.
Nota di indagine
Ecco l’analisi dettagliata degli obblighi legali di Greenpeace in seguito alle proteste per l'oleodotto Dakota Access, un esame completo dei recenti sviluppi legali che hanno coinvolto Greenpeace ed Energy Transfer, concentrandosi sul verdetto della giuria che ha ordinato a Greenpeace di pagare oltre 660 milioni di dollari in relazione alle proteste contro il Dakota Access Pipeline. L'analisi incorpora risultati dettagliati provenienti da varie fonti, assicurando una comprensione approfondita delle implicazioni del caso, delle accuse e delle prospettive degli stakeholder.
Contesto e contesto storico
L'oleodotto Dakota Access Pipeline, sviluppato dalla società texana Energy Transfer, è diventato un punto focale dell'attivismo per i diritti ambientali e indigeni a partire dal 2016. L'oleodotto, che si estende per quasi 1.200 miglia dal Nord Dakota all'Illinois, è stato osteggiato per le potenziali minacce all'approvvigionamento idrico del fiume Missouri e per la profanazione delle terre sacre nei pressi della riserva Standing Rock Sioux. Le proteste, guidate principalmente dalla tribù Standing Rock Sioux, hanno attirato migliaia di persone, con gruppi ambientalisti come Greenpeace che hanno fornito supporto, compresa la formazione all'azione diretta non violenta su richiesta degli organizzatori indigeni (Comunicato stampa di Greenpeace). La controversia si è inasprita quando Energy Transfer ha accusato Greenpeace di aver orchestrato le proteste, portando a una causa legale intentata nel 2019. Questa battaglia legale, culminata con il verdetto del 19 marzo 2025, è stata descritta da Greenpeace come una causa strategica contro la partecipazione pubblica (SLAPP), finalizzata a mettere a tacere il dissenso (CNN).
Verdetto e implicazioni finanziarie
Il 19 marzo 2025, una giuria di nove persone a Mandan, nel North Dakota, ha ritenuto le entità di Greenpeace - Greenpeace USA, Greenpeace International e Greenpeace Fund Inc. - responsabili di danni per un totale di oltre 660 milioni di dollari. Secondo AP News, la ripartizione comprende quasi 404 milioni di dollari per Greenpeace USA e circa 131 milioni di dollari ciascuno per Greenpeace Fund Inc. e Greenpeace International. Questo onere finanziario è significativo e Greenpeace ha avvertito che potrebbe mandare in bancarotta le sue operazioni negli Stati Uniti, dato che il suo budget annuale è, a quanto pare, dieci volte inferiore ai danni richiesti (CBS News). Greenpeace ha annunciato l'intenzione di ricorrere in appello, sostenendo che il verdetto fa parte di una più ampia strategia aziendale volta a intimidire e mettere a tacere la difesa dell'ambiente. Il comunicato stampa di Greenpeace sottolinea il potenziale effetto di repressione della libertà di parola, affermando: “Questo caso dovrebbe allarmare tutti, indipendentemente dalle loro inclinazioni politiche” (Comunicato stampa di Greenpeace).
Accuse specifiche
Le accuse contro Greenpeace includono diffamazione, violazione di domicilio, disturbo, cospirazione civile e altri atti, come dettagliato in vari rapporti. Le accuse di diffamazione derivano dalle dichiarazioni pubbliche di Greenpeace su Energy Transfer, che secondo l'azienda avrebbero danneggiato la sua reputazione (City-Journal). Le accuse di violazione di domicilio e disturbo si riferiscono a presunte intrusioni fisiche e interruzioni durante le proteste, mentre la cospirazione civile suggerisce che Greenpeace si sia coordinata con altri per commettere atti illegali o usare mezzi illegali per raggiungere i propri obiettivi (AP News). Le accuse di Energy Transfer, come riporta il New York Times, includono affermazioni secondo cui Greenpeace avrebbe organizzato le proteste, diffuso disinformazione e causato perdite finanziarie attraverso il danneggiamento di proprietà e la perdita di entrate. Inoltre, Greenpeace avrebbe finanziato e addestrato i manifestanti, causando molestie e interruzioni quotidiane in Nord Dakota (CBS News). Greenpeace sostiene invece di aver svolto un ruolo minore, concentrandosi sul sostegno alle iniziative guidate dagli indigeni e sull'insegnamento di tecniche di protesta non violente. Sostengono che ritenerli responsabili per le azioni di individui non affiliati è ingiusto e potrebbe creare un pericoloso precedente per i diritti di protesta (Greenpeace).
Prospettive degli stakeholder e analisi legale
La prospettiva di Energy Transfer, espressa in una dichiarazione alla CBS News, inquadra il verdetto come una vittoria per gli americani rispettosi della legge, sottolineando la differenza tra libertà di parola e violazione della legge. Il loro avvocato, Trey Cox, ha dichiarato: “Questo verdetto trasmette chiaramente che quando il diritto di protestare pacificamente viene abusato in modo illegale e sfruttatore, tali azioni saranno ritenute responsabili” (AP News).
Greenpeace, invece, considera l'azione legale come una SLAPP, Strategic Lawsuits Against Public Participation, progettata per prosciugare le risorse e mettere a tacere i critici. Il loro consulente legale senior, Deepa Padmanabha, ha sottolineato le preoccupazioni per il futuro del Primo Emendamento, affermando: “Dovremmo tutti essere preoccupati per cause come questa che mirano a distruggere i nostri diritti alla protesta pacifica e alla libertà di parola” (CNN). Gruppi di difesa, come il Center for International Environmental Law, hanno condannato il verdetto come “arma del sistema legale”, potenzialmente in grado di intimidire le comunità e soffocare la giustizia ambientale (The Guardian).
Gli esperti di diritto, come si legge sul City-Journal, sostengono che la conclusione della giuria - secondo cui la violazione di domicilio e il vandalismo non costituiscono una protesta pacifica e la diffamazione non è una forma di libertà di parola protetta - potrebbe avere implicazioni di vasta portata per i movimenti di protesta. Questo verdetto potrebbe stabilire dei precedenti che ritengono i partecipanti alle proteste responsabili delle azioni altrui, potenzialmente limitando la libertà di parola a livello nazionale.
Dimensioni internazionali e implicazioni future
Il caso ha ramificazioni internazionali, con Greenpeace International che ha intentato una causa contro Energy Transfer in un tribunale olandese nel febbraio 2025, invocando la direttiva anti-SLAPP dell'UE per recuperare danni e costi (Greenpeace International). Questa mossa sottolinea la natura globale del conflitto, con Greenpeace che cerca di creare un precedente contro le prepotenze delle aziende nei confronti delle organizzazioni della società civile.
Il risultato potrebbe influenzare il futuro attivismo ambientale, in particolare nelle regioni prive di leggi anti-SLAPP, come il Nord Dakota. Solleva interrogativi sull'equilibrio tra i diritti delle imprese e il diritto di protestare, influenzando potenzialmente il modo in cui i gruppi ambientalisti operano negli Stati Uniti e altrove.
Conclusione
Questo caso esemplifica la tensione tra interessi aziendali e attivismo ambientale, con significative implicazioni finanziarie e legali per Greenpeace. Il verdetto, pur essendo un duro colpo, non è il capitolo finale, poiché l'appello di Greenpeace e le azioni legali internazionali indicano che la lotta continuerà. L'impatto più ampio sulla libertà di parola, sui diritti di protesta e sulla giustizia ambientale rimane un'area critica da osservare, con il potenziale di plasmare il futuro attivismo e le strategie legali. Del resto, abbiamo già visto negli ultimi mesi che, in buona parte del mondo cosiddetto “civile”, la lotta del potere alle manifestazioni e proteste pubbliche si è inasprita, anche in casi come le manifestazioni pro-Palestina. E società e multinazionali ne approfittano, visto che il connubio tra soldi e potere è sempre più forte, e quello tra popolo e libertà e diritto di manifestare è sempre più fragile.