Hong Kong, perché in gioco c'è il futuro della democrazia internazionale
di Diego Angelo Bertozzi
I processi di decolonizzazione non si esauriscono con la semplice vittoria militare sul campo di battaglia. A questa indispensabile fase eroica ne segue una, spesso più lunga e pure più difficoltosa, più "prosaica", di conquista della indipendenza e sovranità economica, fino all'annullamento del divario tecnologico con le principali potenze mondiali che fino a metà Novecento hanno colonizzato il resto del mondo imponendo la propria dittatura (pure con risvolti razziali) internazionale.
Pechino, per quanto potenza globale, in parte non ha neppure chiuso i conti con la prima fase, quella territoriale, pur marciando con indubitabile successo sulla strada della liberazione economica.
In pieno tentativo (sebbene un poco in affanno) di restaurazione neo-coloniale e minacciata anche dal punto di vista militare da Washington, la Cina popolare non può assistere alla secessione di Hong Kong, pena la rottura di un patto con la nazione sottoscritto nel 1949, il ripresentarsi dello spettro della disintegrazione territoriale e la messa in discussione del proprio sistema politico. Può forse sembrare eccessivo, ma Hong Kong è il campo di battaglia sul quale è in gioco il futuro della democrazia internazionale.