I crimini (certificati dall’Onu) di Kiev e la vergognosa complicità occidentale

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I crimini (certificati dall’Onu) di Kiev e la vergognosa complicità occidentale

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di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

In Europa c’è un Paese simile al Cile di Pinochet, dove avvengono arresti sommari, sequestri per strada, sparizioni, dove esistono prigioni segrete in cui i cittadini ucraini detenuti subiscono torture, maltrattamenti, abusi sessuali e stupri, dove ci sono desaparecidos: è l’Ucraina della junta di Kiev. I governi occidentali, la stampa di regime e le anime pie per la libertà (di mercato o di portare guerre nel mondo) ci spiegano che bisogna inviare armi per difendere una democrazia che rappresenta i valori europei.

Il dossier dell’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite, invece, mostra che l’autoproclamato mondo libero sta difendendo un sistema decisamente differente da quello democratico.

Dal rapporto, infatti, emerge come l’Ucraina abbia cessato di essere uno Stato di diritto, trasformandosi in una sorta di Stato di polizia. In molti casi la giustizia viene di fatto amministrata dalle forze dell’ordine e di sicurezza, pertanto l’OHCHR ravvisa un rischio per il diritto alla difesa e la certezza della pena. Altresì sono state rilevate violazioni al diritto internazionale umanitario. In generale viene tracciato un quadro preoccupante per la certezza del diritto, principio che sta alla base di ogni ordinamento giuridico.

L’OHCHR scrive che, con l’introduzione della legge marziale, dal 2 marzo 2022 l’Ucraina “ha regolarmente notificato al segretario delle Nazioni Uniti la sua deroga dal diritto alla libertà e alla sicurezza della persona previsto dall’art.9 dell’ICCPR”, Patto Internazionale sui diritti civili e politici. Sottolinea tuttavia, che “alcuni elementi del diritto sono non derogabili, incluso la proibizione della detenzione arbitraria”.

La legge marziale ha consentito al parlamento di emendare il Codice Penale e il Codice di Procedura Penale al fine assegnare alle autorità una più ampia discrezione per la detenzione di “persone che costituivano o erano sospettate di rappresentare una minaccia contro la sicurezza nazionale”.

“A causa della loro eccessiva portata – prosegue - le disposizioni modificate sembrano essere andate al di là di quanto consentito dall'IHRL (International Human Rights LAW, NdR), anche in tempi di emergenza pubblica o di legge marziale”.

Il risultato è stato la creazione di un sistema di giustizia penale modificato con “basi più ampie per la detenzione con più deboli garanzie procedurali, aumentando i rischi di detenzione arbitraria”.

Le garanzie dei prigionieri sono state ulteriormente ridotte dall'uso di luoghi di detenzione non ufficiali, una pratica che era già stata documentata dall'OHCHR nel periodo 2014-2021.

E’ stato documentato l’utilizzo di 29 luoghi di detenzione non ufficiali tra cui appartamenti, sanatori, sotterranei di edifici abbandonati, commissariati di polizia, scantinati e sedi locali dei Servizi di Sicurezza Ucraini (SBU) a Dnipro, Ivano-Frankivsk, Kostiantynivka, Kramatorsk, Kryvy Rih, Mykolaiv, Odessa, Severodonetsk e Sloviansk, e altre strutture usate come centri di detenzione temporanea.

Gli effetti combinati degli arresti illegali (senza mandato), dell’utilizzo luoghi di detenzione non ufficiale e della segregazione creano preoccupazione in quanto pongono di fatto i detenuti al di fuori della tutela della legge. L’OHCHR rileva infatti che nelle prigioni segrete sono emersi casi di tortura, maltrattamenti, minacce di morte, abusi sessuali e persino stupri.

“La tortura e i maltrattamenti sono stati usati per estorcere confessioni o informazioni, o per indurre i detenuti a collaborare in altro modo, per estorcere denaro e proprietà, oltre che per punire, umiliare e intimidire”, viene precisato.

Dal dossier emergono delle pratiche illegali e una serie di violazioni dei diritti umani dei detenuti, quali:

  • Arresti senza mandato;

  • Detenzione senza tempestivo controllo giudiziario;

  • Arresti per collaborazionismo

  • Detenzione illegale nei luoghi di detenzione non ufficiale;

  • Sequestri per strada;

  • Desaparecidos;

  • Inadeguate condizioni carcerarie e torture.


Arresti arbitrari e detenzione senza tempestivo controllo giudiziario

In base a quanto riferito dal dossier dell’Alto commissariato per i diritti umani dell’ONU, le forze di polizia, di sicurezza e militari sono state messi in grado di effettuare arresti senza mandato avvalendosi delle eccezioni alla legge nazionale che consentono l’arresto in flagranza di reato.  L’OHCHR, tuttavia rileva che alcuni arresti sono stati eseguiti in relazione a presunti crimini compiuti tra il 2014 e il 2020 e dunque non rispondono all’urgente e attuale necessità di prevenire o fermare un crimine, come previsto dall’eccezione in flagranza.  Gli arresti eseguiti in modo non conforme al diritto nazionale sono una “privazione arbitraria e illegale della libertà”(Comitato per i Diritti Umani, Commenti generali n.35, paragrafo 11).

L’attribuzione alle forze di polizia e sicurezza di poteri che in uno Stato di diritto spettano all’autorità giudiziaria è stata rafforzata quando a maggio 2022 è stato previsto l’arresto senza mandato in presenza dei “ragionevoli motivi” che il presunto colpevole potesse sfuggire alla legge. La stessa normativa consentiva la “detenzione fino a 216 ore (9 giorni) senza alcun controllo da parte di tribunali o autorità di vigilanza”, si legge nel documento.

Un altro elemento di arbitrarietà è costituito da arresti e detenzioni senza tempestivo controllo giudiziario, in quanto è stato consentito alle procure di disporre misure di detenzione preventiva senza l’autorizzazione della corte fino a 30 giorni, periodo estendibile all’intera durata delle indagini preliminari (legge n. 2111-IX in vigore dal 1 maggio al 24 agosto 2022). L’assenza prolungata del controllo giudiziario crea il rischio che una detenzione inizialmente legittima possa diventare arbitraria, avverte l’OHCHR.

Nel dossier è documentato il caso di “due fratelli gemelli catturati a Kiev dall’SBU il 2 marzo 2022. Essi sono stati portati in un centro di detenzione temporanea gestito dall’SBU a Kiev fino al 5 marzo 2022, quando il loro arresto è stato formalizzato dal capo del locale ufficio della procura, che ha imposto una detenzione preventiva di 30 giorni, poi estesa per il secondo mese. La detenzione preventiva non è stata sottoposta al controllo del tribunale prima del 3 maggio 2022”.

E’ chiaro si parla dei fratelli Mikhail e Aleksandr Kononovich, arrestati in casa loro durante un raid dell’SBU e tutt’ora ai domiciliari senza che sia ancora fissata una data del processo o formulato un capo d’imputazione. La loro attuale situazione appare di gran lunga peggiore a quella delineata nel documento.


Arresti per collaborazionismo

In base all’ultimo report apparso sulla pagina Facebook dell’Ufficio della Procuratore generale sono 5.457 i casi giudiziari avviati contro presunti collaborazionisti, dal momento in cui il parlamento ucraino ha adottato la responsabilità penale per attività di collaborazione con lo Stato aggressore sotto l’art. 111.1, con la legge n.2108 IX del 3 marzo 2022. Al 23 maggio 2023 sono oltre 500 le condanne per collaborazionismo, con pene che vanno dal pagamento di una multa alla detenzione in carcere fino a 15 anni.

Nel merito l’OHCHR rileva due problematiche:

  • L’indeterminatezza del reato, in quanto la legge non definisce con sufficiente precisione queste attività in modo da consentire “agli individui di regolare la propria condotta e di prevedere le ragionevolmente le conseguenze legali delle loro azioni o inazioni”. Ciò è evidentemente in conflitto con un principio reggente l’ordinamento giuridico, ovvero la certezza del diritto.

  • La conformità con il diritto internazionale umanitario in quanto criminalizza gli individui che sotto l’autorità occupante hanno svolto mansioni a beneficio della popolazione locale, come la distribuzione di cibo e aiuti umanitari, oppure volte al funzionamento delle strutture educative e mediche, secondo quanto disposto dalla quarta Convenzione di Ginevra.

In particolare risalta il caso di tre donne arrestate nella regione di Nikolaev per aver lavorato nelle amministrazioni sotto controllo dell’esercito russo, accusate di collaborazionismo “nonostante l’umanitario aspetto del lavoro che svolgevano, che include il pagamento di pensioni e la distribuzione di aiuti ai residenti”, rileva l’OHCHR. Una di loro è già stata condannata a tre anni di carcere con il divieto di ricoprire cariche pubbliche per 10 anni. In generale la legge criminalizza tutte le attività di lavoro o commerciali sui territori occupati.

Luoghi non ufficiali di detenzione, sequestri e desaparecidos

L’OHCHR ha documentato 165 casi si detenzione per periodi che vanno da alcune ore sino a 135 giorni in strutture civili adibiti a prigioni, spesso sotto il controllo dell’SBU. Queste modalità, che secondo quanto scrive l’organismo dell’ONU sono adoperate con continuità da prima del 24 febbraio 2022, non possono non ricordare quelle della DINA nel Cile di Pinochet, quando stadi, caserme, ristoranti erano utilizzati come prigioni segrete, in cui detenuti venivano privati dei loro diritti e tutele, sottoposti a terribili torture e uccisi.

In modo analogo il dossier riferisce di casi di sequestri per strada. Uno è relativo ad un ex combattente del battaglione Vostok prelevato da un negozio da alcuni uomini non identificati e portato all’ufficio dell’SBU di Zaporozhye.

Un mese dopo, il 27 marzo è stato sequestrato per strada un giornalista di Kramatorsk con disabilità. Da allora non se ne hanno più notizie, è un desaparecido del regime di Kiev. Un altro caso di sparizione citato dal dossier è quello dell’ex capo del villaggio di Novoluhanske, prelevato da casa sua nell’aprile del 2022 da uomini in divisa, davanti al figlio di sei anni. Tuttora la sua sorte e il suo luogo di detenzione rimangono ignoti.


Condizioni di carcerazione e torture dei prigionieri

Spesso i prigionieri vengono portati nei centri di detenzione non ufficiali prima della formalizzazione dell’arresto. E’ qui che subiscono torture e maltrattamenti, al fine di estorcergli confessioni o dichiarazioni auto-incriminanti, che spesso vengono videoregistrate.

Queste pratiche sono testimoniate da 40 detenuti che hanno riferito di essere stati torturati con percosse, elettrocuzione taser, violenza sessuale, percosse agli organi riproduttivi e sessuali, nudità forzata, minacce di mutilazione ai genitali o stupro contro loro stessi o i propri cari, minacce di esecuzione, minacce di essere colpiti con armi cariche agli arti o di essere portati in prima linea e abbandonati lì.

Si riporta un terribile passaggio del dossier che non ha bisogno di commenti:

“Nel maggio 2022 un civile è stato tenuto per sette giorni in un luogo non ufficiale di detenzione nei locali dell’SBU di Krivoy Rog, dove è stato torturato per tre giorni consecutivi. Dopo aver ricevuto il risultato del test poligrafo a cui è stato sottoposto con la forza, gli ufficiali dell’SBU lo hanno picchiato alla testa, alle costole e gambe. Lo hanno spogliato minacciando di tagliargli i genitali, lo hanno stuprato e hanno inviato il video ai suoi bambini”.

Sono stati riportati anche 9 casi di torture e maltrattamento nelle comuni carceri. Sono denunciate inoltre condizioni inadeguate di detenzione, con celle poco salubri, prigionieri costretti a dormire con le mani legate dietro la schiena o ammanettati ai termosifoni, scarsa alimentazione, segregazione. Alcuni detenuti riferiscono di essere stati bendati per tutta la durata della prigionia nei luoghi di detenzione non ufficiali. Infine nel dossier sono espresse preoccupazioni rispetto alle garanzie di un processo equo, del diritto alla difesa, principi su cui si regge un qualsiasi Stato di diritto.

Conclusioni

Si potrà obiettare a quanto scritto finora che violazioni analoghe sono segnalate anche per la Federazione Russa. Ma all’Ucraina viene giustificato qualsiasi crimine contro i suoi stessi cittadini con la formula di “giovane democrazia perfetta”, continuando a ricevere, nonostante ciò, il sostegno politico, mediatico, militare e finanziario anche dal governo italiano, con l’invio di armi. Inoltre, le cosiddette “operazioni di controspionaggio” dell’SBU – così vengono chiamate le persecuzioni contro chi è sospettato di sostenere la Russia – avvengono in coordinamento con i Paesi del G7, quindi anche l’Italia, e gli USA.

In definitiva l’Occidente collettivo è complice dei crimini del regime di Kiev contro i civili, denunciati dall’Alto commissariato per i diritti umani dell’ONU.

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